Te la ricordi, Gigio, quella notte di 10 anni fa? Certo che te la ricordi. Ci hai pensato chissà quante volte, in questi due lustri. Lustri di carriera che potevano essere scintillanti, estasianti, fatti magari non di ripetuti trionfi, ma di grandi soddisfazioni. E di baci, di abbracci, di coccole. Di bambini che si sono iscritti alle scuole calcio in tuo nome, con addosso quella tua maglietta, sempre di un paio di taglie più grandi. Perché, proprio com'era per te, quando esordisti ancora bambino in Serie A, "tanto poi cresce". Quante volte ci hai pensato, alla notte delle streghe. Quella in cui le tue pagine facebook, instagram e twitter sono state invase dalla ribelle, ma fisiologica, reazione d'un popolo intero, non solo rossonero, che aveva un'unica colpa: quella di credere ancora, e troppo ingenuamente, alle favole. Quelle che erano finite, in realtà, pochi giorni prima, con l'addio alla Roma di Francesco Totti: uno che alla sua sua squadra ha regalato non solo un carriera, ma anche una vita intera. Tu, invece, anche per via dei consigli sbagliati che hai accettato di seguire, a quella fede più volte decantata, ed a quella maglia più volte baciata e sudata, hai dato giusto le briciole. Un paio d'anni scarsi, quella della tua adolescenza: e nulla più. Mandasti il tuo agente, quel Mino lì che poi hai lasciato due anni più tardi, a fare le tue veci. Sino al ventre della casa rossonera, a dire no a 5 milioni all'anno, alla fascia di capitano della squadra che hai sempre tifato, ed all'eterna riconoscenza di un popolo. Che ama il calcio, che ama il Milan, ma che soprattutto è fatto di uomini, donne e bambini che dal calcio mica ricavano qualcosa. Solo emozioni. Come le tue. Quelle che provi adesso, che sei finalmente tornato in Italia, alle porte dei 30: in te ha creduto solo la Roma, che dopo il ritiro di Skorupski era alla ricerca d'un vice Alisson. Il corteggiamento al PSG, d'altra parte, è durato pochissimo: i ricchi francesi ti hanno lasciato a zero anche un anno prima della fine del tuo contratto, e tu adesso t'appresti a tornare in Italia. Il Paese che hai lasciato, nell'ormai lontano 2017, per andare a guadagnare quei famigerati 6 milioni e mezzo l'anno al Real Madrid. E dire che il Milan te ne aveva offerti ben 5: non pochi. E se ci ripensi adesso, che sei ormai un mattoncino come tutti gli altri che compongono il muro della storia ordinaria del calcio(mercato) europeo, forse valeva la pena accettarli. 

E, per una volta, la prima, dire "no" con voce ferma e convinta a quell'omone così deciso e abile, nel gestire le sue creature. Quale tu eri e sei stato per tanto, troppo tempo. Eppure non è riuscito a difenderti tanto bene, quando a febbraio del 2018 Zidane ti ha sbattuto in panchina. Te lo ricordi, Gigio? Certo che te lo ricordi. Era il 92' di Las Palmas - Real 0-0, quando quella tua uscita a vuoto, poi ribattuta in rete da Gabigol, è costata la seconda sconfitta stagionale ai Campioni d'Europa. Dopo quella papera Navas, che Sergio Ramos - che da quelle parti a differenza tua era un monumento - ha sempre preferito a te, è tornato in porta, tu sei andato in panchina, e da lì in poi hai iniziato a giocare solo in Copa del Rey. Troppo poco per convincere Ventura a chiamarti: d'altra parte, oltre a Buffon di cui si diceva un giorno avresti ereditato i galloni da titolare, in rosa l'Italia prima dei Mondiali ha avuto anche il lanciatissimo Meret. E per il ruolo di terzo portiere, a sorpresa, come già si rumoreggiava durante la sosta natalizia, Perin ha preso il tuo posto. 

