I trasferimenti tra Milano e Torino sono cosa rara, un po' come quelli fra una sponda e l'altra del Naviglio. Non capita spesso vedere un giocatore vestire più di una maglia a strisce in carriera, e quando succede è evento straordinario che capita, salvo rare eccezioni, a giocatori straordinari e tramite trattative non esattamente ordinarie. Leonardo Bonucci, ovviamente, è entrato di diritto a far parte del club. Perché è un giocatore fortissimo, certo, ma anche per la velocità dell'affare, fulmine nel sereno cielo del mercato di luglio. Il difensore della nazionale entra così in una società esclusiva, che da sei anni non accettava nuovi membri – una società che, anche solo negli ultimi vent'anni (o giù di lì), non ha mancato di stupire, in un modo o nell'altro.

Luglio 1995. Roberto Baggio è in rotta con la Juventus, per tanti, ingombranti e ottimi motivi. I bianconeri hanno appena vinto lo scudetto, è il primo dell'era Lippi, allenatore che con Baggio non ha mai avuto feeling, caratterialmente e tatticamente. A fine stagione, con un giovane Del Piero ormai lanciatissimo e con sempre meno spazio in squadra, Baggio vuole ridiscutere il contratto in scadenza alla presenza dei capi ultras: questione di trasparenza, si direbbe oggi. L'accordo non si trova, e in pochi giorni gli Agnelli gli mettono al collo il cartello “IN VENDITA”. Arriva prima di tutti il Milan: 18 miliardi alla Juventus, 2 miliardi per tre anni al giocatore. Che, vuoi per i problemi fisici, vuoi per i problemi della squadra, vuoi per gli allenatori, a Milano non riesce a brillare.

Dicembre 1997. A un anno e mezzo dal suo arrivo, Davids non ne può più del Milan e il Milan non ne può più di Davids. Il ragazzo olandese, 24 anni, era arrivato nell'estate del '96, uno dei primi a sfruttare la sentenza Bosman per spostarsi a parametro zero dall'Ajax all'Italia. Ma gli infortuni e il caratteraccio di Pitbull lo relegano ai margini della squadra. Galliani, disperato, decide di lasciarlo andare via: lo compra la Juventus, per nove miliardi. Il Condor definirà poi quello come uno dei suoi più grandi errori da dirigente milanista.

Davids, prima e dopo (getty)

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Luglio 2001. Dopo quattro anni e 89 gol alla Juventus, Filippo Inzaghi decise di cambiare maglia. Berlusconi e Galliani sono pazzi di lui, lo corteggiano come una bella donna e Pippo, che ha sempre avuto l'aria di uno a cui certe attenzioni fanno più che piacere, capitola: ha 28 anni, si trova davanti a un bivio e decide di prendere la strada che lo porta a Milano invece di restare a Torino. “Non ho mai conosciuto nessuno che vuole andare via dalla Juventus”, gli dice Umberto Agnelli, non senza amarezza, prima di incassare 45 miliardi più il cartellino di Cristian Zenoni.

Pippo Inzaghi, prima e dopo (getty)

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Agosto 2005. Durante il Trofeo Berlusconi, giorno 14, Kakà interviene malamente su Buffon e involontariamente gli causa un infortunio alla spalla destra: il portiere della nazionale deve andare sotto i ferri, tempi di recupero stimati in tre mesi. Amareggiato, Berlusconi offre alla dirigenza juventina una soluzione: il prestito gratuito di Christian Abbiati. 28 anni, ex enfant prodige, Abbiati era andato in ritiro con il Genoa, salvo poi tornare a Milanello a causa della retrocessione del Grifone (per la combine con il Venezia). Il presidente milanista gli offre così un'alternativa a un anno in panchina alle spalle di Dida: qualche mese da titolare alla Juventus. Lui accetta e tre giorni dopo il pasticciaccio del Trofeo Berlusconi, il 17 agosto, si accasa a Torino. Antonio Giraudo, ad juventino, ringrazia il Milan definendo l'operazione “la sintesi di quei valori di amicizia e lealtà sportiva che dovrebbero sempre contraddistinguere lo sport a ogni livello pur in presenza di una forte e sana rivalità sul campo”.

Maggio 2011. Dopo la vittoria del nono titolo al Milan, lo scudetto 2010/2011, Andrea Pirlo annuncia di voler lasciare il club dopo dieci anni. Un divorzio definito consensuale: il regista, 32 anni, è in scadenza, chiede un triennale ma la società rilancia con un annuale. Il problema, però, non è solo questo: la verità è che Pirlo non ha un gran feeling con Allegri, visto che l'allenatore milanista gli preferisce van Bommel e Ambrosini. Da qui, soprattutto, la decisione di andare via: saluti, lacrime, e a fine mese arriva l'accordo con la Juventus – l'inizio della sua seconda giovinezza.

Pirlo, prima e dopo (getty)

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