Se quello che ha fatto la Juve negli ultimi sette anni troverà i dovuti elogi solamente quando se ne parlerà nei ricordi lontani, ciò che ha fatto Gianluigi Buffon, capitano di questa squadra, nella sua carriera è qualcosa di riconosciuto già adesso all'unanimità, anche se ovviamente esistono evidenti eccezioni. Stiamo parlando di un'icona assoluta del calcio italiano e mondiale: 640 partite in Serie A, 160 nelle coppe europee, 176 con la Nazionale, 5 Mondiali giocati, record d'imbattibilità nel campionato italiano, 5 Coppe Italia, 6 Superccope italiane, 9 scudetti più i 2 revocati per Calciopoli, 1 Coppa Uefa, 1 Mondiale. Commentare oltre sarebbe superfluo. Oggi è arrivata l'ufficialità di quello che da qualche settimana si percepiva abbastanza chiaramente, prima però c'erano ancora uno scudetto ed una Coppa Italia da giocare, da vincere: li ha conquistati entrambi, Buffon, il portiere più forte della storia del calcio, uno dei calciatori italiani più incredibili di sempre. E' stata una conferenza stampa fredda, nessun colpo di scena particolare, qualche abbraccio con Andrea Agnelli, ma anche qualche passaggio che vale la pena commentare.

Innanzitutto la Juve: Buffon avrebbe voluto continuare, ma l'avrebbe deciso di recente, e questa non è una scelta che una società come quella bianconera, al netto dei sentimenti, può aspettare, permettersi. Progettualità prima di tutto, sennò non staremmo parlando della più grande azienda calcistica italiana, fra le più preparate e di livello anche in Europa e dunque nel mondo: il calciomercato dura ufficialmente poco più di un mese e mezzo, ma le trattative si intavolano giorno per giorno, settimana dopo settimana, già dal giorno di chiusura della sessione precedente, se non anche prima. Chi ambisce al vertice non può non avere le idee chiare nel tempo, per quanto sia ovvio che gli imprevisti e le occasioni si possono presentare senza avvisi preventivi: acquistare Szczesny, dargli fiducia durante la stagione, corteggiare Perin o chi per lui, non sono situazioni da Football Manager. Fra le righe, fra l'altro, sono stati molto chiari a riguardo sia Buffon che Andrea Agnelli.

Si diceva prima di una conferenza stampa fredda: giusto così, agli aspetti emozionali ci penserà il campo sabato pomeriggio, come fu per Alessandro Del Piero. L'Allianz Stadium si sta preparando alla grande festa scudetto, che coinciderà anche con l'addio di Buffon, proprio come fu per Pinturicchio ai tempi del tricolore 2012. Due pezzi da novanta della vita della Vecchia Signora, due capitani, due che hanno contribuito con le proprie giocate a tutte le vittorie bianconere da metà anni '90 in avanti. Due amici, qualcuno potrebbe pensare, che hanno condiviso anche l'inferno di Calciopoli con annessa Serie B, ma anche il Paradiso del Mondiale tedesco del 2006, oltre ai trionfi precedenti e successivi appunto con quello scudetto conquistato in volata contro il Milan di mister Allegri. Due amici che, però, al di là delle frasi di facciata, proprio bene sembra non si siano lasciati. Innanzitutto, prima ancora del rapporto diretto fra loro, un addio mediatico totalmente differente: Del Piero di fatto scaricato da Agnelli dopo quel video "azzardato" con la firma in bianco, dall'altro una conferenza stampa congiunta col presidente bianconero ad elogiare ed introdurre l'intervento del suo capitano. E poi appunto qualche scoria venuta fuori da un lato post-Real, dall'altro oggi.

Lo sfogo di Buffon dopo l'eliminazione in Champions contro il Real Madrid è stato criticato da Del Piero: "Ho fatto fatica a comprenderlo, onestamente. Il calcio è così e si analizza il momento, bello o brutto che sia. Tra qualche giorno credo che dirà parole diverse". Il solito politically correct che ha sempre contraddistinto l'ex numero dieci juventino, che qualche giorno ha voluto puntualizzare ulteriormente: "Chi ha insinuato che io sia contro Gigi è in malafede". Tutto finito? Apparentemente si, ma con un po' di malizia, con un po' di attenzione, ascoltare e leggere alcuni passaggi del Buffon-pensiero di oggi fa venire qualche dubbio: "Voglio lottare per grandi traguardi, è il mio unico modo di concepire lo sport. Sono un animale da competizione, non vado a giocare in campionati di terza o quarta fascia, non fa parte di me". Riferimento alle scelte fatte post-Juve da Del Piero, e dunque scontro fra titani, o semplici considerazioni indipendenti e personali con relativo esagerato collegamento? Il tifoso juventino, l'appassionato di calcio, il curioso d'occasione, sono tutti lì ad osservare, ascoltare, ma alla fine resta un'unica certezza: i calciatori passano, il mito (bianconero per l'occasione) resta.