Sono anni e anni, forse decenni, che il giochino della "griglia" di inizio campionato va avanti e si ripete, simile a sé stesso, come se fosse un mantra. E sono anni e anni che, in prima fila, davanti a tutti, staccata non di poco dagli altri, c'è la Juventus. Ed inevitabilmente, per esperienza, solidità societaria, manovre di mercato, blocco storico ed, ovviamente, rendimento recente. Questa volta, però, qualcosa potrebbe cambiare. O meglio, esser cambiato, silentemente, nel loop rovinoso d'un'estate che per i bianconeri - al netto di qualche eccellente colpo in entrata - ha portato sin da due settimane prima del solstizio di giugno diverse, piccole, tragedie. E' per questo motivo, e contestualmente alla crescita lineare, graduale, e altrettanto silente del Napoli che decide, legittimamente, di confermarsi in blocco, che per una volta, in posizione numero uno, a sorpresa, a nostro parere non è la Signora a partire. Paradossalmente un bene, per chi si trova dinanzi ad una stagione in cui neanche lo scudetto e l'ennesima finale Champions potrebbero bastare. 

#1 - Napoli. Già, perché questo può essere l'anno, più che degli azzurri, di Sarri. 
Il tecnico più preparato, oltre che immaginifico, del nostro calcio, che arrivato al culmine del triennio che aveva richiesto ai suoi tifosi, ed al suo Presidente, come ciclo ideale di realizzazione d'un percorso che è già arrivato a rendere la sua squadra la più bella del campionato. Non la più vincente, ovviamente, perché le due cose - soprattutto in Serie A - non sempre combaciano. Un Napoli che sostanzialmente non ha fatto mercato (al nettò d'un paio di correzioni di completamento, comunque utili e doverose), ed ha piuttosto preferito piuttosto ripartire dalle proprie, belle, convinzioni. Sarebbe servito, in realtà, anche un centrale difensivo più completo e giovane di Albiol e più maturo e continuo di Maksimovic, ma è evidente come esistano equilibri che alcuni tecnici preferiscano non alterare. Questione di punti di vista, che a posteriori si riveleranno giusti o sbagliati, ma che in questa sede - almeno per ora - preferiamo non commentare. La realtà delle cose, 30 anni dopo il primo ruggito nazionale di chiaro impatto maradoniano, è che - come scrivevo qualche giorno fa - è che questa squadra è non solo all'apice della sua crescita, ma anche pronta. Tanto a non incappare in ingenui passi falsi in Europa, quanto a tornare a digrignare i denti in Italia. E, soprattutto, non avrà bisogno del fisiologico tempo di assestamento che servirà alla Juventus per riprendersi sia dagli schiaffi di Bonucci, Dani Alves, Cardiff e Roma.

#2 - Juventus. Intendiamoci: meno di un mese fa scrissi che, nonostante due addii quasi impossibili, nell'immediatezza, da digerire, la squadra si era già allora rinforzata. Un concetto che ribadisco oggi, e ribadirò a maggior ragione tra quindici giorni, quando il mercato sarà chiuso, ed a Torino ci saranno diversi esuberi in meno ed almeno 2 rinforzi in più: uno, di certo, a centrocampo, e probabilmente anche uno in difesa e in attacco. Matuidi, anzitutto, per dare finalmente muscoli ed esperienza ad un centrocampo che evidentemente, contro avversarie di livello simile, non può reggersi sui soli, troppo statici, Khedira e Pjanic. Poi, probabilmente, Keita, ed uno tra Spinazzola ed un centrale. Tutti rincalzi, in ogni caso, visto che la priorità della Juventus è proprio il francese: l'uomo giusto, in ogni caso, seppur non sia quello che scalda i cuori dei tifosi, evidentemente scottati dalle tre finali perse su 4 negli ultimi 9 mesi: una media certo non estasiante, per Max Allegri, che dalla sua ha responsabilità solo limitate. E' riuscito a fare il massimo possibile, con una squadra che non aveva ancora una rosa di 20 giocatori di pari, e primissimo, livello, come le top 3 d'Europa. E' riuscito a far convivere Mandzukic, Pjanic, Dybala, Higuain ed uno tra Alves e Cuadrado facendoli rendere singolarmente benissimo, pur non innescando delle dinamiche di gioco prettamente spettacolari. Ha tenuto su buonissimi livelli i componenti del gruppo senatoriale, e contestualmente non ha mai escluso dal progetto i calciatori minori, che sono stati utilizzati con cadenzata sapienza. Ora, però, con un Bernardeschi ed un Douglas Costa in più nel motore offensivo, ed un Bonucci e un Alves in meno in quello difensivo, deve riuscire a portare definitivamente a compimento il suo progetto, perché ogni variazione tattica dal tema 4-2-3-1 andrà a creare scompensi e turbamenti potenzialmente letali, soprattutto a pochi mesi dal Mondiale. Anche per lui, peraltro, si tratterà probabilmente dell'ultima annata del ciclo: l'obiettivo, mai come quest'anno, è l'Europa. E questo, più degli altri anni, distrarrà la squadra da quel percorso ormai standardizzato, quasi routinario, che porta allo scudetto. Senza contare il fatto che mai come quest'anno la squadra - che evidentemente a maggior ragione lavora per arrivare al meglio a fine stagione - parte indietro, atleticamente, ed avrà bisogno di diverso tempo per adattare i nuovi arrivati a sé, e viceversa. Con una differenza, però, rispetto agli scorsi anni: quest'anno le rivali hanno i mezzi per non battere la fiacca, mentre la Juventus sonnecchia.

