6 genniao 1985, quattordicesima giornata di serie A, campionato a sedici squadre. Un acquazzone e una pioggia senza interruzione, Corrado Ferlaino a bordocampo e dietro la porta, Antonio Juliano seduto sopra una sediolina con cappellino e coperta, Dal Fiume che a fine gara manda l’arbitro a quel paese, Maradona, Zico, Bertoni, Edinho, Bagni e tanti altri calciatori che avrebbero arricchito gli organici delle squadre più forti della serie A (Carnevale, De Agostini, Mauro, solo per citarne alcuni) sono le note di colore in una partita importante per la lotta salvezza. Luís Vinícius de Menezes, 69 goal con Napoli dal 1955 al 1960 e allenatore delle meraviglie che negli anni ’70 anticipa persino le alchimie tattiche del grande Ajax e dell’Arancia di Johan Cruijff. Stavolta, però, il brasiliano di Belo Horizonte sulla panchina del terreno di gioco, che oggi sarebbe considerato impraticabile, del San Paolo si è seduto da avversario, alla guida di un’Udinese che ha in squadra calciatori di caratura internazionale, il grande Zico ed Edinho su tutti, ma che, come il Napoli al primo anno con Maradona, deve clamorosamente guardarsi le spalle in una zona della classifica che non dovrebbe affatto competere a due squadre costruite per occupare ben altre posizioni.

Il goal in sforbiciata che nel 6 dicembre del 1959 permise al Napoli di battere 2-1 la Juventus nella gara inaugurale dell’allora Stadio del Sole, poi ribattezzato San Paolo, appartiene ai ricordi, come appartengono ai ricordi le numerose partite giocate dal Napoli di quel Juliano seduto sotto la pioggia a osservare da vicino la squadra alla quale, da dirigente, ha regalato il calciatore più forte del mondo. Un intreccio di sentimenti, di emozioni, di ricordi e di avvenimenti futuri che arricchiscono una partita che vale la salvezza soltanto per la classifica di una serie A “ferocissima”, che non perdona niente nemmeno a chi dispone di grandi calciatori.

Agli ordini di Lanese, partenopei e friulani si danno battaglia sotto una pioggia insolita per il capoluogo campano e sopra un terreno di gioco ingrigito dalle pozzanghere e annerito da una fanghiglia che trasforma il rettangolo verde in un campo che rievoca un immaginario tra la mischia e la trincea. Tra rigori visti e non visti, tra quelli assegnati e quelli negati, Edinho apre le marcature proprio dal dischetto, portando avanti i suoi e mettendo paura sia agli spettatori che ai sogni di gloria della Napoli che ha penato un’intera estate per portare Maradona all’ombra del Vesuvio. La telenovela d’alta stagione che ha avuto come protagonisti i dirigenti azzurri, il “mago” Jorge Cyzsterpiller e il “duro” Joan Gaspart Solves ritorna con tutte le incertezze del caso.

Ma è proprio Diego Armando Maradona a pareggiare i conti, grazie al penalty che Lanese concede anche ai padroni di casa. Bertoni, poi, ricordandosi del suo dovere di partecipazione alla rassegna sudamericana, realizza il 2-1 per il Napoli con un gran destro che infila la palla sotto la traversa. Gli fa eco Miano che, con un tiro di prima intenzione, calcia un pallone imparabile che illumina la giornataccia caduta sopra Fuorigrotta. Uno dei goal più belli di quel campionato riporta le squadre in parità. Altro che dubbi sull’atteggiamento tattico dei due undici in campo e sulla possibilità di giocare bene su un campo proibitivo. I ventidue calciatori trovano bellezza ed equilibrio colpendosi a suon di prodezze.

Nella ripresa, prima Lanese nega un calcio di rigore a Bagni, poi, nessuno saprà mai se suggestionato dal dubbio sulla decisione precedente, ne assegna un altro al Napoli, stavolta per un fallo che appare molto meno evidente. Maradona trasforma e il Ciuccio passa in vantaggio per la terza volta. Con l’Udinese in dieci uomini e con un Salvatore Bagni in giornata di grazia, Bertoni, imbeccato dal mediano azzurro, colpisce di testa da solo davanti alla porta e consente al Napoli di allungare sui friulani. Quando Castellini, estremo partenopeo, fa sì che il pallone si trasformi in una saponetta, lasciandoselo sfuggire dalle mani, la terza rete dell’Udinese non procura danni al Napoli che, dopo una battaglia lunga sette goal, porta a casa i tre punti che lo staccano dalla zona retrocessione e lo lanciano verso una prova generale di rincorsa. 

Le annate successive vedranno un Napoli correre per ben altri traguardi e l’Udinese, invece, salutare i suoi fuoriclasse e riparare in un andirivieni tra la serie A e quella cadetta. Quel 4-3, però, resterà sempre tra le partite più spettacolari di quegli anni. Un calcio meno appariscente, meno tirato a lucido, a cui poco importava di dover passare dall’estetista. Eppure, in una partita per la salvezza fa una certa impressione ricordarsi che a giocarla c’erano calciatori che oggi una situazione del genere non riuscirebbero nemmeno a immaginarla, e in uno stadio con quasi novantamila spettatori. Napoli-Udinese 4-3, dal San Paolo è tutto.