Nota bene: questo articolo è una rielaborazione, aggiornata e riveduta, di un pezzo di circa un mese fa che serviva a dimostrare, numeri alla mano, la tesi di fondo. Che, completati i recuperi di campionato, viene adesso corroborata a maggior ragione. Da allora, difatti, non sono si sono giocate diverse giornate, ma si è anche conclusa la sessione di mercato. Tutte informazioni utili, che hanno completato un'analisi che, a questo punto, appare definita in molti altri suoi termini.

Genoa 25 punti,

Empoli 22,

Palermo 14,

Crotone 13,

Pescara 6 (+3 a tavolino).

Totale ultime tre: 33 punti.

Questa è, al termine della 24a giornata, e giocati tutti i recuperi di febbraio, la parte terminale della classifica in Serie A. Giunti a questo punto, quindi, il gap teorico che separa la prima delle virtualmente salve dalla prima delle retrocesse è di 8 punti. Una situazione più cristallizzata rispetto allo scorso anno, arrivati sempre a questo punto della stagione. Quando, sempre dopo la 24esima, la graduatoria recitava:

Genoa 25,

Sampdoria 24,

Carpi 19,

Frosinone 19,

Verona 15.

Totale ultime tre: 53 punti.

A fine anno, ovviamente, le ultime tre retrocedettero. Così come oggi, a metà febbraio, appare improbabile che, a tornare in B, non siano Crotone, Palermo e Pescara. E passiamo al 2014-2015. Dove, per comodità, per omogeneità rispetto ai risultati maturati sul campo che utilizziamo in questi confronti, azzeriamo la penalità che venne all'epoca applicata al Parma sull'orlo del fallimento societario. Sempre alla 24esima, avevamo:

Chievo 24,

Atalanta 23,

Cagliari 20,

Cesena 16,

Parma 14.

Totale ultime tre: 50 punti.


Altro dato numerico, utile a rinforzare la teoria di fondo di quest'analisi. Nel campionato 2014-2015 (al termine del quale scesero in B, appunto, le ultime 3 classifica, a questo punto del campionato) Cagliari, Cesena e Parma, giunte sempre a questo punto, avevano subito 139 gol. L'anno successivo Carpi, Frosinone e Verona ne subirono 127. Quest'anno, calcolando i 2 che il Sassuolo ha realizzato, sul campo, agli abruzzesi all'andata, siamo già arrivati a quota 144. Una menzione speciale la merita, sicuramente, il Pescara: i biancazzurri sono l'unica squadra d'Europa, all'interno del 'giro' dei campionati maggiori, a non aver ancora vinto una partita sul campo. Sconfortante.

Tutti dati che abbiamo voluto riassumere in uno schema riassuntivo, di modo da rendicontare non il valore assoluto dei freddi numeri, ma più che altro il trend.   

STAGIONE

GAP PUNTI TERZULTIMA / QUARTULTIMA

TOTALE PUNTI ULTIME 3 

TOTALE GOL SUBITI ULTIME 3

PUNTI ULTIMA IN CLASSIFICA

2014-201535013914
2015-201655312715
2016-20178331446

 

Un trend che, statisticamente, è evidente, e che denota un dato: questa è l'annata peggiore, in quanto a competitività della Serie A, delle ultime. Col passare delle stagioni si è ampliato a vista d'occhio il gap, tecnico, ma anche finanziario, tra le squadre che occupano le posizioni 18, 19 e 20, e chi sta dinanzi a loro. Nella stagione in corso è aumentato non solo il gap tra terza e quartultima, ma soprattutto è diminuto in maniera surreale il volume di punti complessivi maturati dalle squadre in maggiore difficoltà. Che, ad oggi, producono in media di 33:3=11 punti a testa. Meno di 0.5 a giornata. Impietosa anche la valorizzazione dei gol segnati: nel 2014-2015 le ultime tre a questo punto ne avevano realizzati 75; un anno dopo 67; al momento Palermo, Pescara e Crotone sono a quota 59. D'altra parte, volendo con un virtuosismo prettamente "fantacalcistico" andare a selezionare la TOP 11 che verrebbe fuori dalla lavorazione delle intere tre rose, il meglio che riusciremmo a tirar fuori, probabilmente, sarebbe questo

(4-3-3): Cordaz; Rosi, Ceccherini, Ferrari, Rispoli; Stoian, Jajalo, Benali; Caprari, Nestorovski, Falcinelli.

