Chi ha visto Napoli-Inter, ieri, e l'ha derubricata in una mera prova di forza andata a male dei padroni di casa, scontratisi sul muro nerazzurro erto al San Paolo, ne fa probabilmente un'analisi troppo semplicistica. Perché l'Inter di Luciano Spalletti, anche quando la premiata ditta Perisic-Icardi non ha spazi di manovra, è qualcosa di diverso. Che va ritrovato, anzitutto, nella compattezza di squadra, nell'organizzazione difensiva, in tre individualità rivalutate ed in almeno una singolarità che le settimane stanno trasformando in una certezza assoluta, nonostante sinora sia stata un po' da tutti - da me in primis - sottovalutata. E gli ultimi tre nomi, per inciso, rispondono rispettivamente a quelli di Nagatomo, D'Ambrosio, Candreva e Skriniar. 

Mertens murato con naturalezza da Skriniar

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Prima di entrare nel merito, una considerazione di massima. L'Inter di uno-due anni fa, da de Boer a Mancini passando per Pioli e Vecchi, probabilmente nelle medesime condizioni avrebbero fatto peggio. Un dato anzitutto statistico: lo scorso anno nelle prime 9 giornate la squadra nerazzurra aveva 11 punti, a fronte dei 23 racimolati sinora. E, peraltro, subìto 12 gol a dispetto dei soli 5 incassati quest'anno. Con quattro quinti della linea difensiva titolare confermati (Nagatomo-D'Ambrosio-Miranda-Handanovic) ed un solo rinforzo, Skriniar, che è sì stato strapagato (23 milioni, 8 cash e 15 per la valutazione del cartellino di Caprari: comunque la metà di Bonucci) rispetto a quanto mostrato lo scorso anno a Genova, ma che sinora a conti fatti sta facendo la  differenza. Merito non solo suo, e di una insperata maturità raggiunta con ampio anticipo rispetto alle aspettative, ma anche del tecnico, che è riuscito a cambiare radicalmente non la difesa ma il modo di difendere della squadra che nel 2016-2017, contro un Napoli praticamente uguale a sé stesso, aveva perso 3-0 al San Paolo e 0-1 a San Siro.

Ma al di là delle migliorie oggettive realizzate in fase di copertura, Spalletti è anche l'artefice di una crescita straordinaria concretizzata, in tre mesi, sotto il profilo strettamente mentale. Non potrebbe essere diversamente, d'altra parte, per una squadra capace di vincere in quel modo il derby, e costruirsi un filotto di risultati positivi tale da arrivare praticamente a novembre senza sconfitte. Molte, certo, risicate, arrivate nel finale, e senza sussulti di particolare bel gioco o spettacolarizzazione degli eventi, ma neanche crudelmente sofferte. Tutti motivi per cui risulta superficiale, arrivati a ben oltre un quarto di campionato, minimizzare le prestazioni e la solidità di questa squadra, derubricandone il successo a semplice coincidenza, fortuna o chiusura a riccio nella sua area. Anche perché, al netto del gol fallito a tu per tu da Insigne contro Handanovic e delle ripetute, funzionali, chiusure su un Mertens mai così arruffone, ci sono anche un gol salvato sulla linea da Raul Albiol che non si può far finta di non aver visto ed almeno un paio di parate di Reina che oggi ci avrebbero fatto raccontare una storia diversa, una classifica diversa, ed una capolista diversa. 

Detto questo, non è che siano davvero tutte rose e fiori. Altrimenti si potrebbe parlare - e non ne parleremo - di Inter capace addirittura di insidiare Napoli e Juventus in quella che, da qui a un paio di mesi, sarà la vera lotta scudetto. Perché la mole di gioco che squadra come quella di Sarri e di Allegri sono capaci di creare non sono neanche lontanamente paragonabili a quella che anche la miglior Inter Spallettiana sarà capace di creare. Anche perché questa squadra, pur non avendo gli impegni europei, non ha ancora né le alternative delle altre, né tanto meno le potenzialità. E, soprattutto, incappa ancora in preoccupanti black out che - e questa, sì, è fortuna - solo per poco non vanno a rovinare le partite.

Skriniar stavolta perde palla ingenuamente sul pressing di Koulibaly

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Quando, per intenderci, sull'out destro difensivo proprio Skriniar regala ingenuamente palla sul pressing dell'avversario, il difensore slovacco deve ringraziare che quel cadeau sia stato fatto a Koulibaly e non a Insigne o Mertens. E' questo il motivo per cui, per quanto l'avvio sia stato eccellente, per questo ragazzo i 22 anni sembrano essere ancora un handicap che un allenatore sapiente come Spalletti riuscirà a breve a trasformare in risorsa. Una risorsa di primo piano, come Icardi, che ha tutti i mezzi per raggiungere l'abito del bomber implacabile che già vestono i vari Higuain, Mertens e Dzeko, che però a differenza sua giocano in squadre completamente votate all'attacco, e sopratutto capaci di servire il proprio vertice offensivo meglio di chiunque altra. Cosa che quest'Inter ancora non fa: non è un caso, d'altra parte, se i gol di Maurito siano arrivati in maniera molto disomogenea, rispetto ai suoi contendenti per il trono dei cannonieri di Serie A. Perché l'Inter ancora oggi è una squadra che non ce la fa ad attaccare per l'Intera partita, ma si "accontenta" di difendere bene, e affidarsi alle folate dei suoi esterni. L'inserimento di un cursore straordinario come Cancelo, la ricerca del trequartista ideale (Brozovic? Joao Mario? Vecino?) e l'allungamento della panchina completano infine il pacchetto dei problemi a cui un tattico ed un manager come Spalletti deve ancora metter mano. Solo poi parleremo di un'Inter capace di insidiare anche le squadre indicate ad occupare le primissime soluzioni. Nel frattempo ci teniamo una squadra che già oggi è la più convincente, in chiave quarto posto, andando ad affidare tranquillamente i primi tre, alla lunga, proprio a Napoli, Juventus e Roma. Più o meno in quest'ordine. Sempre a meno che non si scopra che la Lazio può fare ancora meglio di quanto stia facendo ora Inzaghi (e considerato quanto bene sta facendo Simone, appare sinceramente difficile), o che il Milan finalmente decida di darsi un'identità, anche a costo di dire addio, prematuramente, a Montella. La cui confusione mentale e tattica, al momento, ha generato una squadra incapace di guardarsi allo specchio, oltre che psicologicamente fragile. Tutte doti che invece Spalletti è già riuscito a regalare alla sua, di squadra. Onore al merito.