Mentre Vincenzo Montella cerca risultati e bel gioco per salvare una panchina all’apparenza sempre più traballante, sono emerse varie ipotesi in merito a chi potrebbe sostituirlo alla guida del Milan. Tra queste una delle più affascinanti, per vari motivi, è quella legata al nome di Walter Mazzarri; il solo menzionare il tecnico di San Vincenzo ha generato e genera tuttora dibattiti tali, che sarebbe impossibile riportare tutte le sfumature che caratterizzano le posizioni di tifosi e addetti ai lavori.

In un recente articolo apparso su Fantagazzetta sono stati analizzati, con competenza e dovizia di particolari, i motivi per cui l’arrivo di Mazzarri sulla panchina rossonera avrebbe ampie possibilità di successo. Ma è possibile che si tratti di impressioni non del tutto rispondenti alla realtà dei fatti? A volte nel valutare l’operato del tecnico toscano ci si lascia influenzare dai risultati ottenuti con il Napoli, ma ci si dimentica di quanto accaduto prima, con la Sampdoria, e dopo, con Inter e Watford. Ecco il perché di una riflessione che proverà a offrire un punto di vista diverso, se non opposto, rispetto a quanto scritto altrove.

1) Mazzarri, la tattica e la composizione della rosa.

Vista la scelta di Montella di virare sulla difesa a tre, si potrebbe pensare che non esista allenatore migliore per proseguire il lavoro su un solco ormai tracciato. Mazzarri è un integralista del 3-5-2/3-4-2-1, che secondo molti si adatterebbe al meglio alla composizione della rosa rossonera; inoltre a Montella è stato rimproverato in più occasioni di aver variato troppo spesso moduli e uomini, fatto che con l’ex tecnico del Napoli non succederebbe mai: Mazzarri ama schierare praticamente sempre gli stessi giocatori e nelle stesse posizioni.

Il problema è però più ampio: la faraonica campagna acquisti rossonera ha generato equivoci tattici non da poco, con uomini che faticano a convivere, Çalhanoglu-Bonaventura su tutti, e altri che ancora non si sono calati appieno nella nuova realtà. Proseguire con la difesa a 3 renderebbe felice Bonucci, senza dubbio, ma non valorizzerebbe uomini come Suso, il più penalizzato dal cambio di modulo; inoltre Mazzarri manifesta una sorta di allergia per i registi (vedasi alla voce Cigarini), per cui non si capisce come potrebbe puntare su Biglia, uno degli acquisti di punta della scorsa estate.

2) Mazzarri e la gestione dello spogliatoio.

Non c’è dubbio, Walter Mazzarri è uno di quegli allenatori che mettono la grinta, la rabbia, la componente emotiva al primo posto. Non si tratta certo di un fine dicitore dal punto di vista tattico, né di un tecnico che porti avanti dettami complessi, da assimilare con lentezza; perciò da lui il Milan potrebbe aspettarsi quel cambiamento rapido, anche dal punto di vista motivazionale, che permetterebbe alla squadra di esprimersi ai massimi livelli. L’arrivo di Mazzarri comporterebbe una reazione nell’immediato, ma siamo sicuri che alla lunga il suo lavoro pagherebbe? Al Napoli, con i suoi fedelissimi, aveva certamente instaurato un ottimo rapporto; lo stesso non si può dire dell’Inter, dove oltre ad aver silurato tutti i reduci del triplete ha vissuto alti e bassi praticamente con l’intero spogliatoio. Anche al Watford non è andata benissimo: dopo un inizio promettente, con il passare dei mesi la squadra ha letteralmente smesso di seguire il tecnico, che non è stato confermato per l’anno successivo. C’è inoltre un ulteriore aspetto da considerare: Mazzarri ha mostrato difficoltà nel gestire giocatori dalla forte personalità, come Cassano - i rapporti tra i due sono terribili - ma anche Cambiasso, Guarin, Icardi; nel Milan troverebbe Bonucci, Biglia, Kessié, André Silva e tanti altri, compresi molti stranieri. E in uno spogliatoio composito e multietnico come quello dell’Inter ha già dimostrato di non trovarsi a suo agio.

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3) Mazzarri come mister Wolf, lui risolve problemi. O forse no.

Grazie alle esperienze con Sampdoria e Napoli il tecnico toscano ha guadagnato la fama di essere un autentico “raddrizzatore” di stagioni: presi i blucerchiati in difficoltà, li ha portati in Europa; arrivato alla guida dei partenopei quando si trovavano al 14º posto, li ha fatti tornare nelle zone alte della classifica. La magia non gli è riuscita all’Inter, visto che con i nerazzurri Mazzarri ha centrato un onesto 5º posto, ottenendo appena 6 punti in più rispetto al suo predecessore Stramaccioni. E al secondo anno con la Samp, non va dimenticato, arrivò un modestissimo piazzamento al 13º posto.

È evidente come Mazzarri offra garanzie nell’immediato, ma pochissime a lungo termine: potrebbe raddrizzare la stagione del Milan, ma è improbabile che possa ottenere molto più di una semplice qualificazione in Europa League. Anche se lui, come al solito, all’inizio dichiarerebbe di non avere obiettivi, in modo da non poterne poi ammettere il mancato raggiungimento.

4) Mazzarri e Fassone: e vissero felici e contenti.

Le precedenti esperienze a Napoli e Milano potrebbero risultare decisive per Walter Mazzarri: con Marco Fassone c’è stima reciproca, ed è il motivo per cui potrebbe avere la meglio sulla concorrenza per la panchina milanista; inoltre la dirigenza rossonera sembra sempre più in rotta con Montella, come testimoniano anche le recenti dichiarazioni di Mirabelli. Mazzarri è sempre stato un tecnico aziendalista, di quelli che piacciono a presidenti e dirigenti, almeno all’inizio; al netto di certe cadute di stile - vedasi l’infelice frase rivolta all’indirizzo di Massimo Moratti, con cui Mazzarri firmò in pratica il suo esonero dall’Inter - è un allenatore che cerca di rendere compatto l’ambiente e che non fa richieste eccessive per il mercato della squadra. Un gran lavoratore che ha, però, un difetto fondamentale: una imbarazzante difficoltà nella gestione della comunicazione. Un elemento che non passerebbe inosservato in una società come il Milan, che storicamente ha sempre prestato particolare attenzione a questo aspetto.

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5) Mazzarri e l’Inter: la voglia di rivalsa.

Un fatto è certo: per Mazzarri il Milan non sarebbe soltanto una grandissima occasione professionale, ma anche l’opportunità di rivalsa che aspetta dal 14 novembre 2014, quando fu esonerato dall’Inter dopo 11 partite, con il poco invidiabile score di 4 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte. La rivincita nei confronti della controparte nerazzurra gli fornirebbe motivazioni intense, feroci; ma basterebbe per reggere la pressione in una piazza come quella di Milano? Mazzarri ha già dimostrato di non essere in grado di gestire un ambiente come quello della città meneghina, pur con tutti i distinguo possibili Inter e Milan; tanto che, alla fin fine, l’impressione è che l’arrivo del toscano sulla panchina rossonera sia atteso, quasi invocato, più dai tifosi nerazzurri che dai loro cugini…