Sono ottimista. 

E lo sono, come sempre, per il calcio italiano. Perché finalmente questa sessione di mercato, dopo anni di vacche magrissime un po' per tutti - Juventus esclusa - sta portando con sé un ricco bagaglio non solo di acquisti, più o meno azzeccati, ma soprattutto diverse, nuove, interessanti, idee. Chi ne ha avuto più di tutti, come ovvio, sinora è stato il Milan. Forti d'un tesoretto da 150 milioni (a cui andranno sommati i 50 provenienti dalle imminenti cessioni di De Sciglio alla Juventus, Lapadula al Genoa e Bacca all'estero), Mirabelli e Fassone nel giro di un mese di fatto hanno concluso più di un affare a settimana. Da Musacchio ad André Silva, passando per Rodriguez, Borini e Kessie, sino ad arrivare a Calhanoglu e Conti - che saranno ufficiali in settimana - il Milan s'è di fatto ricostituito dalle fondamenta. Del vecchio undici titolare resteranno, a meno di clamorose novità, gli unici 4 pezzi pregiati della rosa, per valore assoluto, prospettive ed età. Ovvero, Romagnoli, Donnarumma, Bonaventura e (forse) Suso. Esattamente coloro che gli stessi tifosi avevano indicato, in Primavera, come i nomi da cui ripartire. Detto, fatto: il nuovo DS ha messo a disposizione di Montella un manipolo certo non di top players fatti e finiti, ma di calciatori giovani e giovanissimi, che già hanno dimostrato di poter far bene, da integrare in un progetto ambizioso come quello dell'aeroplanino, atto al gioco frenetico, agli scambi stretti, al palleggio ed all'offensiva corale. Leggere delle - sparute, per fortuna - critiche qualche giorno fa dopo la sortita Borini fa semplicemente sorridere, e riflettere su come, nonostante tutto, si vada ancora a cercare il pelo nell'uovo. Il ragazzo farà la riserva, è ancora nel fiore degli anni (26), e soprattutto può essere sostanzialmente impiegato in tutte le posizione dell'attacco, sia che si tratti di 3-5-2, 4-3-3 o 4-3-1-2. Ora serve chiudere per un altro centravanti (e Kalinic, checché se ne dica, è molto vicino), un regista che consenta o Montolivo di essere ceduto o a Locatelli di andare in prestito, e, soprattutto, una riserva dei centrali difensivi. Per motivi di adattabilità ed integrità fisica fare affidamento sul solo Musacchio, visto il mercato che hanno Zapata e Paletta, sarebbe da ingenui. E tali non sono né Fassone né Mirabelli. Che ben si sono mossi, anche a livello comunicativo, all'interno di quel magma indiscriminato e viscido che è stata la prima fase della turbolenta vicenda legata al rinnovo di Donnarumma. Che, per inciso, ora ha cambiato idea, pur non facendola cambiare a Raiola, e s'appresta ad accettare la proposta rossonera. Che poi, effettivamente, così male non era.

