Chi l’avrebbe mai detto che l’annata di consegna alle proprietà orientali avrebbe visto un doppio derby palindromo, simmetrico, uguale a se stesso, col bicchiere della staffa ricolmo di sorpresa e di malinconia, ma tanto nostalgico e ammiccante da indurre quello del benvenuto a rassomigliargli, a copiarlo, a fargli il verso. Milano, come l’avrebbe cantata Lucio Dalla.

Se la città del nord che negli anni passati faceva del derby un nome da estendere a molte altre cose, comprese quelle più distanti, raccogliendo lo sbuffo della periferia fredda e nebbiosa per accostarlo a quello del bicchiere pronto al brindisi, ma col cin cin, in fondo, detto fra sé e sé, adesso la Milano pallonara comprata all’ingrosso e al dettaglio dal mercato del Sol Levante, per essere offerta a tifosi estranei, anch’essi sommati alla Milano multietnica che non è più Milano, o, forse, è proprio Milano, quella Milano assiste al primo derby della Madonnina con gli occhi a mandorla fingendosi felice, rinnovata, ma straniata dentro un coro nutrito di versetti misteriosi, quasi fastidiosi. E quale riposta migliore? Se la gara di andata è terminata 2-2, con un goal all’ultimo minuto, all’ultimo sorso, all’ultimo respiro, di quel Perisic mestamente sostituito durante la gara di ritorno, nel mezzogiorno tiepido di primavera, con qualche involtino in più e un aperitivo in meno, la prima stracittadina tutta orientale non avrebbe potuto fare di meglio che rendere pan per focaccia a parti invertite.

Tredicesima giornata. Milan e Inter si affrontano per la Champions, per la qualificazione a quella competizione che da un po’ di tempo non fa capolino nella capitale economica di un’Italia che non è più padrona di se stessa (ammesso che lo sia mai stata). Nell’aria c’è la sensazione che, dopo la sponda nerazzurra, anche quella rossonera stia per prendere il largo verso una nuova proprietà. Già da tempo si aspetta che il tanto pronunciato “closing” faccia del Milan un prodotto filo-cinese. Il derby di andata del campionato 2016\2017 potrebbe essere l’ultimo derby dello storico marchio Berlusconi. Moratti, invece, è un cognome che tra i ricordi vecchi e recenti di padre e figlio, con non pochi trionfi, appartiene già alla memoria storica.

Un’altalena di emozioni, in una gara non bella dal punto vista tecnico, ma vibrante come soltanto un derby sa essere, assiste a una girandola di goal che porta in vantaggio il Milan per due volte. Suso, Candreva e ancora Suso inscenano un botta e risposta che, fino a un minuto dalla fine, pare dover dare ragione ai rossoneri, lanciatissimi verso la seconda posizione della classifica. Sull’ultimo calcio d’angolo, sull’ultima palla disperata, Perisic si avventa per primo sulla palla e regala ai nerazzurri un insperato pareggio. Il neo allenatore Pioli inizia da lì la rincorsa alla zona Champions League, mentre i milanisti devono salutare con rammarico una vittoria che li avrebbe consacrati ad altissime aspirazioni.

“Se volessi modificherei il mio viso

E ripartirei da zero

Ma sarebbe come arrendersi

A quello che non sono

E non sentirsi libero

Di non essere felice

Di non sentirmi vivo

Di non accontentarmi

Nella mediocrità

Che mi propini”

Afterhours, Milano circonvallazione esterna

Da qualche tempo anche l’anima resistente dell’appena citato Manuel Agnelli ha ceduto al richiamo della business music dei talent show. Per tanto tempo, invece, molto altro ha ceduto al richiamo di una finanza che non ha nomi, non ha volti (non è da escludere l’ipotesi che non li abbia mai avuti, anche quando si credeva li avesse), non ha anime, ma solo circolazioni ambigue della ricchezza. In fondo, pure lo straniamento di cui sopra è destinato a passare presto. I lavaggi generazionali hanno manomesso le passioni. Avviene lo stesso pure con le identità.

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Gara di ritorno, 15 aprile 2017, col Milan consegnato alla nuova proprietà cinese, le televisioni pronte a trasmettere un derby disputato a mezzogiorno proprio per andare incontro alle esigenze e alla richiesta del mercato orientale, in un sabato santo che non sa quando arriverà la domenica della resurrezione, nerazzurri e rossoneri si affrontano per un posto in Europa League. Il corso del campionato ha ridimensionato gli obiettivi di entrambe le squadre, ma tutte e due sanno che non possono restare senza Europa. A differenza della partita di andata, questo derby sembra avere subito un padrone. Candreva, ancora lui, e Icardi allungano la fuga del serpente e l’Inter si porta sul 2-0.

A sette minuti dal termine, dopo alcuni contropiedi sprecati dall’Inter, la gara sembra ormai indirizzata verso il successo interista. Ma il derby ha deciso di voler rassomigliare a quello di andata, stavolta a parti invertite. Al minuto 83 Romagnoli segna il goal che accorcia le distanze e riapre la partita. La gara prosegue tra interventi duri, contrasti, tentativi del Milan e contropiedi nerazzurri. Le frequenti interruzioni inducono l’arbitro a concedere cinque minuti di recupero e di allungare quest’ultimo di oltre un minuto e mezzo. Ultimi secondi di gioco, a ridosso del 97’, calcio d’angolo per il Milan. Anche Donnarumma si aggiunge nella mischia dell’area interista. Il pallone arriva a Zapata che in qualche modo lo colpisce a porta vuota. La palla sbatte sotto la traversa e termina oltre la linea di porta. La goal-line technology aiuta il direttore di gara che, nell’attesa di pochi istanti, controlla il dispositivo che ha al braccio per accertare la segnatura. Goal, 2-2 all’ultimo secondo. Stesso risultato dell’andata, stesso colpo di scena nel finale, ma a sorti inverse.

I nomi di Moratti e di Berlusconi sono nella storia passata di questi due club e la nuova guida economica di entrambi parla le lingue di paesi lontani, ma il battesimo del nuovo derby ha voluto a tutti i costi essere uguale all’ultimo giocato prima della chiusura delle trattative di cessione rossonera. Qualcosa di emblematico ha rimosso il cartello con su scritto “Momenti in vendita”. Il drago ha visto la coda e, vedendo un’altra testa, ha creduto si trattasse di un altro drago. E le fiammate non sono mancate. Certe cose non conoscono mercato.