Quando qualcosa finisce, c'è sempre qualcosa che inizia. E nel calcio europeo - chi non se ne fosse accorto è stato davvero disattento - per una favola ed un sogno che sono evaporati, poche ore fa, con l'assurdo esonero di Claudio Ranieri, una nuova favola ed un nuovo sogno, da rincorrere con tutte le forze, hanno avuto la loro genesi ed al contempo consacrazione in quel del

San Paolo. Maestro, artefice e condottiero, un altro tecnico italianissimo che in carriera ha fatto tanta gavetta pur senza godere di particolari gratificazioni: si tratta di Gian Piero Gasperini, che ha trasformato una semplice boy-band - nel senso generazionale del termine - in un'orchestra di musica sinfonica che viaggia e balla a ritmo di ital-rock. E' l'Atalanta delle sorprese più clamorose di tutto il campionato, che con l'inaspettato 0-2 di Napoli concretizza un filotto fatto di 5 vittorie ed un pareggio, ferma Sarri dopo 14 risultati utili consecutivi, si staglia altissima in zona Europa League, e con la coda dell'occhio riesce addirittura a guardare la coda del Napoli stesso, a tre punti dalla Champions. Quarti in campionato, con un undici titolare intero - 

Berisha; Toloi, Caldara, Masiello; Conti, Kessie, Freuler, Spinazzola; Kurtic; Gomez, Petagna

- che a inizio campionato valeva si e no una quindicina di milioni. E che oggi, per come s'è mosso (e si muoverà) il mercato, ha un valore praticamente decuplicato. E questo, grazie alla buona volontà dei tanti giovani lanciati - e rilanciati - dal Gasp, troppo presto accantonato da Preziosi ma forse anche dall'Inter che lo tenne in sella per neanche un mese, nel 2011. Alla loro sfrontatezza mista a maturità, alla sferzante audacia con la quale sono scesi in campo, praticamente per sei mesi, ad una tecnica di base che ormai solo in pochi vivai - tra cui quello nerazzurro - tendono a far sbocciare, ma soprattutto grazie a lui, il 59enne di Grugliasco che dopo il fallimento a Milano nessuno ha più voluto, in una big, e che adesso si candida prepotentemente per almeno 2-3 squadre, per l'anno prossimo. E non si trascuri neanche, da questo punto di vista, l'ardito paragone con Ranieri e le foxes, che hanno sì vinto la Premier (dove ovviamente gli introiti sono mediamente molto più alti di quelli nostrani), ma investendo comunque 50 milioni, la scorsa stagione. Percassi, invece, per forgiare in sinergia con il suo allenatore questa scintillante generazione di classe '90, la scorsa estate ne ha spesi appena 12: metà dei quali, peraltro, in maniera completamente inutile. Ovvero per quel Paloschi che si poteva comunque rivedere in maniera indolore a gennaio per la stessa cifra, e che in ogni caso ha trascorso (ed inevitabilmente trascorrerà il resto del) la stagione in panchina, ad ammirare il lavoro straordinario che un ragazzo che il Milan aveva lanciato e le serie minori atrofizzato fa per la squadra. Si chiama Andrea Petagna, non è e probabilmente mai sarà un bomber, ma in compenso è esattamente quel che serve ad una squadra che ha negli esterni alti, nei centrocampisti, nel Papu ed anche in Caldara (5 gol, migliore realizzatore tra i difensori della Serie A) i propri attaccanti di riferimento. La sinfonia la decide il Gasp, ed un'orchestra impeccabile come quella nerazzurra la suona, senza timore reverenziale neanche al cospetto d'uno stadio abituato a veder infilare le reti avversarie con eccezionale facilità: 60 i gol realizzati sinora dal Napoli. Nessuno dei quali, però, contro la Dea. Che gioca bene, piace, è compatta, e soprattutto non ha risentito in alcun modo della cessione più redditizia della sua lunga storia. L'assenza di Gagliardini, che all'Inter è già un riferimento più focale dei vari Banega, Kondogbia, Brozovic e Joao Mario, non ha pesato in alcun modo, ed anzi è servita a responsabilizzare ulteriormente due ragazzi come Freuler e Kessie che fino a pochi mesi fa giocavano, rispettivamente, al Cesena e al Lucerna. Anche questo - repetita iuvant - merito di Gasperini. Uno che ha insegnato ai suoi ragazzi il meglio del meglio dei movimenti offensivi e difensivi, ad interpretare benissimo la zona, a stare corti e continuamente riversi nella metà campo avversaria. Un'idea di calcio che non a caso, e per stessa ammissione del tecnico, è chiaramente ispirata alla coralità olandese degli anni in cui da calciatore, il Gasp, era un tuttocampista in grado di fare la differenza tanto a Palermo, quanto a Pescara, Salerno e Pistoia. Non alla Juventus, però, dove crebbe prima da uomo di campo e poi da uomo di panchina.