#3 - Roma. Se c'è una squadra che non va sottovalutata, nonostante qualche cessione di troppo, questa è proprio la Roma. Semplicemente perché ha mantenuto il suo asse portante Manolas - De Rossi - Nainggolan - Dzeko, entro fine mese sostituirà Salah con un'ala destra di livello (che però a questo punto difficilmente sarà Mahrez, visto che ancora oggi il Leicester non s'è smosso da quota 45 milioni), ha già incorporato i vari Kolarov, Under, Pellegrini, Defrel, Moreno e Gonalons, aspetta Florenzi e Karsdorp ma che, soprattutto, può contare su un allenatore che ha tutte le potenzialità per diventare un grande come Di Francesco. Il 4-3-3 del nuovo tecnico giallorosso potrebbe andare a depotenziare il rendimento sotto rete del Ninja, ma anche a rendere più efficace il lavoro degli esterni, che diventeranno il fulcro della manovra. Per numero e qualità, peraltro, la Roma è la squadra che ha maggior potenziale in questo ambito: il tutto, ovviamente, sommato alla qualità d'un reparto, il centrocampo, che rischia di essere il migliore della Serie A. Il problema sta nella mancanza di quei top player che spesso e volentieri risolvono situazioni difficili e partite: Dzeko difficilmente riuscirà a ripetersi, almeno in quanto a numero di gol, che però arriveranno comunque perché la squadra ha in canna diversi mini-bomber da 7-8 gol. E non scordiamoci di Alisson: lo scorso anno Szczesny ha giocato la sua miglior stagione in carriera, ma il brasiliano ha le potenzialità per non farlo rimpiangere.

#4 - Milan. Senza Bacca ma con Kalinic (le due operazioni verranno definite entro 48 ore), senza Paletta ma con Bonucci, senza Abate ma con Conti, senza De Sciglio ma con Rodriguez, senza Montolivo ma con Biglia (almeno quando e se l'argentino starà finalmente bene), senza Kucka ma con Kessie, senza Honda ma con Calhanoglu, (forse) senza Gomez ma con Musacchio. E ancora con Donnarumma, Romagnoli, Bonaventura e Suso. In attesa che André Silva diventi grande e che, dovesse partire anche uno tra Niang e Cutrone, anche un ultimo colpo in avanti serva a completare il reparto. Con Montella, finalmente soddisfatto, ed una tifoseria esaltata a margine d'una sessione in cui Mirabelli e Fassone l'hanno fatta da padroni. Basterebbe questo a definire i contorni del Milan che verrà, o che meglio già è, visto che parliamo di una delle poche squadre che ha già giocato partite ufficiali, e pur senza sussulti non ha sostanzialmente tradito. A questa squadra, però, serviranno almeno 2-3 mesi, prima di trovare la quadra, sia a livello di adattamento dei singoli che di ricettività delle idee del tecnico: un processo inevitabile, quando si chiude l'estate con un numero di arrivi a doppia cifra, ma che una volta compiuto consentirà al Milan di tornare in zona Champions. Anche perché, senza, si parlerà di fallimento non solo del progetto, ma anche di possibili, serie, ripercussioni a livello societario. Il Milan, sulla carta, però sarà squadra che tutti dovranno temere. E faranno bene.

