"Sono trascorsi ormai 13 anni dal giorno in cui ho giocato la mia ultima partita, ma mi sorprendo ancora per l'amore e la stima che le persone continuano a mostrarmi": è questo il commento di Roberto Baggio nel giorno dei suoi 50 anni. Non c'è dubbio sulla stima che chiunque abbia mai sentito il suo nome prova per il Divin Codino, uno dei più grandi giocatori dell'intera storia del calcio italiano, ma, riprendendo le sue stesse parole, qualche dubbio sull'amore incondizionato di tutte gli appassionati "pallonari" è lecito averlo: i meno giovani non ricorderanno alcuni episodi, ma nella sua comunque brillante carriera, Baggio qualche problemino qua e là nelle piazze che hanno avuto l'onore di ammirarlo da vicino ce l'ha avuto.

Partiamo (quasi) dall'origine: corteggiato da big italiane quali Milan e Juventus, il giovanissimo Roberto Baggio passò dalla Vicenza alla Fiorentina nel 1985, ma fu un avvio fra mille problemi a causa di ripetuti problemi fisici che gli permisero di giocare la sua prima vera stagione in Serie A nel campionato 1987/1988. Tre stagioni intensissime con la maglia viola sino alla vigilia dei Mondiali di Italia '90, prestazioni che attirarono ancor più le attenzioni di Silvio Berlusconi, presidente rossonero, anche se proprio ad un mese dall'inizio delle Notti Magiche Baggio firmò con la Juventus: malumori (di cui si parlerà più avanti) a Milano, ma soprattutto incidenti e follie in quel di Firenze. La sera del 18 maggio 1990 per le vie della città toscana non furono solo i "soliti" ultras a manifestare contro la decisione dell'allora presidente Pontello, ma anche normalissimi tifosi gigliati pronti ad evidenziare il proprio disappunto per quel passaggio di calciomercato: scontri, polizia in difficoltà, molotov a destra e a manca, cartelli stradali sradicati, tutto andava bene per tentare l'aggressione a chi aveva posto in essere lo smacco. Una situazione delicata che persistette anche a Coverciano durante il raduno degli Azzurri quando Baggio ricevette anche sputi da alcuni esagitati.

Quanto sopra per presentare il contesto nel quale il calciatore si ritrovò a muovere i suoi primi passi da bianconero; alla sua prima conferenza stampa, infatti, il primo dei due gesti che i tifosi della Juventus non perdoneranno mai al "coniglio bagnato": gli misero una sciarpa della Vecchia Signora al collo, lui non esitò a toglierla e buttarla via a terra fra l'imbarazzo generale. Il secondo imperdonabile smacco alcuni mesi dopo durante il pomeriggio del 7 aprile 1991, prima volta al Franchi da avversario: rigore per la Juve procurato dallo stesso Baggio, ma questi si rifiutò di battere (sul dischetto andò De Agostini che sbagliò quel penalty). Sostituito da Gigi Maifredi, coach bianconero ai tempi, uscendo dal campo raccolse e conservò una sciarpa della Fiorentina lanciata dagli spalti, suscitando un boato del popolo viola superiore alla gioia per un gol. Non a tutti i tifosi della Juve bastarono le 200 presenze, i 115 gol, un Pallone d'Oro, uno scudetto, una Coppa Italia ed una Coppa Uefa, per dimenticare. Emblematiche le parole di Trapattoni dopo un Inter-Juve 3-1: "Baggio è fortissimo, ma il calcio è un gioco di squadra, e lui spesso si dimentica di giocare per la squadra".

