Camp Nou, Barçelona, 8 marzo 2017, minuto 95. L’arbitro tedesco Aytekin è già col fischietto in bocca, la palla è fuori l’area del Psg sui piedi di Neymar junior. Una finta, poi lo sguardo al centro, lob di sinistro a scavalcare il muro francese e dalle retrovie, in estirada, ecco l’eroe che non ti aspetti: Sergi Roberto Carnicer, al secolo Sergi Roberto. Un gol che vale qualificazione e la gloria perenne. E' 6-1, è la storia.

Per molti il suo nome non avrà detto nulla fino alla remuntada, eppure Sergi Roberto è tutt’altro che uno sconosciuto e la sua storia è tanto curiosa quanto affascinante. Classe ’92 nato a Reus, nella provincia di Tarragona, Sergi viene prelevato appena 15enne dal Barcelona, diventando in poco tempo uno dei giovani più promettenti dell'intero panorama europeo.

Sergi Roberto da Reus, Tarragona (Getty)

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Grandi doti di palleggio e una buona prestanza fisica lo rendono il mediano perfetto, ruolo che infatti interpreta per tutta la prima parte della sua carriera. Si mette in mostra nel Barcellona B, seconda squadra della città, dove gioca dal 2009 al 2013 segnando anche 7 reti in 109 partite, con in panchina un allenatore che sarà nel suo destino: Luis Enrique. Una squadra ricca di potenziali campioni, dal neo milanista Deulofeu a Rafinha, passando per Grimaldo, Tello e Thiago Alcantara.

Il 10 novembre 2010 arriva il giorno tanto atteso: il debutto ufficiale con la prima squadra, contro il Ceuta, 5-1 per i blaugrana. Sembra l'inizio di una carriera folgorante, ma Sergi non riesce a conquistare lo spazio che merita, chiuso da un centrocampo stellare: Busquets, Xavi, Iniesta, poi Thiago Alcantara e Fabregas. Un esplosione di talento che farà anche la fortuna della nazionale spagnola, vincendo 2 Europei e un Mondiale dal 2008 al 2012.

Nel 2015 Sergi pensa seriamente di lasciare il club dopo l’acquisto di Rakitic dal Siviglia, ma qui arriva la svolta: è Luis Enrique a parlargli, suo mentore dai tempi delle giovanili, subentrato l’anno precedente a Gerardo Martino: “Ho fiducia in te. La tua occasione arriverà”. Poche parole che lo convincono all’istante.

Il caso ci mette lo zampino: il Barcellona subisce il divieto di effettuare trasferimenti fino al 2015, per irregolarità nell’acquisto di alcuni giovani; il tecnico asturiano si trova con un solo esterno destro di ruolo, Dani Alves, già trentunenne. "Te la senti di giocare lì?". Sergi sfrutta in pieno la sua duttilità tattica, abbassa il raggio d’azione e dà prova di grande sacrificio, consentendo al brasiliano di rifiatare. Il Barcellona si convince a tal punto delle doti del prodotto della Masia, da non considerare prioritario il rinnovo di Dani Alves (che infatti l'anno successivo va alla Juve). La metamorfosi è completa.

“Soltanto un ragazzo dotato di grande intelligenza come lui poteva fare il terzino a quel livello. Sembra che giochi lì da quando era un bambino”, dice Luis Enrique. La fascia destra ormai è sua, anche dopo l'acquisto di Aleix Vidal (17 milioni di euro), un giocatore che al Siviglia era praticamente devastante. Per Luis resta una riserva, il posto ormai è di Sergi da Reus, la duttilità fatta persona, un camaleonte del rettangolo di gioco.

Il resto è storia nota: 35 partite e 5 assist in questa stagione, fino alla notte dell’8 marzo e l'ingresso al posto di Rafinha al minuto 76. Poi la punizione di Neymar (4-1), il rigore trasformato (5-1) e quel cross di sinistro proprio per il canterano e la sua spaccata da leggenda. Per la gioia di Messi, dei 96mila del Camp Nou e soprattutto di Luis Enrique.
Uno che mai e poi mai avrebbe permesso a Sergi di lasciare il porto di Barcellona.