#5 - Inter. L'Inter parte dietro. E non per (soli) demeriti propri. Anzi, visto che le rivali sono migliorate notevolmente, ed i soli arrivi di Dalbert (a nostro parere il miglior acquisto in assoluto, delle gestione simbiotica Sabatini-Ausilio), Borja, Vecino e Skriniar non sembrano poter colmare le lacune che già la squadra dello scorso anno aveva. La garanzia, invece, si chiama Spalletti: tecnico preparato, arrabbiato e voglioso di rivalsa, dopo un addio fraudolento da Roma e dalla Roma, e soprattutto in grado di ridare voglia e ridurre i periodi bui di Candreva e Perisic, scudieri ancora oggi ideali per Icardi, che mai come quest'anno è chiamato alla consacrazione. I problemi, al momento, riguardano semmai i rincalzi, tanto di quest'ultimo quanto della difesa, dove ad oggi un solo rinforzo potrebbe non bastare. Ma per una squadra che dovrà solo e necessariamente puntare al campionato, quel che già è stato fatto e che si farà da qui al 31, potrebbe anche bastare. 

#6 - Lazio. Trascinata da Immobile e Inzaghi, e ancora una volta senza innesti di spessore (quantomeno in quanto a cifre), la Lazio proseguirà il suo percorso. Che però stavolta partirà da una base solida, e che pur facendo a meno di Biglia (e Keita) troverà prontamente i loro eredi. Lucas Leiva, da questo punto di vista, è già collaudato, e lo stesso Murgia, eroe di SuperCoppa, si candida ad essere un'alternativa di pregio. Davanti molto dipenderà dalla conferma del bomber, ma anche da Caicedo. E, soprattutto, da Felipe Anderson, che ad oggi in rosa è l'unico in grado di dare il cambio di marcia alla manovra. Ha 24 anni, ora, il brasiliano, e deve dimostrare non solo di poter essere utile (cosa già dimostrata lo scorso anno, in cui s'è straordinariamente sacrificato, agendo addirittura, se necessario, da laterale) ma anche di diventare leader. Le carenze, comunque, anche in questo caso saranno nella difesa e nella panchina corta. Un handicap che però, se gli infortuni non dovessero martoriare la rosa come lo scorso anno, potrebbe avvertirsi meno.

#7 - Torino. Ovviamente, nel caso in cui dovesse restare Belotti, affermazione che ad oggi è veritiera per il 95, ma non ancora per il 100%. Il vuoto lasciato da  Benassi - ad una cifra sinceramente più bassa rispetto al valore ed all'età del ragazzo - potrebbe non essere colmata né da Donsah né da Rincon, che però garantiranno maggior filtro ad una squadra che lo scorso anno ha avuto problemi soprattutto dietro. Dove, però, alla lunga Mihajlovic potrebbe proporre una coppia (Bonifazi-Nkoulou) che non in tante possono permettersi. Il tutto senza dimenticare Sirigu, che non per età ed esperienza, ma per valore assoluto, è di certo più affidabile di Hart, e Berenguer che proverà a dar man forte ad una batteria di ali e trequartisti già funzionale eccome sia al 4-3-3 che al 4-2-3-1. Tutte soluzioni a favore di un allenatore che al secondo anno tende sempre a far meglio. E che, anche per questo motivo, mettiamo dinanzi anche all'Atalanta.

#8 - Atalanta. Un po' come il Sassuolo, nel recente passato, la Dea dovrà scontrarsi con una realtà (quella del turno infrasettimanale quasi fisso) che ne metterà alla dura prova lo scoppiettante entusiasmo sulle cui ali la Dea pochi mesi fa è diventata una delle regine del campionato. Il problema principale, a nostro parere, sta nel mercato: la speranza è che i sostituti possano essere all'altezza, ma ad oggi Conti, Kessie e Spinazzola (che alla fine andrà alla Juventus) non sono stati sostituiti, se non con dei prospetti di valore ancora da esprimere. Ed il peso che la loro dinamicità aveva nell'economia di gioco del 3-4-2-1 di Gasperini difficilmente sarà equilibrato dal plus che Ilicic, Cornelius e Orsolini offriranno in attacco, da alternative a Gomez, Kurtic e Petagna. 

A scalare, ovviamente, tutte le altre, con una Sampdoria che ancora deve farsi per 2/11, una Fiorentina che mai come quest'anno si ritroverà a fare i conti con una rivoluzione annunciata, il solito Genoa da ricostruire ed il Sassuolo che con o senza Falcinelli potrebbe cambiar volto. L'Udinese dei tanti, abituali, volti e nomi esotici, il Crotone dei miracoli da ripetere, le neopromosse da scoprire, il Bologna che deve rinascere e tutte le altre.

Di motivi per restare con il fiato sospeso da qui a 10 mesi, quindi, ce ne sono eccome. Fatelo col cuore, come sempre, e possibilmente insieme a noi. Non ve ne pentirete. Soprattutto stavolta.