Un 'gioco' dei nomi che, volendo esser applicato anche alle scorse due stagioni, tirerebbe fuori, per il 2014-2015:

(4-3-3): Mirante; Cassani, Paletta, Rossettini, Avelar; Jose Mauri, Donsah, Cascione; Ibarbo, Defrel, Cassano.

E che, sviluppato anche al 2015-2016, 'regalerebbe' un:

(4-3-3): Leali; Romulo, Blanchard, Marquez, Letizia; Verdi, Hallfredsson, Ionita; Borriello, Lasagna, Toni.

Anche qui, poche parole a corredo. Il valore tecnico delle rose delle ultime tre, in questa stagione, è notevolmente inferiore a quello delle proprie corrispettive degli ultimi anni. E non è un caso se, a rinforzare questa considerazione, è arrivata anche una sessione di mercato di riparazione che, in buona sostanza, si riassume in questi nomi:

Acosty e Kotnik (Crotone);

Bovo, Cerri, Cubas, Gilardino, Stendardo, Muntari, Kastanos (Pescara)

S. Silva, Sunjic (Palermo).

Al netto del loro valore tecnico - molti sono giovanissimi, gli altri sono calciatori a fine carriera - in molti casi ancora tutto da valutare, parliamo di un totale di 11 operazioni in entrata. Lo scorso anno, invece, le ultime tre acquistarono, a gennaio, 25 calciatori. Due anni fa erano 17.

Un insieme di segnali semplicemente allarmanti, che dovrebbe essere immediatamente recepito dai vertici del calcio: il format a 20 squadre deciso nel 2004, anche a seguito del compromesso trovato con le squadre di B turbate dal caso Catania del 2003, sta per fallire definitivamente. E miseramente.

Carlo Tavecchio, dalla sua, ne parlava ormai da due anni: qualche giorno fa, però, ha definitivamente gettato la spugna ("E' un'utopia riportare la Serie A a 18 squadre"). Pur consapevoli dei suoi tanti difetti, non gliene facciamo una colpa. Troppi sono gli interessi, soprattutto televisivi, che si fondano sull'aumento del numero di partecipanti, e che giustamente andrebbero a osteggiare il ritorno al campionato a 18, se non addirittura a 16. Un problema, quello della competitività del torneo a 20, di cui si soffre, e non poco, anche in Spagna, dove similmente alla Serie A oggi ci sono tre squadre - Sporting Gijon, Granada e Osasuna - già virtualmente condannate, perché non all'altezza, sotto più punti di vista, delle altre. Il discorso cambia se invece ci spostiamo nel terzo grande campionato a 20 squadre, ovvero la Premier, dove non solo la distanza che separa terzultima e quartultima è più ridotto rispetto a Serie A e Liga, ma in cui la somma punti delle squadre che chiudono la classifica è di molto superiore alle altre. E dove, non a caso, per intenderci, la spartizione dei profitti ed i fatturati non sono paragonabili a quelli delle altre leghe. Date un'occhiata qui.




CAMPIONATO SQUADRAPOSIZIONE IN CLASSIFICAINVESTIMENTI ESTATE 2016INVESTIMENTI INVERNO 2017
PremierHull City18°30 milioni €19.1milioni €
Premier  
Crystal Palace19°73.5 milioni €40.7milioni €
Premier  
Sunderland20°37.5 milioni €10  milioni €
LigaS. Gijon18°1 milioni €0milioni €
  Liga  
Granada19°11.5 milioni €2.8milioni €
  Liga  
Osasuna20°2.2 milioni €0milioni €
Serie APalermo18°8.3 milioni €0.8milioni €
Serie ACrotone19°5.3 milioni €0.6 milioni €
Serie APescara20°11.7milioni €0.25milioni €

Parlavamo di trend, ed anche qui dobbiamo inchinarci dinanzi ai numeri. Il solo Sunderland, in estate, ha speso quanto le ultime tre di Liga e le ultime tre di A messe insieme: ed ora è ultimo in Premier. Dove è, però, a soli 2 punti - ! - dalla salvezza. L'Hull, per dirne una, ha preso (e sta peraltro valorizzando), un calciatore il cui ingaggio la nostra Serie A non poteva in alcun modo permettersi, Ranocchia. Il modello inglese, però, è un paragone eccessivamente azzardato. Detto ciò, noi - e gli spagnoli - faremmo bene a guardarci in casa nostra. Dove, per intenderci, potremmo vedere la fine, anche matematica, della lotta salvezza già tra qualche settimana. Non ci credete?  

