La violenza del calcio è incalcolabile. La lunga aneddotica del futbol vanta partite che avrebbero dovuto cambiare la storia di questo sport. Eppure, nonostante tra gli archivi e le memorie del pallone siano registrati momenti terribili dal punto di vista sportivo, il calcio non sembra dar segno di voler imparare da se stesso. Completamente in balia della sua imprevedibilità, nasconde le sue insidie come se queste fossero tramate di nascosto, pronte a scattare come trappole cogliendo di sorpresa chiunque si trovi sul luogo della decisione. Manchester United-Bayer Monaco, finale di Champions League edizione 1998\99 è uno di questi esempi. United e Bayern, però, in quella stessa edizione, si erano incontrate nella fase a gironi, pareggiando entrambi gli incontri (2-2 e 1-1).

Quando il 26 maggio del 1999 inglesi e tedeschi si trovano gli uni davanti agli altri, le prime considerazioni che irrompono sono il pieno controllo e la totale conoscenza del protocollo retorico. Sono due tra le squadre più importanti del mondo del calcio. Due tra le società più gloriose della storia del soccer, due club di antica e solida tradizione, due compagini abituate ai massimi livelli della competizione sportiva.

Gli inglesi hanno inventato il calcio, i tedeschi lo hanno interpretato. Se i britannici hanno dato vita allo sport più seguito al mondo, se lo hanno pensato come qualcosa che un giorno avrebbe incantato le masse, i tedeschi hanno invece misurato tutte le possibilità razionali di una disciplina applicata alle norme severe dell’abnegazione. La Germania, come selezione nazionale e come società di club, ha sempre primeggiato, facendo circolare un modello organizzativo e tattico sempre ispirato alla ottimizzazione delle risorse e all’efficienza, fuori e dentro il campo. In Europa e nel mondo poche nazioni possono competere con l’intelligenza calcistica dei tedeschi, freddi, calcolatori, maestri nell’arte della concentrazione.

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Il Manchester United di Alex Ferguson ha qualcosa di “tedesco”. La dottrina disciplinare di Sir Alex, l’organizzazione di gioco e l’impostazione mentale di un undici costruito con anni di lavoro e di successo, formano una delle squadre più forti degli anni ’90. I Red Evils sono arrivati alla finale di Barcellona facendo “strage” di italiane. Inter e Juventus ne pagano le conseguenze ai quarti e alle semifinali. Se l’Inter subisce il cinismo e la spietatezza dello United, la “Vecchia Signora” ne assaggia l’imprevedibilità e il carattere. Dopo un incoraggiante 1-1 in trasferta, a Torino i padroni di casa, nella gara di ritorno vedono rimontarsi un rassicurante vantaggio, cedendo il passo a un Manchester capace di qualsiasi risultato, in qualunque modo.

Il Bayern Monaco, invece, ha vita relativamente più facile. Ai quarti si sbarazza del Kaiserslautern, in derby tedesco senza storia (2-0 e 4-0). In semifinale Il Bayern deve vedersela con la sorprendente Dinamo Kiev del talento Shevchenko. I bavaresi faticano più del previsto, ma riescono comunque ad accedere alla finale di Barcellona. L’Europa non ha dubbi. Si fronteggiano le squadre più forti del momento.

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Quando dopo 5 minuti Basler porta in vantaggio il Bayern, il Manchester capisce che sarà durissima riportarsi in linea di galleggiamento per sperare nella conquista del massimo trofeo europeo. Il Bayern impone tutta la sua solidità tattica e tecnica. Due legni colpiti dai bavaresi e grandi interventi di Peter Schmeichel, estremo difensore dello United, impediscono al Bayern di imporsi con un punteggio più abbondante. È qui dove il demone dell’imprevedibilità insinuerà le sue intenzioni.

Il Bayern sembra avere il controllo del gioco e della partita. Quando il quarto uomo segnala tre minuti di recupero, il novantesimo è appena scoccato e lo United conquista un calcio d’angolo. Prima della battuta del corner anche il portiere del Manchester si fionda nell’area di rigore per le ultime residue speranze di rimonta. Goal. Da una mischia nasce il pareggio di Sheringham, subentrato a Blomqvist nel secondo tempo. Matthaus in panchina è incredulo. Al 91’ il Manchester raggiunge un pareggio che sembrava insperato. Il dominio bavarese si dissolve davanti alla beffa che adesso costringe le squadre ai supplementari. Se il destino non si accontentasse. All’ultimo dei tre minuti di recupero, a pochi secondi dalla fine, un altro corner per gli inglesi. Goal. Solskjaer, quasi di punta, corregge un “ponte aereo” di un compagno mandando la palla sotto la traversa. I calciatori del Bayern restano immobili. 

La Champions League è del Manchester United, fino a tre minuti prima, secondo il tabellino, al momento della segnalazione del recupero, irrimediabilmente sconfitto. Il Bayern che, tranne Koffour, schiera 10 calciatori tedeschi tra i titolari, la squadra che più di tutte ha sempre rappresentato al meglio la consistenza tedesca, ha commesso la leggerezza più pericolosa del gioco del calcio. Quella per cui non chiudere la partita può costare un prezzo carissimo. Costa la Coppa dei Campioni, in una delle serate più emozionanti e “drammatiche” della storia del calcio. Ne verranno altre, diverse, ma altrettanto incredibili. Solo una cosa non andrebbe perduta di vista. Chi crede al calcio non può credere all’incredibile.