Più o meno un anno fa parlavamo, e a ragione, della tardiva esplosione di Leonardo Pavoletti. L'attaccante, classe 1988, stava finalmente mostrando doti e gol in Serie A, candidandosi a un posto nella lista (da Toni e Dario Hübner) dei bomber esplosi dopo i 25 anni. “Pavoloso” si era già imposto come attaccante di categoria, segnando tanto nel Lanciano in Lega Pro e nel Varese in Serie B, per poi arrivare a guadagnarsi un posto da titolare nel Genoa. Centimetri, pieni discreti, titolarità: chi l'aveva comprato al fanta, pagandolo verosimilmente poco, s'era assicurato uno dei colpacci dell'anno. Chi l'aveva comprato, però, aveva anche avuto modo di notare una sua peculiarità: una tendenza all'infortunio che, pur non raggiungendo i livelli del Pato dei tempi migliori, era comunque poco rassicurante.

Fatto sta che l'estate scorsa si parlava di Pavoletti anche per la nazionale. E intanto Preziosi poteva contare su una buona dote di gol e assist per giustificare il prezzo scritto sul cartellino: il presidente genoano chiedeva fino a 25 milioni. Molti, forse troppi, e il centravanti rimase sotto la Lanterna nonostante i tanti sondaggi. Fra questi, sicuramente quello del Napoli. La società di De Laurentiis stava attraversando una fase di grandi cambiamenti, anche grazie al fiume di milioni derivato dalla cessione di Higuain alla Juventus. 90 milioni, per esser eprecisi, che furono subito spesi per coprire, a conti fatti, gli acquisti di Zielinski, Maksimovic, Diawara e Milik. Per tanto tempo, poi, s'era parlato di un addio di Manolo Gabbiadini e l'acquisto di un attaccante con caratteristiche più utili al gioco di Sarri. E invece la tripletta segnata dall'ex Samp nell'amichevole contro il Monaco convinse la dirigenza napoletana a dargli una seconda chance. E Pavoletti restò un pour parler. Con il passare dei mesi, però, la linea fra Napoli e Genova continuò ad essere percorsa dalle telefonate, soprattutto dopo l'infortunio di Milik e per l'addio imminente di Gabbiadini. Un matrimonio che si doveva fare, e che s'è fatto a gennaio: al Genoa 18 milioni.

18 milioni che oggi cercano una giustificazione. A gennaio il Napoli, già orfano da mesi di Milik, sapeva benissimo di poter contare pienamente su Dries Mertens nel ruolo di centravanti: trovati nuovi equilibri, sembrava superfluo pensare a mettere nuovi centimetri nelle aree avversarie, soprattutto in corrispondenza dell'imminente rientro del polacco. Da considerare, poi, la cifra commisurata all'acquisto: 18 milioni per un attaccante di 28 anni che veniva, certo, da una buona stagione in A, ma che era pure stata la sua unica buona stagione in A. E che, nonostante i 14 gol e i 3 assist (buoni numeri, ma non straordinari), si era fatto notare anche per i tanti infortuni, passando ben nove giornate fuori per problemi muscolari. E nel campionato in corso? Più o meno lo stesso: fermato per nove giornate da due infortuni durante i primi mesi dell'anno, a Genova, e utilizzato con il contagocce da Sarri all'inizio della sua esperienza napoletana. Il gol in azzurro non è ancora arrivato, ma quello che forse preoccupa di più è il fatto che sembri ancora fuori dagli schemi, poco inserito e, attualmente, poco inseribile.  

L'errore, però, sembra essere a monte: perché, nonostante i tanti punti di cui si può discutere, Pavoletti ha delle indiscusse qualità. E se non riesce a metterle in mostra è anche perché entrare in corsa in una squadra così rodata e con un allenatore così metodico sarebbe complicato per chiunque: bisogna studiare, non ci si può improvvisare. Insomma, si ritorna agli errori societari delle origini: a quella cessione di Gabbiadini, che doveva avvenire in estate, per poi lanciarsi su un altro centravanti da portare in squadra ad agosto - magari, proprio Pavoletti. Che intanto si allena, studia e magari si prepara a stupire tutti. Compresi quei fantallenatori che l'hanno rinnegato e che, magari, ad agosto si ritroveranno a fare carte false per comprarlo.