“Prendiamo l’aereo e andiamo a giocarcela a Torino. La squadra ci crede, l’ambiente ci crede, la società ci crede per cui andremo li a fare la nostra partita. Sappiamo che è un po’ come Davide contro Golia, ma alcune volte il calcio lascia sorprese. Noi dobbiamo fare la corsa su noi stessi, ci sono sei punti in palio e questo campionato ci sta dimostrando che non c’è nulla di scontato”. Parola di Raffaele Vrenna, presidente del Crotone, oggi, a Radio 24, a testimonianza del fatto che l'unico, imprevedibile traguardo che ancora il nostro campionato deve definire - il Milan resta stra favorito per l'ultimo accesso europeo, Roma e Napoli in ogni caso sono già in Champions e parlare di una vincitrice dello scudetto diversa dalla Juventus, ad oggi, è sostanziale follia - , è un'enigma ancora tutto da sbrogliare. Quantomeno sulla carta. Perché i sogni (e bisogni) dei pitagorici, purtroppo, passeranno per una sfida allo Stadium che definire ostica è assolutamente riduttivo. La Signora sarà sì reduce dalla disfatta contro la Roma e dalla finale di Coppa Italia di mercoledi, ma a Torino non perdono da due anni, e nel frattempo in stagione hanno accumulato solo vittorie, a parte il derby. Il tutto, senza mettere in campo un raffronto oggettivo tra valori tecnici che meglio il patron dei calabresi non poteva raccontare, con una metafora vagamente epica e suggestiva che però rende bene l'idea dei valori che si paragoneranno a singolar - nel senso che non ci saranno appelli - tenzone. Già, perché mentre in Piemonte si giocherà la più impari delle sfide, il Genoa ospiterà un Torino senza più obiettivi, e l'Empoli una sazia Atalanta, già matematicamente in EL dopo il pari col Milan. Ed una vittoria simbiotica delle uniche due rivali per la salvezza del Crotone basterebbe, nonostante in classifica avulsa sia a svantaggio dei toscani, a decretare la retrocessione di chi, in ogni caso, non vuole andare a Torino a fare da vittima sacrificale per una festa scudetto che, in ogni caso, arriverebbe una settimana dopo, a Bologna. Perché potrebbe essere questa l'unica ancora di salvezza per il bel Crotone delle ultime 7 settimane: un lasso di tempo in cui i ragazzi di Nicola non solo hanno messo in campo tutta la fame e la cattiveria di cui avrebbero necessitato nelle precedenti 29 giornate, ma durante il quale si sono presi anche lo sfizio di battere, tra le altre, Inter e Sampdoria. Una marcia iniziata esattamente 7 giorni dopo la debacle del San Paolo contro il solito, arrembante, Napoli, che però nelle ultime sette non ha fatto meglio dello stesso Crotone: 17 punti, uno in più della Roma e 5 sopra la Juventus. Già, proprio la Juventus, che però avrà tutta la voglia di festeggiare in casa il sesto scudetto consecutivo. Sinora mai per due partite di fila Higuain e soci si sono presi il lusso di perdere. E le tre pere subite all'Olimpico, purtroppo, sono un risultato troppo pesante per non essere riscattato. Senza contare il fatto che il turn-over totale, presumibilmente, Allegri lo utilizzerà al Dall'Ara, visto che la finale più importante si giocherà solo 5 giorni dopo la fine della Serie A. Per cui, aspettiamoci una squadra in forze, ed integra, anche contro la squadra che oggi in molti iniziano a tifare, per l'insperata salvezza. Il Crotone è difatti squadra oggettivamente simpatica, affabile, ammirabile per la sua vèrve e determinazione. E, soprattutto, l'ultima delle calabresi - ancora per molto - ad essere un punto di riferimento nel cacio che conta. Falcinelli non è Higuain, Cordaz non è Buffon e Trotta non è Mandzukic, ma potrebbero diventarlo, anche solo per 90, maledettissimi, minuti. Basterebbe questo, probabilmente, agli squali, visto che Roma-Genoa tanto sa, già da adesso, di passerella finale. E, quindi, anche di possibile disfatta per una squadra che, non ce ne vogliano i tifosi rossoblu, probabilmente meriterebbe la B più di ogni altra. Ancora una volta Preziosi ha stravolto la squadra a gennaio, cedendo tre dei pilastri fondanti - Ocampos, Pavoletti e Rincon - della struttura ossea ispirata da Juric. E s'è anche preso il lusso di esonerarlo per poi, come ovvio, richiamarlo. Il calcio è troppo spesso ingiusto ed approssimativo, oltre che già scritto nei suoi esiti, ma di tanto in tanto regala non solo emozioni ma anche veri e propri miracoli. Come quello che buona parte degli appassionati spera si realizzi a Torino, domenica pomeriggio. Dove in decine di migliaia accorreranno per festeggiare il sesto, meritato, titolo, e qualche centinaia accorrerà per continuare a sognare. Potrebbero far festa un po' tutti, paradossalmente, se l'impossibile divenisse probabile, e infine realtà. E non sarebbe neanche una disfatta di epiche proporzioni per chi, legittimamente, pochi giorni dopo, in una fresca serata pre-estiva, saprebbe comunque di andare a dettar legge e lasciar spazio alla fisiologica festa dei propri supporters. Una storia troppo bella, probabilmente, per essere scritta. Ma non certo per essere immaginata.