SQUADRAMEDIA PUNTI A PARTITAPROIEZIONE: 30A GIORNATAPROIEZIONE: 38A GIORNATA
Empoli0.922835
Palermo0.581722
Crotone0.541621
Pescara0.258 (11 contando il +3 a tavolino)10 (13 contando il +3 a tavolino)


Qui le sensazioni sono ulteriormente amplificate dai numeri. Considerando che la media punti del Pescara, per ovvi motivi, è stata calcolata senza considerare la vittoria a tavolino contro il Sassuolo - il dato analitico, altrimenti, non avrebbe fondamento sportivo - e soprattutto che ogni proiezione è stata calcolata per eccesso (!), l'effetto è impietoso. La prima retrocessione, difatti, potrebbe addirittura esser sancita matematicamente ad aprile: per fare un paragone, il Verona dello scorso anno, che vinse la sua prima gara in campionato solo a febbraio, venne condannato anche dai numeri solo a 3 turni dalla fine.

I numeri sono sempre utili, se spesi e analizzati bene, ma non sono tutto. La percezione che ormai, al netto di un approccio più romantico e, volendo, favolistico, ci siano squadre ancora non in grado di competere con le altre, nel massimo campionato italiano, è immediatamente percettibile. La cristallizzazione della parte conclusiva della classifica, d'altra parte, produce anche una sensibile diminuzione della spettacolarità di cui spesso ci lamentiamo, e che ricerchiamo, inevitabilmente, altrove.

Ci sono molte cose che non funzionano, nel pallone di casa nostra. Una di queste è la scelta del format. Che costringe ormai da troppi anni a decine di partite assolutamente inutili, nelle seconda parte di stagione, se non a riempire centinaia di ore televisive, peraltro spalmate dal venerdi al martedi, e ad esporsi a futili rischi legati alla potenziale commistione con un mondo, quello del calcio-scommesse, che dovremmo fare tutto il possibile per scongiurare, anche solo in linea teorica. Ultima, ma non meno importante, la necessità di iniziare a ridurre il volume complessivo delle partite giocate dai calciatori: una delle poche cose importanti, da iniziare a rivedere, enunciate dal buon van Basten nella sua riforma ideale del calcio consiste appunto nel taglio di almeno di una decina di gare all'anno per i top-player. E andare a riportare a 18 squadre il nostro campionato ne inizierebbe ad eliminare 4: una buonissima base di partenza, visto che su questo punto in molti convergono senza dubbio alcuno.

Basterà? Ovviamente, no. Ancora per molti anni dovremo sorbirci una seconda metà di campionato senza curiosità alcuna, per esiti che fino a qualche anno fa non solo erano intriganti e spettacolari, ma portavano addirittura ad epici spareggi. Il tutto a scapito d'uno spettacolo che fa il bene un po' di tutti, tranne che del nostro calcio: l'interesse complessivo, inevitabilmente, tende a scadere, e con esso anche il potenziale volume complessivo degli affari. Trascorreremmo tutti volentieri giorni e giorni a scrivere, leggere e ascoltare le fiabesche evoluzioni del Crotone per la prima volta tra i grandi, del Carpi che in 5 anni passa dalla D alla A, e del Pescara di Zeman e Oddo, ma non possiamo farlo a scapito dell'intero movimento e della sua crescita globale. Anzi, a dirla tutta vogliamo continuare a farlo senza sapere a priori come finiranno, queste storie calcistiche di imprescindibile bellezza e dal fascino antico.

Per questo, in questa epoca storica, dovremmo prenderne tutti atto, e ripensare ad un modello che ha smesso di funzionare. E che va ripristinato, almeno per qualche tempo, se si tiene al giocattolo: se poi da qui a qualche anno dovessimo realizzare nuovamente di avere a disposizione una competitività potenzialmente allargata, figlia anche e soprattutto di vacche non solo più grasse, ma soprattutto più equamente distribuite, allora potremo tornare al modello attuale. Per il bene di tutti. Sempre a meno che non si voglia andare a rivedere in toto, ed in modo ancor più omogeneo, il modello della spartizione dei diritti televisivi: un'impresa, volendo, ancor più titanica. E allora? Appuntamento ad Aprile. Quando le retrocessioni, purtroppo per noi - e per le 'piccole' - saranno già decise. E nuove favole saranno quasi pronte per essere raccontate, e poi prontamente rimesse nel cassetto dei ricordi, nel giro di una manciata di mesi.