Tarantino di nascita, napoletano d'adozione, con il calcio sempre nel sangue. Lui è Francesco Montervino, ex capitano e bandiera del Napoli della rinascita. Quello, per intenderci, dei campi di periferia, delle partite con Cittadella e Pizzighettone, lontano dalle sfide europee con Chelsea, Bayern e Real Madrid, ma non per questo meno importante. Tutt'altro: senza quel passato, senza quella grinta, il Napoli oggi non sarebbe lo stesso. E lui, Francesco "Ciccio" Montervino, di grinta e forza di volontà ne ha sempre avuta da vendere, come dimostrato nelle 128 presenze in maglia azzurra, condite da 4 gol e 1 assist e con la gioa di una promozione in Serie A vissuta da capitano.

#1 - La tua vita adesso: cosa fai, dove vivi, come si sviluppa la tua giornata?

"Beh, mi sono preso un anno di "pausa" dopo aver fatto il direttore sportivo a Taranto per due anni. Mi sono divertito a fare l'allenatore della scuola calcio Bombonera della Fedele Management Academy, ho fatto l'opinionista sportivo e ho dato una mano come allenatore nel progetto AfroNapoli per il recupero di ragazzi immigrati in difficoltà. Il tutto sempre a scopo benefico, essendo io testimonial nella lotta razzismo". 

"Dalla prossima stagione, invece, farò il procuratore sportivo con Gaetano Fedele: vedo sempre più spesso ragazzi che non sono gestiti, a mio avviso, in maniera eccezionale, mentre noi abbiamo un'attenzione maniacale per la loro crescita. Insomma, nel calcio a me piace fare tutto, avendo sia il patentino da direttore che quello di allenatore".

#2 - I social network: li usi? Se sì, quali? Che rapporto hai oggi con i tifosi, tanto nella vita reale quanto a distanza, mediante la rete?

"Fino a pochi mesi fa ero totalmente "asocial". Poi, sotto consiglio di amici, mi sono rivolto ad un ufficio marketing e ora riesco a raggiungere dalle 5000 alle 70000 visualizzazioni per ogni post, roba da non credere. Tutto ciò ha cementificato ancora di più il rapporto di stima con i tifosi".

#3 - Una squadra, un compagno, un allenatore e un Presidente che ti è rimasto nel cuore.

"Risposta scontata: la squadra è inevitabilmente il Napoli, come compagni dico Paolo Cannavaro e soprattutto Inacio Pià, come allenatori sono molto legato sia a Spalletti che a Ventura, ma il legame più forte l'ho avuto con Reja. E presidente non posso che dire Aurelio De Laurentiis". 

#4 - Qual è l'aneddoto calcistico più folle, curioso, strano della tua carriera? 

"10 giugno 2007, Genoa-Napoli, il giorno della promozione in Serie A. Di folle c'è che per tre volte la partita è stata fermata e poi ripartita. Ora posso dirlo: io, Giubilato e compagni incitavamo i tifosi ad entrare in campo, così da perder tempo per aspettare il risultato di Piacenza-Triestina. Finora non l'ho mai raccontato, ma quello fu il giorno più bello della mia vita, dopo il mio matrimonio e la nascita dei miei figli chiaramente".

#5 - In carriera chissà con quanti moduli di gioco sarai stato impiegato. Ma qual è il tuo preferito e perché? 

"In effetti ho giocato in diversi ruoli: nel 3-4-3 come esterno di centrocampo a destra, come interno, ma il mio preferito è quello di mezz'ala destra nel 3-5-3 con Reja e Spalletti. Lì riuscivo a esprimere al meglio le mie doti agonistiche di recupera-palloni".

#6 - Qual è il gol che avresti voluto segnare nella storia del calcio? 

"Mi verrebbe da dire un gol alla Juve da giocatore del Napoli. Ad esempio nella partita Juve-Napoli di due anni fa mi sarebbe piaciuto segnare il gol del pareggio dopo il vantaggio di Zaza, così da lasciare il Napoli al primo in classifica. Chissà come sarebbe andata..."

#7 - C'è un rimpianto nella tua carriera? Oppure qualcosa che hai fatto ma che se tornassi indietro cambieresti? 

"Ti dico una data: 1 settembre 2009, il giorno che decisi di lasciare il Napoli. Una scelta che, se potessi tornare indietro, non rifarei. Ma non per aver scelto Salerno, città in cui mi sono trovato benissimo e in cui vivo ancora oggi, ma perché credo sia da folli lasciare una squadra così importante, con un contratto ancora in essere. Io poi ero il capitano, c'era un grande collettivo, ero un simbolo, decisi per una questione di orgoglio, di dignità, di andare via. Ma fu una scelta scriteriata".

#8 - Siamo ormai nel vivo del calciomercato: facciamo un nome per ogni ruolo. Chi sarà un portiere che può trasferirsi e cambiare gli equilibri in Serie A? 

"Il giro è chiaramente legato a Donnarumma. Però credo che un portiere che possa cambiare gli equilibri credo sia Meret: tecnicamente lo reputo anche superiore Donnarumma, pur non avendo le stesse doti fisiche. Chiunque lo prende fa un affare, Napoli compreso. Ti faccio anche un altro nome: attenti a Rok Vodisek, portiere classe '98 dell'Olimpia Lubjina. Ne sentiremo parlare".

#9 - Stessa domanda per quanto riguarda i difensori. 

"Mah, faccio due nomi che però difficilmente arriveranno in Italia: Thiago Silva e Kompany, due fenomeni che cambierebbero gli equilibri di qualsiasi organico".

#10 - Altro ruolo, uguale interrogativo: chi può muoversi a centrocampo spostando i livelli di forza nel nostro campionato? 

"Gonalons: la Roma ha fatto un affare, è un giocatore di grandissima personalità e tecnica, può fare davvero bene nel nostro campionato. Così come Biglia, il cui futuro è ancora tutto da decidere".

#11 - Ovviamente ultima annotazione per quanto riguarda gli attaccanti: 

"Un nome su tutti: Edison Cavani. Un giocatore che da solo spacca le partite. RIvederlo in azzurro sarebbe un sogno..."