I tifosi della Sampdoria difficilmente potranno dimenticare quell’annata precipizio che caratterizzò la parabola discendente più amara della storia blucerchiata. Quando la prodezza di Cassano, sommata ai due goal di Pazzini, sembra regalare la qualificazione ai gironi di Champions League al Doria, in quella notte d’estate genovese nessuno immagina quello che da lì a nove mesi sarebbe capitato. La gestazione di una delusione indelebile.

I primi segnali si hanno quando Rosenberg e Pizarro, tra lo scadere dei novanta minuti regolamentari e il primo tempo supplementare, gelano il Marassi con due goal che consentono ai tedeschi del Werder Brema di qualificarsi a danno di una Samp generosa e battagliera, capace di ribaltare il 3-1 patito in Germania con un 3-0 costruito e difeso fino agli ultimi secondi di partita, prima del raggelante goal del Werder. Una conclusione deludente e difficile da digerire.

Quando il campionato 2010-2011 ha inizio, la Sampdoria non è di certo tra le squadre che devono pensare al salvarsi. Semmai resta tra quelle che dovranno contendersi un posto in Europa. Champions o Europa League, i doriani daranno l’assalto a una nuova impresa. L’unico modo per dimenticare quel 3-2 così intriso di illusioni e tristezza.

Dopo un inizio di tutto rispetto, vittoria in casa con la Lazio e pareggio a Torino con la Juventus, i blucerchiati danno l’impressione di poter competere nuovamente per le zone alte della classifica. Poco a poco, però, qualcosa sembra non funzionare come nell’annata precedente. Arrivano troppi pareggi e poche vittorie, in un girone d’andata in cui la Samp non brilla, ma regge una classifica tranquilla. Alla diciassettesima di andata arriva il derby della Lanterna. La Samp perde in casa col Genoa e da quel momento inizia una sorta di tracollo. La vittoria in casa con la Roma, anch’essa ancora scottata dalla delusione dello scudetto perduto nel campionato precedente proprio per mano della Samp, all’ultima di andata è solo un momento. Il girone di ritorno è un incubo. I doriani sembrano incapaci di vincere e collezionano una serie di sconfitte severissime che sono l’effetto di una società e di una gestione tecnica in piena crisi d’identità. La campagna acquisti e cessioni di gennaio lo testimonierà. Quando ormai la classifica decreta gli ultimi fuochi, la Samp si trova invischiata in una lotta per la salvezza che la vede in serio pericolo.

L’altra sponda, quella rossoblù, naviga in acque più serene. Quando Genoa e Sampdoria si ritrovano a fronteggiarsi nel derby di ritorno, mancano due giornate alla fine del campionato. Il Lecce nel pomeriggio ha battuto un Napoli quasi in Champions, con la testa già alla festa del San Paolo nel turno successivo, e nel posticipo genovese la Samp ha assoluto bisogno di punti. Il Genoa no. Ma è il derby e i tifosi genoani accarezzano il sogno di togliersi la sadica soddisfazione di assistere alla loro squadra che inguaia quella doriana.

La partita è di quelle che a definirle sentite sarebbe riduttivo. Il Genoa però è più tranquillo psicologicamente. Quando attacca è sempre pericoloso. Floro Flores trova il goal del vantaggio che consente ai suoi di andare negli spogliatoi sull’1-0. Al rientro in campo la Samp reagisce e pareggia con Pozzi. I blucerchiati credono di più alla vittoria e attaccano senza sosta. Al minuto 97, però, all’ultimo istante di un corposo recupero, Boselli, subentrato a gara in corsa, s’inventa un goal tanto bello quanto decisivo. Il 2-1 della vittoria fa esplodere di gioia il Marassi e spinge i doriani in un baratro che sembra l’epilogo nero di un incubo.

La retrocessione arriverà nella domenica successiva, quando il Palermo, neo finalista di Coppa Italia (che sarà poi vinta dall’Inter), batte i blucerchiati a Genova, sconfitti nuovamente per 2-1 (marcature di Miccoli, Biabiany e Pinilla), e spinge il Doria in una serie B che mai si sarebbe aspettata di aprire le porte a una squadra che nove mesi prima era arrivata a pochi istanti dai gironi di Champions League.

Di quella stagione doriana restano le immagini di Palombo, il capitano, che con grande senso di umiltà e con commozione, va a salutare i tifosi della Sampdoria chiedendo loro scusa. Il calcio ha una memoria cinica e imprevedibile. Rammenta la delusione anche nei momenti più impensati. 

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