L'ultimo derby di Totti e Spalletti? Può darsi. Il tecnico era stato chiaro: "Se non vinco, vado via". Motivo in più per salutare, per la seconda volta, Roma e la Roma, ed andare a mettere in piedi un nuovo progetto, magari a Milano, dove l'Inter cerca a sua volta di ricostituirsi dopo un'annata no. Certo, chiudere con un Roma-Lazio giocato così male, nei progetti del capitano e dell'allenatore, certo non era contemplato. Gli ospiti, quanto meno sulla carta, hanno non solo dominato tecnicamente un avversario che ha già da tempo mollato - anche psicologicamente - la lotta scudetto, nonostante il pareggio della Juventus, ma anche stravinto sul piano tattico. Il tutto, nonostante l'uomo di maggior rendimento di Inzaghi, Immobile, sia stato messo KO da un'improvvisa influenza pre partita che ha costretto il neo 40enne Simone a rivedere in toto l'ossatura offensiva. E allora, dentro non il sostituito teoricamente primario del titolare (Djordjevic), ma Keita, che da vero-finto nove ha semplicemente annichilito i meno dinamici Rudiger, Fazio e Manolas. Un contributo inseraubile ed imprescindibile, certo, l'hanno dato anche i suoi alfieri: Lulic e Milinkovi?-Savi? su tutti. Soprattutto quest'ultimo ha dato modo di confermare gli straordinari progressi realizzati in questa stagione. Ed ora, lanciata com'è, la Lazio di Inzaghi non deve altro che continuare ad amministrare il 4° posto che ha concretizzato in questa stagione, anche al di sopra dell'altra rivelazione Atalanta, e godersi la meritatissima Europa League del prossimo anno. A scapito di chiunque (Milan o Inter, a maggior ragione) altra, che oggettivamente non lo merita di più della compagine biancoceleste. Ciò che invece deve iniziare a fare, e con convinzione e nell'immediatezza, la Roma, è pensare al futuro. A sé stessa, al nuovo ciclo, tendenzialmente esterofilo ed eterogeneo, che la gestione Monchi comporterà. Ed avviare sin da subito le trattative per le situazioni più spinose: De Rossi e, appunto, Totti.

Dopo 44 derby, 25 stagioni, e 334 gol fra squadra di club e Nazionali, il capitano oggettivamente sembra poter definitivamente mettere la parola fine su una carriera che più bella, fedele, romantica e scintillante non avrebbe potuto. Questo, almeno, se si considera la sua condizione fisica generale, che ormai lo costringe a saltare due partite su tre ed a giocare un quarto d'ora nella terza, e le scelte di Spalletti, che anche nelle gare più abbordabili gli concede spazio solo relativo. La sua ultima partita da 90' risale al settembre scorso: Roma-Crotone (4-0), assist, fascia da capitano e sorrisi. Da allora in poi, solo panchine, tribune e spezzoni. Troppo, anche per lui, che però a questo punto ha una nuova variabile, che renderà oggettivamente difficile la scelta sua e della società: rappresentata appunto dal bagno di sangue che è stato quest'ultimo derby. Una gara troppo unica per Francesco, che da solo ne ha vinti a decine. E la sensazione di impotenza mostrata, oltre che da lui, anche dalla squadra e dall'allenatore, nella gara di oggi, potrebbe essere angustiante. La voglia di rivalsa, personale e di squadra, alle volte regala fremiti di passione che si tramutano in rilanci d'orgoglio e, di rimando, miracoli sportivi. Paradossalmente, salutare il verde dell'Olimpico dopo un derby meno sanguinolento sarebbe stata l'opzione più rilassante, per Totti: ora le carte in tavola potrebbero cambiare. Discorso simile, peraltro, vale anche per De Rossi. Lui, col contratto in scadenza, di smettere ovviamente non ha nessuna voglia. Per condizione fisica e fame mentale dalla sua ha ancora almeno altre 4-5 stagioni ad alto livello, che però, a differenza dell'amico e compagno d'un vita, potrebbero non essere tutte giocate a Roma. Il sogno si chiama sempre Boca Juniors, ma dalla MLS continuano ad arrivare proposte multimilionarie che non saranno eguali né a quelle che teoricamente potrebbero offrire gli argentini, né a quelle che Pallotta metterà sul piatto per quello che, presumibilmente, sarà l'ultimo contratto giallorosso della sua carriera. I tifosi giallorossi per ora sono relativamente tranquilli, ma la sua posizione verrà rivalutata da qui a 2-3 settimane. E' stato già deciso, invece, il futuro di Szczesny e quello di almeno uno tra Manolas e Nainggolan: il polacco tornerà all'Arsenal, ma ha già un accordo con il Napoli che si appresta solo a limare le cifre coi gunners. Uno degli altri due, invece, verrà venduto, all'Inter o all'estero, per fare cassa e sostenere l'ennesimo piano-scudetto. La mano, saggia e lungimirante, stavolta sarà però quella di Monchi. Bravissimo nel suo mestiere, e soprattutto a guardare lontano: cosa che la Roma, adesso, deve imporsi di fare. Un ciclo avvincente e ambizioso, ma poco redditizio, dopo questo derby è definitivamente terminato. E' tempo, seppur a malincuore, di ripartire. E di provare - ma questo non ditelo ai tifosi romanisti - a seguire anche un po' con attenzione il modello-Inzaghi.