A bocce ferme, il clamoroso 2-2 del derby pre-pasquale appare come un risultato giusto. Oltre che per quanto fatto vedere sul campo, più che altro per equilibrare i meriti di due società che, al netto della campagna estiva 2016, sono neonate. Certo, l'Inter per organico e compattezza societaria parte in profondo vantaggio rispetto ai cugini rossoneri, ma la voglia, le competenze e - si spera - anche i fondi necessari per colmare il gap ci sono tutte. Una ha Suso, l'altra ha Perisic; una ha Icardi, l'altra avrà da qui a qualche mese un uomo più funzionale al gioco di Montella rispetto a Bacca. Una ha Candeva, l'altra ha (anzi, aveva e avrà) Bonaventura, una ha Handanovic e l'altra Donnarumma; una ha Miranda e l'altra Romagnoli. Una discreta base su cui ripartire, al netto di un restyling necessario, per entrambe, da operare sulle corsie difensive, laddove poco o nulla è oggettivamente salvabile, viste le legittime aspirazioni di entrambe. Ed a centrocampo, dove un terzetto di uomini di simile valore, se si escludono Gagliardini e, potenzialmente, Locatelli, è difficile da reperire. Zhang e Li ci proveranno sin da subito, anche senza Europa. Anche perché i punti derivanti dalla sfida di San Siro di sabato servivano più per una sorta di ricerca infinita della predominanza cittadina, che per la classifica: a nessuna delle due società servono gli introiti che porterà l'eventuale europa League. Anche perché, con tutta probabilità, nel campionato 2017-2018 l'obiettivo unico sarà quello di accorciare, rispetto alle romane ed al Napoli, ed a ritornare in Champions. Difficilmente, d'altra parte, da qui a qualche mese Inter e Milan saranno in condizione di disporre di quasi due rose di alto livello, condizione necessaria per affrontare la doppia competizione garantendo il medesimo rendimento: ecco perché, anche per evitare le figuracce che la squadra di Mancini prima, De Boer e Pioli poi ha rimediato al giovedi sera, l'eventuale partecipazione sarà solo un palliativo. Se non addirittura un disturbo, lungo il cammino che dovrebbe portare entrambe ad orbitare tra il secondo ed il terzo posto, nella stagione che verrà.

Al netto del futuro, però, in campo sono andate due squadre che hanno offerto spettacolo. Un derby davvero piacevole, per gli spettatori, che per la prima volta nella storia hanno potuto ammirare in tribuna due proprietà completamente straniere. Predire già adesso quale delle due riuscirà a ripercorrere i fasti delle gestioni Moratti e Berlusconi, però, è un'enigma ed un azzardo: ecco perché, piuttosto, preferiamo concentrarci su quel che è stato, e non su quel che potrebbe essere. In campo sono scese due squadre simili, più nei vizi che nelle virtù. Lo hanno dimostrato concedendo due gol a testa, entrambi evitabili, e realizzando gioco solo a folate, come nel loro DNA attuale. Soprattutto grazie a delle singolarità spiccate, a dirla tutta, più che con l'armonia di gioco e la dinamica di gruppo. Certo, per l'Inter il 2-2 a tempo solo formalmente scaduto è parso una beffa, ma prendersela con Orsato è puro e volgare esercizio di (scarso) stile. L'arbitro di Schio, ormai tra i pochi a cui poter affidare determinate gare, aveva annunciato già dopo l’ingresso di Biabiany che i 5' di recupero sarebbero iniziati solo successivamente, ed il minuto abbondante perso dopo il fallo di Locatelli ha certificato il prolungamento dell'extra time. Senza dimenticarcisi, peraltro, che il recupero segnalato dal tabellone elettronico rappresenta solo il minimo che il giudice di gara è obbligato a far giocare, c'è poco da prendersela con l'arbitro e molto da addebitare, per i nerazzurri, ad una gestione del vantaggio quantomeno approssimativa e superficiale. Tipica, peraltro, delle squadre in divenire e dalla costruzione in corso d'opera, anche mentale, oltre che strutturale. Stessa cosa, ovviamente, sarebbe potuta capitare a parti inverse, senza produrre alcun stupore. Ci si deve invece allietare del buon successo ottenuto, in termini di audience, in zone sinora poco battute dell'eco del nostro calcio, che s'è ritrovato per la prima volta ad anticipare un derby della Madonnina all'ora di pranzo: dovremo abituarci, in ogni caso, anche perché il futuro - per esigenze meramente televisive - prevede comunque uno spezzatino ancora più corposo e tediante rispetto a quello attuale. Le giornate di campionato inizieranno tutte il venerdi, e termineranno il lunedi, e lo storico blocco delle partite delle 15 verrà completamente snaturato a vantaggio d'una disposizione sempre più one-to-one della fruizione spettatore-partita. E' il calcio moderno, baby. Quello che racconta di De Sciglio e Icardi capitani, e non di Maldini e Zanetti. Quello che vede Zhang e Li in tribuna, e non Berlusconi e Moratti. Facciamoci sin da subito l'abitudine, perché già tra qualche anno potremo rimpiangere anche questo.