Ciò che è il Milan, al primo maggio 2016, è sotto gli occhi di tutti. Dei tifosi, della critica, degli avversari, dell'allenatore (presente e passato), dei piccoli azionisti, della società, della Presidenza. Di noi opinionisti, che abbiamo assistito, nell'ultimo lustro - peraltro coincidente con quello roseo della Juventus, che fa ancor più male - ad un lento e graduale decadimento, sotto tutti i punti di vista. Ciò che conta lo dice il campo, unico e vero specchio della realtà. E, da questo punto di vista, il rettangolo verde è stato impietoso, più col povero Brocchi - catapultato dalle sirene presidenziali su una panchina che oggi scotta più delle pentole che il Diavolo fa senza coperchi - che con Mihajlovic. Che pur non regalando particolari emozioni - oddio, il derby vinto per 3-0 difficilmente sarà dimenticabile, in un periodo di vacche così rachitiche - era riuscito in parte dei suoi intenti.

RICONSEGNARE UN'IDENTITA' ALLA SQUADRA. Su questo in molti avranno da ridire, ma dubito che non si possa definir tale, per quanto ampiamente migliorabile, l'impostazione di gioco alla quale la squadra era pervenuta, sino a qualche settimana fa. Il 4-4-2 a cui il serbo era pervenuto, dopo molti tentativi ed (opinabili) esperimenti, funzionava, e oltre che ad esaltare le caratteristiche di Bacca e Niang aveva dato al Milan anche un minimo di costrutto difensivo. Un costrutto che, in sede di mercato, qualsiasi proprietà, milanese, cinese o indonesiana, avrebbe modellato, magari accaparrandosi un centrale di piede destro più giovane di Alex e più costante di Mexes e Zapata, un vice Donnarumma che consenta ad Abbiati di fare il terzo serenamente, ed a Diego Lopez di fare le valigie, ed un'alternativa di livello ad Abate ed Antonelli. Entrambi, peraltro, protagonisti d'una buonissima stagione. Ma di mercato parleremo a breve.

RIFONDARE, NEI LIMITI DEL POSSIBILE. Donnarumma, Niang, Abate, finalmente tornato a standard accettabili. Tutti passati ad essere, da comprimari o comparse, dei possibili, futuri, titolari del Milan che verrà, anche non necessariamente di Mihajlovic. Romagnoli, Antonelli, Bacca, tutti arruolabili e su cui contare. Kucka e Honda utili per alternarsi coi titolari, in grado di dare il loro contributo. Ognuno di loro (ed al netto di tutti gli altri, su cui oggettivamente, per motivi tecnici i di mercato, si può puntare poco) è stato in qualche misura plasmato dal tecnico, allontanato prematuramente e nonostante fosse ancora in piena corsa Europa League, ed in finale di Coppa Italia. Allontanato, peraltro, da chi voleva una squadra giovane, ed italiana, e pur avendola ottenuta ha preferito dar ragione al suo istinto. Evidentemente non più così infallibile.

METTERE ORDINE NELLO SPOGLIATOIO. Visti i presupposti, forse questo era il target più difficili. Il Milan veniva da lunghi tempi d'anarchia, e la presenza, in questa rosa, di elementi potenzialmente ancor meno adatti, poteva solo peggiorare la situazione. Tutto, però, si può rimproverare a Mihajlovic, ma non l'essere uomo di poco polso. Lo stesso Balotelli, se si riesce ad esulare da quella che, anche per via dei problemi fisici, è stata l'ennesima annata a vuoto, è stato motivato e inquadrato. E di problematiche similari, fuoriuscite dallo spogliatoio, durante la sua esperienza, non s'è vista l'ombra. S'è parlato, vero, in passato, di spogliatoio non proprio solidissimo per via delle esclusioni decise ai danni di qualcuno, in particolare: possibile, certo. Ma avere in rosa calciatori scontenti di andare in panchina è una semplice routine, certo non un'anomalia.

C'è, poi, un discorso strettamente meritocratico di cui tener conto. Mihajlovic s'è guadagnato una finale di Coppa Italia e, probabilmente, avrebbe anche raggiunto il traguardo dell'Europa League. Entrambi, ad oggi, rischiano di sfumare, e peraltro miseramente. Consentire all'artefice d'un possibile traguardo di giocarselo sino in fondo, pur nonostante il travaglio ed il mare magnum dell'insofferenza, è quasi un obbligo sportivo. Non concesso. 

Certo, le prospettive a inizio stagione erano diverse. Spendere 100 milioni in sede di mercato, per una qualsiasi società, significa raggiungere necessariamente l'obiettivo in grado di ripagare, parzialmente, l'investimento: ovvero qualificarsi alla Champions, meglio se diretta. Un obiettivo sfumato mesi or sono, anche per via dell'ottimo cammino tenuto, nella fase centrale della stagione, da Napoli e Roma. Mihajlovic non ce l'ha fatta, ma con quale percentuale di colpa? Se Niang non si fosse rotto nella fase migliore dell'annata, ad esempio, il Milan avrebbe sopperito o meno alla fase di stitichezza di Bacca? E quanto peggio (o meglio, non si può dire) avrebbe fatto Diego Lopez, al suo rientro, al posto di Donnarumma? C'era un'alternativa più valida ad Honda, nel ruolo di esterno destro? In mezzo al campo chi, oltre a Montolivo (ed a Locatelli, a conti fatti però non impiegato neanche da Brocchi) avrebbe potuto riconsegnare alla squadra un minimo di fosforo? Esistono quindi anche dei limiti strutturali, non riconducibili alla gestione Mihajlovic, legati alla pochezza in senso assoluto d'un organico minato da anni e anni di mala gestione, mirata solo al raccoglimento di grandi occasioni (o apparentemente tali), clamorosi sconti, scambi con società amiche e parametri zero. Un handicap di fondo a cui né Brocchi, né Mihajlovic, né probabilmente Galliani (che ha dato il meglio di sé in epoche completamente diverse, durante le quali il problema finanziario non era neanche uno spettro all'orizzonte) possono porre rimedio. L'unico si chiama eutanasia, nella fattispecie societaria. Nell'arco di 30 anni Berlusconi e Fininvest hanno fatto tutto il fattibile per il Diavolo, ricavandone entrambi, peraltro, anche un certo, interessante, ritorno (seppur non quantificabile) di immagine. Il flusso positivo e con esso i risultati, però, si sono esauriti anni e anni fa, e non può, ora ch'è spento, non portare al definitivo declino. I tempi sono maturi, se non addirittura obsoleti, e questo il Cavaliere lo sa: ecco perché nelle prossime settimane, spinto soprattutto dalla famiglia, il club verrà ceduto ad una cordata cinese, pur sottostimato rispetto alle aspettative paventate dalla fu trattativa - a posteriori, una presa in giro - con mister Bee. Sulla panchina, però, quando verrà il momento, sarebbe giusto ci fosse Sinisa Mihajlovic. Per quanto questo, agli occhi di qualcuno, possa far peccare ulteriormente la reggenza di Zamparinite

Poi, tre tre settimane, a stagione conclusa, verrà il tempo delle decisioni vere, quelle importanti, in grado di cambiare il futuro immediato e prossimo. E così come sarebbe giusto che fosse la nuova proprietà, eventualmente, a sollevare dall'incarico Mihajlovic, sarebbe anche giusto che le scelte giuste per il nuovo Milan non le prendano Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. Ai quali, in ogni caso, i tifosi dovranno dire grazie. Sempre a meno che non accettino, e subito, la più dolce e serafica delle eutanasie per il loro fu Milan.