Ricapitolando: il Milan non è ancora pronto. Questo ha detto la gara dell'Olimpico, insieme al fatto che il 3-4-2-1 messo in piedi da Inzaghi, che in campo aveva un solo nuovo acquisto rispetto allo scorso anno (Lucas Leiva), fa davvero paura per come copre gli spazi e per l'aggressività con cui si muove sincrono e armonioso. Non una novità: le capacità tattiche di Inzaghino erano note da tempo, e le garanzie che alcuni dei suoi ragazzi - Milinkovic, Immobile, de Vrij e Lulic su tutti - forniscono lo erano altrettanto. Ciò che sorprende, invece, è come si sia concesso all'avversario il Milan. Crollato psicologicamente, defunto tatticamente, in difficoltà tanto nell'uno contro uno quanto nel riuscire a far fronte alle folate offensive del duo Luis Alberto - Milinkovic, capaci di innescare un Immobile mai così efficace e proficuo: forse anche più della sua prima, strepitosa annata al Torino che gli valse lo sbarco nel calcio dei grandissimi. E, ironia della sorte, è curioso il fatto che il primo, spietato carnefice del Diavolo in stagione sia stato proprio colui che la dirigenza aveva individuato, sfumati Belotti, Morata e Aubameyang, come possibile alternativa a Kalinic, che però alla fine è costato molto meno rispetto a quanto, legittimamente, preteso da Lotito per il suo bomber.

E' evidente che al Milan qualcosa ancora non funzioni sotto il profilo dell'amalgama. Presi singolarmente, fatte alcune eccezioni, sia i calciatori acquistati che quelli confermati da Mirabelli e Fassone non sono inferiori ai loro avversari, ma evidentemente né il 4-3-3 né il centrocampo col doppio regista (Biglia-Montolivo) sono in grado, per il momento, di contenere avversari più tecnici di quelli affrontati sinora, in campionato come in Europa. Le soluzioni, in ogni caso, Montella ce le ha in casa: Romagnoli e Bonaventura, in primis, sono recuperati a pieno, e dal loro reintegro in squadra può arrivare la soluzione non ideale, ma quanto meno immediata, ai suoi problemi. Il passaggio alla difesa a 3 può servire a rendere Bonucci (scherzato ripetutamente, oggi) e Musacchio meno esposti, e l'avanzamento dei cursori difensivi può dare maggiore copertura ai centrocampisti che, in tal caso, potrebbero anche essere due (Biglia-Kessie). Davanti, però, vanno risolti una serie di dilemmi: bisognerà scegliere se giocare a 2, per dare spazio a Calhanoglu nel suo ruolo naturale (trequartista, da mezzala è assolutamente inutile) ed a due punte su tre. O, addirittura, su 4, se si considera che con questa impostazione Suso sarebbe out, e potrebbe riciclarsi solo da seconda punta. Oppure, meglio ancora, se confermare il tridente, schierando sempre Suso da ala destra con licenza di rientrare, e promuovere uno solo, tra Silva, Kalinic e Cutrone, nel ruolo di centravanti.

Montella avrebbe dovuto lavorarci nelle settimane scorse, ma l'assenza di Romagnoli non gli ha consentito di fare i test necessari a impostare la difesa a 3 in una squadra che, storicamente, l'ha sempre ripudiata, anche per via dei diktat presidenziali. Il futuro, però, in casa Milan è adesso. Serve prendere decisioni, anche scomode, per iniziare l'evoluzione vera di una squadra che dopo esser stata rivoltata come un calzino dal calciomercato deve dimostrare di essere in grado d'esser tale anche in campo. La fase dei viaggi miracolosi di Mirabelli e Fassone è finita già da un po', e tra pochi giorni saremo già oltre il 10% del cammino in campionato: se tra nove mesi questa squadra non sarà almeno quarta, il contraccolpo sarà devastante. Formalizzare le cose passate, e passare alle cose formali, non su carta ma sul campo, è ora una necessità. E senza guardarsi indietro. Lo sarebbe stata anche senza il cazzotto rimediato a Roma. Ma dopo aver preso una sberla del genere, la necessità s'è fatta urgenza. Forse meglio che sia arrivata così, subito, a freddo. Il calcio non aspetta nessuno. Neanche chi investe 250 milioni in una sola sessione.