Quando, a metà del secondo tempo di Napoli-Juventus, Mertens s'è trovato fortunosamente da solo davanti a Buffon, per via di un pallone regalatogli dalla difesa avversaria, sembrava essersi chiuso il sipario su di una rimonta che stava per mandare in fibrillazione un intero popolo. E invece, il tocco del belga in scivolata ha iniziato a rotolare impietosamente verso l'esterno, e quando lo stesso Mertens lo ha rincorso a perdifiato, nella speranza di aggiustare una traiettoria nata male, ci si è messo il palo, di mezzo, a dire no ad una storia che già sembrava scritta.

E invece no, quella squadra lì è un muro di gomma. Gestisce, va in vantaggio, quasi sempre tiene duro fino alla fine, e se - come successo oggi al San Paolo - gli avversari la rincorrono e trovano il pareggio, riesce a tener botta fino alla fine. Anche quando una sconfitta, gioco e occasioni alla mano, sembrava il risultato più giusto ed, apparentemente, più prevedibile.

Ha giocato bene, il Napoli, contro la Juventus. Ha fatto il suo, è riuscito più volta a mettere in difficoltà (ed, in alcune occasioni, addirittura in imbarazzo) una difesa storicamente impeccabile, e più d'una volta s'è ritrovato vis-a-vis con la vittoria. Un risultato che certo non avrebbe penalizzato la Juventus, che in attesa del virtuale ritorno di Coppa, era sbarcata al San Paolo con l'incontenibile voglia di fare la sua partita. 'Sua', per inciso: ovvero pragmatica, cinica, fredda. Non a caso giocata con un 4-3-1-2 di cui praticamente s'erano perse le tracce da tempo: eppure, pur senza il miglior Dybala e lo sfortunatissimo Pjaca, se Allegri avesse voluto giocarsela a prescindere, avrebbe potuto comunque schierare l'ormai consueto 4-2-3-1. A maggior ragione visto che Pjanic, da trequartista, non ha tradito. Certo, proporre l'intero poker di tenori dall'inizio avrebbe lasciato ben poche alternative in panchina, ma probabilmente avrebbe anche incusso un minimo di timore reverenziali nei confronti d'una squadra che l'ha sempre sofferta, come il Napoli stesso.

Niente da fare, la Juventus tiene: ed ha tenuto. Anche in un piccolo fortino, come quello azzurro, e nell'ultima gara davvero difficile della sua facile stagione. Da qui alla fine mancano solo Chievo in casa, Pescara fuori, Genoa in casa, Atalanta fuori, derby in casa, ed, alla 36a, Roma fuori. Quando però le partite che mancheranno alla fine saranno solo due, e se anche i bianconeri riuscissero a mantenere l'attuale vantaggio (6 punti sulla seconda) potrebbero addirittura permettersi di perdere. Tutta manna dal cielo, per chi piuttosto, da ora in avanti, pensa legittimamente di lavorare, anche mentalmente, su un'altra competizione, ben più difficile, come la Champions.

Farà bene, invece, a guardarsi alle spalle il Napoli, che domenica prossima sarà all'Olimpico per difendere un piazzamento Champions sinora di fatto senza concorrenti. Ma che, se quest'arrembante Lazio dovesse svegliarsi anche negli scontri diretti, per la prima volta sarebbe a rischio.

Con una vittoria nel prossimo turno i biancocelesti andrebbero solo a -1: ed a quel punto quanto meno, pur avendo già archiviato la pratica scudetto, assisteremmo ad una lotta Champions più che agguerrita, visto che l'Inter, attesa domani dalla conferma contro la Samp, deve ancora sfidare nei rispettivi scontri diretti entrambe. Chi invece sembra aver definitivamente perso l'impeto e la rincorsa europea è il Milan, ricascato nei soliti errori di sufficienza che avevano angustiato la sua parte centrale di campionato. Chi vuole provare a raggiungere l'EL non può permettersi passi falsi contro le cosiddette piccole: a maggior ragione se dinanzi c'è una squadra già virtualmente retrocessa, con una difesa di burro, che ormai difende solo la propria dignità, considerato che ha ritrovato un punto proprio nella giornata in cui la terzultima, il Crotone, riesce anche piuttosto clamorosamente a sbancare il Bentegodi. Sarà allora solo questione di dettagli, e di calendario, da qui alla fine. La differenza, in molti casi, la faranno le sfide contro le squadre senza obiettivi: e mai come quest'anno, in verità, agli albori di aprile ce ne sono a dismisura. Tra queste anche il Genoa, che si salverà solo per i demeriti altrui, e mai come oggi umiliato da chi è stato mandato via meno di un anno fa ed a Bergamo ha riscoperto il suo calcio, ed una voglia infinita di far bene che sul campo è riuscito a tramutare il gioco mediante una armonica e scanzonata batteria di giovani e giovanissimi. Che se dovesse riuscire ad andare in Europa a scapito delle milanesi e della Fiorentina, coronerebbe un percorso che più bello non si può: forse potrà esser proprio questo, l'unico, romantico, motivo - al netto dei gol alla Conti - per cui continuare a vedere questa, ennesima, scontata, Serie A 2016-2017.