Nell'estate del 1995, complice anche l'esplosione del giovanissimo Alessandro Del Piero e un rapporto già non esattamente brillante con mister Lippi, Baggio passò finalmente al Milan seppur con cinque anni di ritardo: sembrava fatta per il suo trasferimento all'Inter, ma alla fine fu Berlusconi a spuntarla. Tifosi rossoneri in protesta con minaccia di non rinnovare gli abbonamenti, e critiche anche dal mondo della politica; queste le parole di Roberto Maroni: "Pessimo acquisto, ci ha traditi una volta, potrebbe farlo ancora". Ancora oggi i più maligni ricordano questa trattativa come la stretta di mano fra il Gatto e la Volpe interpretati nell'occasione da Moggi, Giraudo e Bettega da un lato, appunto Berlusconi e Galliani dall'altro, con buona pace della società del presidente Moratti tenuto ai margini sino allo scoppio di Calciopoli. Nonostante un primo anno rossonero chiuso con il secondo scudetto consecutivo da lui conquistato, seppur non da attore protagonista a causa dell'eterno ballottaggio (perso a lungo andare) con Dejan Savicevic, fu una stagione caratterizzata da un rapporto difficilissimo con Capello: "nello spogliatoio non lo sopportava nessuno", le parole di Don Fabio. Un'annata che si chiuse per Baggio nel peggiore dei modi con la mancata convocazione per gli Europei. La seconda stagione al Milan, soprattutto dopo il ritorno di Sacchi (il c.t. che lo fece simbolo dell'Italia nei Mondiali del 1994, ma che lo lasciò fuori dagli Europei due anni dopo) sulla panchina rossonera, è un calvario, ed il rapporto si ruppe definitivamente la sera di Milan-Juve 1-6 quando sullo 0-3, con Baggio inizialmente in panchina, l'allenatore lo mandò a riscaldarsi ricevendo l'iniziale rifiuto del calciatore poi convinto dal vice Carmignani.

Da lì a pochi mesi il (mancato) passaggio al Parma: affare concluso fra le società, ma la dura presa di posizione di Carlo Ancelotti ed Enrico Chiesa, allenatore e stella indiscussa degli emiliani, fecero saltare la trattativa. Della situazione ne approfittò il Bologna, e da lì iniziò la carriera in provincia che, però, anche qui vide Baggio entrare in forte contrasto con l'allenatore Ulivieri: alla vigilia del match fra Juve e Bologna della stagione 1997/1998, infatti, il mister rossoblù comunicò a Baggio che l'indomani non avrebbe giocato, scatenando l'ira del suo n.10 che abbandonò il ritiro non presentandosi neanche per il match. Nonostante ciò, Baggio si conquistò un posto per i Mondiali del 1998, ed addirittura il trasferimento all'Inter in un biennio comunque abbastanza sfortunato per i nerazzurri dove fra l'altro nel secondo anno ritrovò Lippi come allenatore. Tanti i passaggi della biografia di Baggio nei quali viene spiegato il pessimo rapporto con il futuro c.t. dell'Italia e suo allenatore sia alla Juve che all'Inter.

Nell'estate del 2000 l'ultimo trasferimento della carriera: dall'Inter al Brescia, la seconda squadra come numero di presenze con Baggio fra le proprie fila dopo la Juventus. E' un rapporto d'amore puro per tutto l'arco dell'avventura, anche grazie al tandem con Carlo Mazzone alla guida tecnica della squadra, magia interrotta definitivamente con l'ultima partita giocata da Baggio: 16 maggio 2004, Milan-Brescia 4-2. A distanza di quasi otto anni, però, anche i tifosi del Brescia trovarono modo di rinfacciare qualcosa al Raffaello del calcio italiano: in occasione di una visita a Zingonia, centro sportivo dell'Atalanta, acerrima nemica delle Rondinelle, a Baggio fu regalata una maglia personalizzata dei bergamaschi, una foto-ricordo che fece scattare la rabbia dei tifosi nerazzurri al grido di "traditore", tanto che lo stesso Mazzone commentò con parole imbarazzate: "Gesti come questi possono creare qualche malumore fra i tifosi".

A chiudere questo cerchio nero, infine, ci ha pensato il Telegraph un paio di anni fa: in una delle classifiche più originali di sempre, infatti, Baggio fu inserito al dodicesimo posto fra i giocatori più sopravvalutati di sempre reo di "sparire nei match importanti". Gusti più o meno soggettivi, ma che comunque, per lo meno in questo caso, lasciano il tempo che trovano.

Venticinque di questi primi cinquant'anni, dunque, vissuti da calciatore capace di scrivere pagine importanti con le proprie giocate, ma protagonista anche di circostanze decisamente meno dolci di scenari da rose e fiori sempre e comunque: probabilmente sta anche in questo la grandezza di Roberto Baggio, il campione di tutti guardando una delle due facce della medaglia, ma anche il campione di nessuno guardando l'altra faccia non baciata dal sole.