E farebbero bene a stare sereni anche i tifosi di Inter e Roma, che vedono una diretta concorrente per la Champions scalare le gerarchie, quantomeno sulla carta. Nonostante l'apparente immobilismo, Sabatini e Monchi si stanno muovendo sotto traccia, hanno già chiuso qualche affare e sinora hanno dovuto fare i conti con i tanto tedianti quanto obbligatori rientri dal FPF. Per ottemperare agli obblighi previsti dalla UEFA, il Ds giallorosso ha preferito, più semplicemente, andare a vendere (bene) qualche pezzo pregiato (Paredes, Rudiger, Salah), mentre il suo alter ego nerazzurro ha più elaboratamente snellito la rosa, andando a ricavare diversi, minuti, introiti, dagli esuberi (Banega, Caprari, Dimarco, Miangue, Eguelfi, Erkin). Molto da pochi, e poco da molti: d'altra parte le strategie in entrata sono comuni per chiunque. E non è detto che l'una sia necessariamente peggiore o migliore dell'altra. Vendere, d'altra parte, serve sia per stare tranquilli a livello finanziario che per comprare: Borja Valero, Karsdorp e Moreno sono delle entrate di valore, e quelle che arriveranno potrebbero esserlo ancora di più. Certo, all'Inter piacerebbe Nainggolan, ma la sua cessione, al momento, non è prevista, né tanto meno è arrivata alcuna offerta nerazzurra alla Roma. E non risultano contatti concreti, peraltro, neanche per Vidal: sono in via di definizione, piuttosto, Dalbert, ed i primi sondaggi per quello che Spalletti ha indicato come vero colpo estivo. Ovvero, quel Di Maria che sembra aver deciso di lasciare Parigi e che può venir via anche per meno di 50 milioni. Quel che non convince, in tutta sincerità, è l'eccessivo sforzo fatto per arrivare a Skriniar. Un centrale giovane, versatile, fisicamente integro, ma nulla più: a cifre inferiori (stando però ai 15 milioni di valutazione, ovviamente utile solo a fini di bilancio, di Caprari), paradossalmente qualche mese fa la Juventus ha preso Caldara. Ovvero il centrale, e per giunta italiano, più forte in assoluto, in prospettiva. Ma non è un caso che i bianconeri siano i più lungimiranti di tutti: per questo stanno giocando sulla voglia di Bernardeschi di lasciare Firenze, e ne faranno l'esterno destro titolare del 4-2-3-1, in luogo dell'incomprensibilmente ingrato Dani Alves e di Cuadrado, che per Allegri sbilancia troppo la squadra. Costerà 45 milioni il virtualmente ex numero 10 viola: e saranno soldi ben spesi. Arriveranno anche 2 terzini, e tra questi, oltre al succitato De Sciglio, c'è Danilo, che era alternativo a Douglas Costa per il loro status di extra comunitari. Difficile, invece, Darmian, che vorrebbe tornare in Italia, ma che è stato bloccato da Mourinho. Il vero acquisto dell'anno, però, è Schick: sarebbe servito sia all'Inter che al Milan, ma come spesso accade è stata la Juventus ad anticipare tutti: il ragazzo, nel suo ruolo, è potenzialmente uno dei migliori d'Europa, l'ha mostrato in Polonia, ed in bianconero sarà sia il vice Higuain che un'alternativa a Mandzukic, per fisicità, tecnica e senso del sacrificio. Mi aspetto anche che vada in porto, dopo anni di corteggiamento, l'operazione Matuidi: il ragazzo è - anche più di N'Zonzi - pronto per i livelli a cui ambisce, ancora una volta, la Signora. E durante i reiterati via-vai di Raiola in Italia, soprattutto da Milano, più volte il procuratore del francese (che è in scadenza 2018) ha avuto modo di interfacciarsi con Marotta per discuterne: il problema resta sempre il PSG, che non ha alcun bisogno di vendere e soprattutto non ha, ultimamente, nella Juventus, un interlocutrice di primo interesse. Ma anche i ricchi a qualcosa devono rinunciare, soprattutto se, come sembra, poi si portano a casa quelli che tutti gli altri sognano, come James Rodriguez. Ovvero, il prototipo del calciatore strapagato, difficile da collocare tatticamente, che le italiane rincorrono - solo idealmente - per mesi, e che poi finisce sempre in squadre come il PSG. Per questo preferisco di gran lunga il nostro, di mercato. Per una volta, dopo tempo, molti giovani e giovanissimi, parecchi italiani e soprattutto la scelta d'un "taglio" di ricerca che si confà al nostro status attuale: calciatori nel fiore degli anni e non ancora arrivati ad esprimersi ai massimi livelli. Come, d'altra parte, anche Mario Rui e Ounas, già virtualmente del Napoli. Che, a differenza delle altre, per ora sembra vegetare nell'immobilismo. E invece quelli che stanno facendo, alle pendici del Vesuvio, sono i classici aggiustamenti che solo una grande squadra sa consapevolmente di dover fare. Ed il Napoli, almeno in quanto a gioco, una grande lo è sin dal giorno dell'avvento di Maurizio Sarri. Uno a cui, del mercato, a differenza nostra e vostra, frega poco e niente. Almeno così dice.