Quando un maestro e seminatore d'oro come Mario Pedrale lo selezionò per i pulcini bianconeri aveva meno di 9 anni, Gian Piero, e con la casacca della Juve addosso crebbe sino alla Primavera, insieme a gente del calibro di Rossi e Brio, fino all'esordio tra i grandi. A cui però la propria carriera non dette seguito. Neanche come tecnico, dopo aver iniziato, nel '94, proprio nei Giovanissimi, Allievi e Primavera bianconeri, fino al trionfo del Viareggio 2003. Sono esattamente 14 anni che i corsi e ricorsi storici non passano da Torino per il Gasp, che però oggi avrebbe tutte le carte in regola per riguadagnarselo, un posto di prestigio, a casa della Signora. Se Allegri dovesse andar via, però, difficilmente sarà lui - pur meritandolo abbondantemente - il prescelto di Agnelli e Marotta: un profilo del genere, assai più propenso al calcio avvolgente, moderno e spettacolare anche a costo di peccare in cinismo, appare più intrigante, piuttosto, per Fiorentina e Roma, che a loro volta potrebbero dover fare i conti, a breve, con un cambio di guida tecnica. Qualsiasi scelta farà, in ogni caso, il Gasp, sarà quella giusta, per noi spettatori e per lui. Compresa quella di restare a Bergamo, dove la squadra quasi sicuramente tra qualche mese sarà completamente diversa da quella attuale, ma anche dove tutti, oggi, giustamente, pendono dalla sue labbra ed ammirano le sue idee. E dove, a questo punto lo speriamo vivamente, tra qualche mese si possa iniziare a pensare ancora più in grande, con una Europa League da giocare ed un nuovo sogno da rincorrere, ancora più forte. La storia di Ranieri e del Leicester, in ogni caso, raccontano che le conferme sono sempre più difficili degli exploit. Una presa di coscienza spesso inevitabile, e che probabilmente varrà anche per Gasperini e l'Atalanta. Che però, a prescindere da quello che sarà il futuro di entrambi, qualcosa di favolistico ed immaginifico l'ha già realizzato. Ed è soprattutto di questo che il calcio ha bisogno. A maggior ragione il giorno dopo la fine dell'epica ma sanguinolenta saga Ranieri in quel d'Inghilterra.

Il buon Gene Gnocchi, qualche mese dopo il fallimento dell'esperienza meneghina del Gasp ficcò il dito nella piaga, con la solita, pungente, acutezza che lo contraddistingue.

Senza la penalizzazione l'Atalanta sarebbe prima in Serie A. Moratti: «Se è per questo anche noi senza Gasperini».

Oggi, verrebbe da dire, che anche l'Atalanta poteva essere nuovamente esser prima in Serie A. Ma non senza Gasperini, bensì senza quel pessimo avvio che le portò solo 3 punti nelle prime 5 giornate. Ed a quel punto il miracolo Leicester sarebbe stato addirittura superato.