Se la sensazione secondo cui Sarri lascerebbe il Napoli dovesse concretizzarsi, ancora una volta il calcio confermerebbe una sua abitudine consolidata attraverso un protocollo mediatico scandito da battute, richiami a distanza, frecciate e altre destrezze dialettiche. Nelle ultime settimane, Aurelio De Laurentiis e Maurizio Sarri hanno impiegato il loro campionario della comunicazione per dirsi e per dire, per annunciare e per disseminare di indizi e interpretazioni il percorso di avvicinamento all’incontro che, sempre stando alle apparenze, dovrebbe sciogliere il nodo della permanenza o del commiato nei prossimi giorni. 

Apparenze, ovvio. Perché nel calcio molto spesso le cose vengono decise anzitempo, prima che la polemica maturi inutilità e fumi buoni solo per i salotti televisivi. La percezione che Sarri si sia empaticamente allontanato dal suo presidente e che quest’ultimo non sembri voglia fare molti sforzi per trattenerlo arriva abbastanza netta grazie proprio alle battute di cui sopra. Sarri non ha esitato a rievocare le dichiarazioni di De Laurentiis del dopo Madrid della scorsa stagione, così come l’allenatore partenopeo non ha disdegnato di lasciare dichiarazioni sull’aspetto più reale e concreto del suo percorso nel Napoli, quello della tanto pronunciata crescita. Chiaramente legata all’ampliamento dell’organico. Al tempo stesso, il presidente del Napoli ha lasciato chiaramente intendere la sua fermezza rispetto alla sua politica e alla sua “indipendenza” dal voler far diventare più forte il suo Napoli al di là delle guide tecniche. Ma, tirare acqua da una parte o dall’altra, come sta facendo soprattutto una parte della stampa napoletana, oltre che scorretto, sarebbe un’anticipazione di prese di posizioni che non rispetterebbero nessuna delle due parti.

Volendo prestare l’orecchio alle voci e ai nomi circolati per un ipotetico dopo Sarri, si potrebbe provare a osservare una serie di possibilità legate a tipi di allenatori, più che agli allenatori stessi. Accorgendosi che forse la soluzione migliore possibile è quella tanto più semplice quanto più complicata.

Ancelotti?

Dopo l’addio di Benitez, anch’egli protagonista di qualche suggestione spuntata qua e là, per ragioni legate soprattutto a visioni, a forme di pensiero intorno alla gestione tecnica e strutturale, quale credibilità potrebbe avere portare alla guida del Napoli un allenatore altrettanto esigente e abituato a lavorare con risorse economiche e organizzative di un livello a cui il Napoli non può ancora aspirare? Un allenatore come Ancelotti che Napoli chiederebbe? Sarebbe disposto ad assistere alla cessione di alcuni calciatori fondamentali per questa squadra? Anche davanti alla possibilità di acquisti altrettanto importanti, per uno come lui varrebbe il solito meccanismo del cambio generazionale (che nel Napoli spesso è comunque stato di qualità. Anche se adesso il Napoli non ne avrebbe nemmeno bisogno) o avrebbe un valore realmente indicativo ampliare la rosa invece di modificarla? E poi, rispondere alle probabili richieste di Ancelotti non sarebbe lo stesso che farlo per quelle di Sarri? Con l’attuale allenatore sarebbe ancora più semplice, visto un organico già “educato” a un gioco collaudato e di grande efficacia. Tutto, al netto di una dimensione contrattuale che l’ex allenatore di Milan e Real (e non solo) vanta in virtù di un curriculum leggendario. Uno come lui sarebbe un cambio di marcia più sproporzionato rispetto all’esperienza di Benitez?

Conte?

Un allenatore che va via dalla Juventus, per allenare prima la nazionale e poi il Chelsea, adducendo a un’insufficienza di organico per poter competere per tre competizioni sarebbe l’ideale per il tipo di politica condotta da De Laurentiis? E, anche guardando all’organico del Napoli, per il tipo di filosofia di gioco dell’allenatore pugliese, quanto questo Napoli dovrebbe cambiare di sé? Forse molto, troppo. Sempre al di là dei discorsi sugli ingaggi, anche Conte sarebbe un passo spiazzante quanto radicale. Altra suggestione e basta?

Giampaolo?

La timidezza e tiepidezza delle dichiarazioni post gara di Sampdoria-Napoli non sembrano averlo seriamente candidato alla panchina partenopea. Con tutto il rispetto per un tecnico preparato, non si rivelerebbe come un nuovo tentativo di sorprendere la serie A con un’altra scommessa? Forse certe imprese riescono una volta sola.

Inzaghi, Semplici o Gasperini?

L’allenatore della Spal avrebbe il sapore della scommessa di cui sopra, mentre Inzaghi farebbe i conti con la sfida della capacità di saper stare a certi livelli. Gasperini invece rievocherebbe vecchi tentativi che non lo avevano ben ispirato alla guida di club più prestigiosi in piazze più esigenti e complesse.

Piantandola con questo gioco, si potrebbe tentare di soffermarsi ancora una volta sulla realtà. La permanenza di Sarri appare difficile, come appare evidente il gelo tra lui e la presidenza del Napoli. Dall’esterno la soluzione più facile sarebbe quella di confermarlo, aggiungendo gli elementi giusti all’organico così da poter trattenerne anche altri. Niente di più efficace e affascinante ricominciare una sfida che per alcuni sarebbe un conto in sospeso. Ma non è così semplice. Da una parte c’è un allenatore che sembra voler fare monito di alcuni limiti societari e dall’altra c’è un presidente che, dal canto suo, pare volerne fare un punto di forza. Mettere d’accordo due angolazioni così è veramente complicato. E forse non c’è allenatore possibile. Almeno se si vuole superare quella soglia del secondo posto che a tante, troppe interpretazioni si presta. Il primo posto, invece, non ammette repliche.