Stai a vedere che adesso passa anche l’era di Raiola, e dei Raiola. Nessuna sorpresa, dopo lo show domestico a Montecarlo del procuratore italolandese, uno spettacolo maldestro che non ha convinto proprio nessuno, e che ha avuto il merito, per la prima volta, di unire sotto un fronte comune praticamente tutti: milanisti, non milanisti, tifosi, analisti, neutrali, appassionati, troppo appassionati. Signor Raiola - dice, scrive e twitta praticamente chiunque dalla mezzanotte di oggi - qui nessuno ha l’anello al naso. E se il discorso a cinque reti unificate dell’agente aveva lo scopo di umiliare qualcuno, è riuscito a farlo non con Mirabelli, con Fassone, o con chi si voglia di rossonero vestito, ma solo con se stesso. Perché umiliante e scricchiolante, più che per i bersagli, è lo specchio su cui Raiola, più alle strette di quanto non si aspettasse, tenta di arrampicarsi.

Del resto, è da qualche settimana che la sensazione che il gioco, per questa volta, non andasse secondo i piani di mister 500 milioni, iniziava a prendere forma. “Donnarumma deve scegliere fra Raiola e se stesso” twittavamo, non ieri, ma il 27 maggio scorso. Oggi, quasi un mese dopo, questa verità è palese: Fassone meno esplicitamente, la tifoseria organizzata più che esplicitamente con il comunicato della Sud di oggi, invitano Donnarumma a lasciare Raiola, e a far ripartire la sua favola con il Milan. Oggi sembra tutto chiaro, evidente, manicheo: ma è un bel po’ che la storia sembrava aver preso questa direzione. Specie perché l’unico che non ha parlato, l’unico che non si è espresso, l’unico a non aver detto alcunché che non potesse essere un bacio sulla maglia, continuiamo a sottolinearlo, è Gigio.

Chiariamoci: probabilmente Raiola,anche questa battaglia, la vincerà. Troppo in là si è andati, troppo oltre il punto di non ritorno, esattamente come progettava chi parlava di Gioconda, di lasciare il Milan mesi fa, e adesso lamenta clima ostile. Forse vincerà anche questa, Raiola. Ma questa indignazione, questa sollevazione popolare, sembrano averlo sorpreso. Stai a vedere che questa ciambella, confezionata anche senza un buco proprio riuscito, la porta a casa, ma la paura seria, è di aver chiuso con il calcio italiano. Anche così, con questo nervosismo, si può spiegare lo show di mezzanotte: maldestro, buffo, kafkiano. Mal riuscito. Una commedia talmente mal recitata da non convincere neanche il personaggio stesso. Che forse, con una certa ansia, vede le ultime pagine del copione rapidamente arrivare.

Un altro leit motiv, in questi giorni, prende piede più sommessamente, nel clamore. C’è chi lamenta, a Napoli, un maggior schieramento mediatico e d’opinione sulla brutta storia che la scelta di Donnarumma rappresenta, rispetto alla vicenda di Higuain, un anno fa. 

Pur con tutta l’empatia del mondo che provavamo (e proviamo) per i tifosi e opinionisti azzurri su una storia altrettanto brutta per i romantici, è un accostamento, quello tra Donnarumma e Higuain che troviamo risibile, e forzato, per almeno 10 buoni motivi, sperando che bastino. Partiamo dal più venale, il danno economico: Higuain ha fatto guadagnare al Napoli 100 milioni, Donnarumma, come Fassone ha candidamente ammesso, li ha fatti perdere. Higuain ha fatto la sua scelta, alla soglia dei 30 anni, dopo aver vinto un Supercoppa con il Napoli. Con lo stesso palmares, a 18 anni, la fretta di vincere Gigio appare, se non ingiustificata, un pelino prematura. Higuain è andato dai più odiati, per rimanerci 3-4 anni al massimo, Donnarumma…pure, con tutta probabilità, per rimanerci temiamo non solo 3-4 anni. Higuain non dovranno sorbirselo, i tifosi azzurri, nella propria Nazionale, per vent’anni: basterà cambiare canale quando c’è l’Argentina. Indi, a bomba: Higuain ha deluso una tifoseria, Donnarumma, o chi per lui, ha fatto male ad un Paese, ecco perché, trasversalmente, in maniera plebiscitaria, c’è stata un’onda di indignazione dell’Italia, non dei milanisti. Higuain avrebbe davanti a sé, con il Napoli, quei 3-4 anni di cui sopra, non 20, come Donnarumma. Higuain è la morte di un sogno ad uso e consumo di romantici, napoletani e romantici napoletani. Donnarumma è la morte di un progetto, una speranza, una filosofia, uno spirito non solo rossoneri, ma federali: perché veniteci a parlare, adesso, dell’importanza di “lavorare sui giovani”, “far crescere i giovani”, “pazienza con i giovani” e via discorrendo, ora che lavoro crescita e pazienza lasciano un grazie e un pugno di mosche. Anzi, un pugno di mosche senza grazie.  Indi, a bomba: Higuain è cresciuto nel River Plate, non nel Napoli. Donnarumma è cresciuto nel Milan, e il Milan ha fatto crescere Donnarumma: una sfumatura diversa magari le due storie ce l'hanno. Infine, il più basilare: Higuain, bandiera del Napoli, non lo sarebbe mai stata: non è avrebbe avuto militanza, età, nazionalità. Sì, siamo ingenui, stupidi, incantati, infantili: ma la prospettiva del diventare bandiera per decenni per due colori, non l’abbiamo sbattuta noi in faccia a Donnarumma, semmai il contrario. Per cui, amici napoletani, vi rispettiamo e vi rispetteremo sempre per lo squarcio emotivo che il caso Higuain rappresenta e rappresenterà nei vostri sentimenti. Ma facciamo che adesso basta così?