Ancora Lotito: "Nel calcio si trovano i giocatori, gli allenatori, ma non i presidenti. La cosa più importante è avere un presidente-tifoso e non un tifoso-presidente, altrimenti si rischia quanto successo finora in tante squadre.


INZAGHI
- "E' una mia invenzione, l'ho portato nelle giovanili e ora sta dando i suoi frutti. Voi avete la capacità di attribuire il merito solo a una persona, ma non esistono maghi. Io riesco a fare le cose perché c'è un gruppo di lavoro: il direttore sportivo, per esempio, si è rivelato una delle persone più efficienti e capaci come avevo previsto. Il futuro di Inzaghi? Per ora ha un contratto con la Lazio, poi si vedrà”.

Prima la Supercoppa, poi un inizio di stagione che ha saputo regalare un 4-1 importantissimo contro il Milan: la stagione della Lazio è iniziata nel migliore dei modi, e al Corriere della Sera, Claudio Lotito ha spiegato di come la sua squadra, probabilmente, venga sottovalutata dai media. 

LA SCELTA INZAGHI - Simone ha qualità e quando ho puntato su di lui sapevo che sarebbe stato in grado di ottenere risultati. Tempo fa venne da me e si lamentò perché la Gazzetta non ci aveva messo fra le prime dieci. Sa cosa gli risposi? “Simo’ devi essere contento perché ci sottovalutano. Non si vincono gli scudetti stando sui giornali. E io lo so bene perché anche in ambito di politica sportiva sono piuttosto impopolare: Lotito dà fastidio perché è autonomo e indipendente. Lunedì si è parlato solo del crollo del Milan, non dell’impresa della Lazio”.

I MIEI GIOIELLI - “Luis Alberto non lo conosceva nessuno ed è stato una sorpresa. E poi Immobile, l’ho riscattato lo scorso anno a dieci milioni dal Siviglia quando in pochi credevano in lui. Ora vale molto di più. Senza parlare di Milinkovic-Savic che ha solo ventidue anni e diventerà un fenomeno".

IL CASO KEITA - “Io scelgo il tecnico ma poi lascio assoluta libertà d’azione. Tutti pensano che ci sia il mio zampino dietro l’esclusione dai convocati di Keita nella finale di Supercoppa contro la Juventus. Invece Simone mi chiamò quando ero in vacanza in montagna e mi disse di volerlo lasciar fuori dalla lista perché nei suoi occhi non vedeva furia agonistica. “Decidi tu”, gli dissi. Qui c’è una catena di comando cortissima: il sottoscritto, Tare e l’allenatore”.