Una passerella forse arrivata con qualche giornata di ritardo rispetto al previsto, ma ampiamente entro il contesto del pronostico. Un cerimoniale di per sé poco incline ai fuori programma, con protagonista una squadra molto poco fuori programma, al sesto déjà vu consecutivo con la coppa da campioni d’Italia alzata al cielo.

Eppure, il fuoriprogramma c’è. Non è notizia freschissima la fede del piccolo Lorenzo Bonucci per la squadra di Torino i cui colori non sono quelli rappresentati dal padre, ormai bandiera bianconera, dopo aver traghettato la Juventus dalla difficile palude delle stagioni post Serie B alla leggenda di un’egemonia della quale non si intravede ancora la fine. Lorenzo Bonucci tifa Torino, merito di una passione per Belotti e di idee già chiarissime (e, va detto, un carattere fuori dal comune), talmente chiare da imporre a se stesso di non farsi esattamente trasportare dal clima festoso a tinte juventine.

Il padre, campione d’Italia per la sesta volta di seguito, che lo prende per mano, la lieve, dolce crudeltà del vestirlo di bianconero, eppure il piccolo Lorenzo non vacilla. Piange, persino, come rivela qualche inquadratura che sta facendo il giro delle tv e dei social da ore.

Se la storia di Lorenzo, capace di tifare, in casa Bonucci, in tempi come questi, per il Torino, era già degna di essere raccontata prima di domenica pomeriggio, la tormentatissima sfilata al termine di Juventus-Crotone allo Stadium, con quelle riprese diventate viralissime in questi giorni, non può non trasformare Lorenzo Bonucci, a meno di dieci anni, nel nostro eroe assoluto.

E, probabilmente, un po’ l’eroe di un vecchio cuore, quello granata, da troppo tempo alla ricerca di eroi credibili, duraturi, capaci di incarnare il valore di un grande passato. Latente, in queste settimane, dentro un gruppo diviso da qualche screzio, da molte incomprensioni, da diversi comportamenti sopra le righe, e da un richiamo alla professionalità e all’attaccamento alla maglia, senza ritiri punitivi di sorta, per i quali non servirebbe il richiamo di Mihajlovic, ma dovrebbe bastare quel colore. Il granata.

Il granata, meravigliosamente incarnato (e non è un paradosso) dal piccolo Lorenzo Bonucci, di bianconero vestito, incapace di spezzarsi pur piegandosi alle ragioni di famiglia. Che possa avere più carattere e attaccamento alla maglia dentro di sé quel bambino, che non i calciatori che quella maglia la indossano, non proprio in maniera inappuntabile, nelle ultime settimane, può risultare preoccupante per chi crede, indefesso, nel valore rappresentato dal vecchio cuore granata. Al quale la strada, in un pomeriggio di festa juventina, è capace di indicarla un cuore giovane, giovanissimo, che batte per il Toro. Vivendo a capo chino ma roccioso nella sua espressione facciale una passione che dovrebbe essere impossibile non onorare.