Esattamente come aveva fatto, l'estate prima, al Milan, che messo spalle al muro ti aveva ceduto per soli 20 milioni più bonus a Perez, che stravedeva per te. Niente Mondiali, tante promesse, anche tante sirene di mercato: ma la prigione dorata di Madrid poi è proseguita. Perché quando l'anno dopo è arrivato Courtois per te le cose si sono messe davvero male. E' lì che hai chiesto e ottenuto di andar via, direzione Manchester City, dove Ederson aveva altrettanto clamorosamente floppato. Guardiola sembrava credere in te, e sino a prima del suo esonero le cose sembravano andare anche piuttosto bene. Ancelotti, che nel frattempo era diventato il nuovo CT azzurro, aveva ricominciato a parlare di te alla stampa, i dissapori con il popolo rossonero erano ormai stati riposti nel cassetto della memoria, e le tue ambizioni sembravano poter essere ripristinate. E invece, nulla da fare: a soli 21 anni, dopo l'addio di Guardiola e l'arrivo di Klopp sulla panchina del City, sei tornato ancora in panchina. Da lì in poi il contratto con gli inglesi, che era lungo sino al 2024, ti ha congelato la carriera: i prestiti al Southampton prima ed allo Zenit poi non hanno sortito gli effetti sperati. E solo l'intervento di Raiola, nell'estate 2023, è riuscito a farti trovare un contratto, l'ennesimo, multimilionario. Al PSG sei andato a guadagnare 4 milioni a stagione nonostante i recenti insuccessi, ma in 4 anni sei passato dalla vittoria della Ligue 1 da titolare alla panchina, con eccezionale regolarità. La tua ultima presenza in azzurro, lo ricorderai, risale a 2 anni fa: qualificazione ai Mondiali 2026, panchina a Vilnius. Ora, a 10 anni da quel secco no e dalla notte delle streghe, la Roma ha creduto nuovamente in te. Mister De Rossi, d'altra parte, ti aveva conosciuto in azzurro, quando ancora era un punto fermo di Ventura, e non ha esitato due volte ad indicarti come possibile dodicesimo. 

Un ormai ex, possibile, campione, da rilanciare, in una squadra alla ricerca di certezze. Domenica prossima, però, sarà il tuo giorno. Con Alisson squalificato, ironia della sorte, a San Siro toccherà proprio a te. Sugli spalti ci saranno migliaia dei ragazzi, oggi uomini, che 10 anni fa hai fatto piangere, arrabbiare, imprecare. A guardarti, in TV, milioni di adolescenti che, all'epoca bambini, pensavano potessi diventare il loro idolo. In campo, dall'altra parte del rettangolo verde, a farti da corrispettivo ma rivale, quel bimbo di nome Andrea Plizzari che hai lasciato, nel lontano 2017, a fare le tue veci nel cuore dei milanisti. Oggi ha 27 anni, uno solo meno di te, e pur non essendo mai diventato un fenomeno, è amato dai tifosi del Milan come nessun altro. Perché è rimasto al suo posto, ha fatto silenziosamente da vice a Perin, e quando lui, a 30 anni, è tornato al Genoa, ne ha preso silenziosamente il posto. Con orgoglio, coraggio e stima. Ma, soprattutto, fede. Quella che hai perso quel giorno, il giorno prima della notte delle streghe di 10 anni fa. E che oggi, a così tanto tempo di distanza, ti costa il boato di San Siro. Di uno stadio che, nel frattempo, senza di te, ha riassaporato il sapore dolce e zuccherino della Champions League vinta a Praga nel 2025 e dei due scudetti dell'era Gattuso. A cui darai la mano, così come a Plizzari, prima della partita più attesa. Milan-Roma, come ai vecchi tempi. Con Donnarumma in campo, il tuo ex agente Raiola sugli spalti a scrutare talenti, 60mila tifosi in festa, ed un solo portiere pronto ad essere osannato. Non tu, Gigio, non tu. Perché al cuor non si comanda.

Ma al richiamo dei soldi facili, delle vittorie premature e del giro del mondo, evidentemente, sì. Guardati intorno, domenica sera, e scruta gli occhi apparentemente indifferenti di quei 60mila. Leggerai nelle loro anime, e proverai a carpirne i sentimenti più reconditi e repressi. 

Già. Scoprirai facilmente che ti vogliono ancora bene, nonostante tutto, ma anche che non ti accetterebbero più. Come accade sempre negli amori più fraudolenti e travagliati, finiti con un tradimento, i cornuti in fondo in fondo sotto la rabbia nascondono sempre un barlume di tenera, sconfinata voglia. E sotto sotto, vedrai, una lacrimuccia la tirerai fuori anche tu. In fin dei conti, come diceva qualcuno, forse è vero che si tradisce solo ciò che si ama. Ma, di certo, non si può più amare ancora chi ti tradisce.