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Milano, 6 maggio 2016. L'allora allenatore dell'Inter, Roberto Mancini, conferma apertamente un'indiscrezione di mercato ormai sulla bocca di tutti: "Sì, sarà un nostro giocatore. Ha molto carattere, ci sarà d'aiuto". Un anno più tardi, tutto è cambiato. Lui, Mancini, è parte del passato nerazzurro. L'altro, Ever Banega, lo diventerà presto. Non ci sono dubbi: il richiamo di casa, l'Andalusìa, quella Siviglia che tanto gli ha dato nella sua vita privata e professionale. La città sta per riabbracciare uno dei suoi figli prediletti. Dodici mesi dopo un prolungamento mai voluto e cercato fino in fondo. Via a parametro zero, lo scenario peggiore per una società professionistica. Un anno in Italia tra luci (poche), ombre (troppe) e contraddizioni. Banega e l'Inter, un binomio contorto e sicuramente da raccontare.

L'estate scorsa, con lo sbarco dell'argentino a Milano, sulla dirigenza nerazzurra piovvero complimenti da tutte le parti. "Non mi pongo limiti, vogliamo centrare tutti gli obiettivi", le sue primissime parole. Operazione impeccabile: nemmeno un centesimo sborsato per il suo cartellino, concorrenza bruciata e triennale da 3 milioni a stagione al diretto interessato. Costi senza dubbio contenuti, per quello che veniva sin da subito definito come il "colpaccio" del mercato in Serie A. Ma, come purtroppo spesso accade, le attese superano di gran lunga quello che poi sarà l'effettivo rendimento sul rettangolo verde. E, nel caso specifico, non ci è voluto molto per capire che, da elemento in grado di "fare la differenza", forse era il caso di spostare il radar verso la più prudente etichetta di "buon giocatore". E nulla più. Nonostante un curriculum invidiabile, condito dalla deliziosa e (per certi versi) clamorosa doppietta nelle ultime due edizioni dell'Europa League


I fatti, però, non mentono. E anche (soprattutto?) l'analisi fantacalcistica ci è molto d'aiuto in questo ragionamento double face: 28 apparizioni in campionato, 6 gol, 7 assist, 2 ammonizioni, 1 espulsione, media-voto del 6.19. Cifre che, all'apparenza, raccontano una storia ben diversa rispetto a quella che l'utente si aspetterebbe di leggere. Ma tra le righe c'è la reale chiave di lettura dell'ultima stagione dello specialista di Rosario. Un solo picco da fenomeno, la tripletta (la prima in carriera) all'Atalanta nel 7-1 dello corso 12 marzo (20 come fanta-voto complessivo). Probabilmente 90 minuti decisivi nel computo di una fanta-media finale (7.10) di tutto rispetto. Prima e dopo quel magico pomeriggio, tuttavia, poche altre gioie: insufficienze a iosa (ben otto), qualche panchina di troppo 'regalatagli' da Pioli e il leitmotiv della discontinuità difficile da pronosticare a inizio stagione. Quante volte avrete pensato, prima dell'asta estiva, frasi del tipo "Banega sarà il top player del mio centrocampo", "Sono pronto a investire buona parte del budget per averlo", et similia? A conti fatti, e a bocce ferme, per lui è stata persino l'annata più prolifica in termini di +3, Ma per la causa Inter ha spostato pochissimo gli equilibri.

Ecco perché sarà proprio El Tanguito il primo dei sacrificati per racimolare quei benedetti 20 milioni di euro entro il 30 giugno, così da mettersi in pari con i vincoli imposti dalla UEFA in seguito al "Settlement Agreement" del 2015. Il Siviglia sborserà 9 milioni di euro per riprenderselo, plusvalenza da stropicciarsi gli occhi per le casse nerazzurre. Un anno più tardi, forse l'unica vera perla regalata da Banega all'Inter.