1973. L’anno di uscita di Dark Side of the Moon, l’anno in cui inizia il processo ai presunti scassinatori dello scandalo Watergate, quando l’Ajax di Johan Cruijff, che ha già battuto con lo stesso punteggio, 2-0, il Panath?naïkos e l’Inter nelle finali delle due edizioni precedenti, cerca la terza vittoria consecutiva della Coppa dei Campioni. Fatta eccezione della sequenza da record del grande Real, che con la sua cinquina tutt’oggi detiene il primato assoluto della conquista del trofeo, nessuno è ancora riuscito a far propria la “Coppa dalle grandi orecchie” per più di due volte consecutive. 

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I lancieri del "Pelé bianco" (Cruijff veniva soprannominato anche così) sono già una leggenda. Quello che viene già riconosciuto come il meccanismo tattico più forte visto su un campo di calcio schiera i fuoriclasse destinati a essere ricordati per sempre, oltre ogni risultato, ogni trofeo. Dall’altra parte, nella notte di Belgrado del 30 maggio 1973, c’è la Juventus del cecoslovacco ?estmír Vycpálek, praghese e, successivamente, italiano di adozione. Nel 1944 ?estmír, all’età di 23 anni, era stato deportato per otto mesi presso il campo di concentramento di Dachau, durante la seconda guerra mondiale. E non è una novità. Negli anni settanta non sono pochi i calciatori europei che conservano dei legami atroci con la seconda guerra mondiale. Willem van Hanegem, centrocampista del Feyenoord e compagno di squadra in nazionale di molti dei calciatori dell’Ajax, per mano della Gestapo ha perduto il padre e tre fratelli. ?estmír Vycpálek, invece, oltre a otto mesi di stenti e privazioni durante la prigionia, nel 1972 ha perso anche un figlio, morto nell’incidente aereo di Montagna Longa, in Sicilia, il 5 maggio. Casualità avrebbe voluto che anche l’ex calciatore e allenatore cecoslovacco, anche zio materno di Zeman,  sarebbe poi scomparso nel 2002 proprio il 5 maggio, mentre la Juventus vinceva il suo ventiseiesimo scudetto.

I bianconeri sono arrivati alla finale in Jugoslavia grazie a un tabellone che ha riservato insidie più pericolose in turni apparentemente agevoli. Primo turno superato in rimonta con un 3-0 casalingo imposto ai francesi del Marsiglia. Ottavi superati grazie a un doppio 1-0 ai danni del Magdeburgo e quarti risultati vincenti grazie alla regola del goal fuori casa. L’ Újpesti aveva messo in difficoltà i bianconeri molto più del previsto. La semifinale gli uomini di Zoff la giocano con gli inglesi del Derby County, che ai quarti si sono sbarazzati del Benfica con un perentorio 3-0. La Juventus ha ragione degli uomini di Clough grazie al 3-1 ottenuto in casa e allo 0-0 maturato in trasferta, con rigore sbagliato dai Rams che, a causa di un arbitraggio a loro avviso favorevole alla Juventus, non digeriranno facilmente l’eliminazione. Alla stampa italiana Clough dichiarerà: “No cheating bastards will I talk to; I will not talk to any cheating bastards!” (“Non voglio parlare con nessun bastardo imbroglione”).

L’Ajax, invece, trova un cammino sulla carta molto più ostico. I lancieri, però, dimostrano tutta la loro disarmante superiorità sbarazzandosi del CSKA Sofia e, ai quarti di finale, impartendo una lezione di calcio al grande Bayern Monaco (che vincerà le tre edizioni successive della Coppa dei Campioni) col risultato di 4-0. In semifinale l’Ajax batte il Real Madrid sia all’andata che al ritorno. Lo stadio Rajko Miti?, meglio noto come “Marakana”, può contenere più di centomila spettatori. Resterà con questa capienza fino alla ristrutturazione negli anni novanta, in cui un radicale adeguamento ne dimezzerà il numero possibile di ingressi al pubblico. Allo stadio della Stella Rossa di Belgrado si fronteggiano due formazioni molto diverse dal punto di vista tecnico e tattico.

L’Ajax, che di fatto assicura l’impianto principale anche alla nazionale olandese (la celebre “Arancia meccanica”), è composto da calciatori molto dotati sul piano tecnico. Guidati dal tecnico rumeno ?tefan Kovács, rappresentano senza dubbio il miglior modello tattico a livello internazionale. Squadra corta, difesa alta, strategia difensiva affidata alla trappola del fuorigioco e possesso palla. Il calcio totale in completa anticipazione rispetto alle strategie che verranno nei decenni successivi. Johan Cruijff, Ruud Krol (che giocherà in Italia con la maglia del Napoli), Johann Neeskens, Arie Haan e Johnny Rep potrebbero essere citati come i cardini indispensabili di quel sistema di gioco, ovviamente senza trascurare gli altri calciatori. L’unico straniero in campo è Horst Blankenburg, tedesco. La Juventus, invece, come straniero schiera José Altafini, brasiliano naturalizzato italiano, cannoniere di razza e centravanti di fama mondiale. Il gioco dei bianconeri è basato su una tattica improntata sulla solidità difensiva e una forte fisicità. Anastasi e Causio assicurano qualità a un undici in cui Capello e Furino garantiscono sostanza e aggressività. Zoff tra i pali, invece, è l’estremo difensore che ogni squadra vorrebbe avere.

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La gara ha un inizio che forse, col senno di poi, nasconde l’errore decisivo commesso dai bianconeri. Dopo cinque minuti di pressione olandese, Johnny Rep sblocca il risultato con un colpo di testa preciso e velenoso. L’Ajax, forte di un vantaggio iniziale che si rivelerà tatticamente prezioso, impone il suo possesso palla soprattutto nei primi quarantacinque minuti. I lancieri, probabilmente, sono nel momento di forma peggiore del loro meraviglioso triennio. La Juventus, che pure viene da un’annata usurante sul piano atletico, nella ripresa blocca le avanzate di Cruijff e compagni tentando la via della rete, ma subendo sistematicamente la tattica del fuorigioco da parte degli olandesi. Il goal di Rep viene difeso fino al fischio finale e l’Ajax può mettere in bacheca la sua terza Coppa dei Campioni consecutiva, con il suo capitano Johan Cruijff che alza al cielo il prestigioso trofeo indossando la maglia della Juventus, alla rovescia.