Una volta, per noi ultratrentenni, era il Fast Forward. Ovvero, il tasto dell'avanzamento veloce, imprescindibile soprattutto sui walkman che, per i più giovani che non lo sapessero, non consentivano di selezionare il brano che si voleva ascoltare. E allora, era necessario cliccare, anche piuttosto a lungo, su quella doppia freccia in avanti, e sperare di avere individuato bene il punto d'ascolto desiderato. Un'impresa. Ma questa è un'altra storia.

L'impresa che appartiene, invece, alla storia di oggi, è griffata Spal. Una squadra con poca esperienza, incompleta, tecnicamente inferiore a moltissime altre, costruita così-così in sede di mercato, e che, fino a ieri, cercava di scrollarsi di dosso il terzultimo posto in classifica.

E che, a casa sua, trascinata anche dall'enfasi di una tifoseria che sembrava crederci fin dall'inizio (i primi 8 minuti dei ferraresi sono stati da incorniciare, per intensità e concentrazione), è riuscita addirittura a fermare la Juventus. Anzi, la Juventus capolista, che veniva da 12 vittorie consecutive.

Il FF, si diceva. Già, perché per molti tifosi - perlopiù avversari, ma anche se non lo ammetteranno mai c'era anche qualche juventino - il film della partita sembrava già scritto. Come molte, molte altre volte. Partita a basso ritmo dei bianconeri, solita difesa di ferro dinanzi, nessun cruccio per Buffon, e giocata illuminante, se fosse necessario anche un po' fortunata, a ridosso del triplice fischio che sancisce l'1-0. Così è stato, quest'anno, con la Fiorentina (Mandzukic, 1-0), a Napoli (0-1, Higuain), con la Roma (Benatia, 1-0), a Cagliari (0-1, Bernardeschi), col Genoa (1-0, Douglas Costa), nel derby (0-1, Alex Sandro) e a Roma (0-1, giocata di Dybala). Sette 1-0 diversi, griffati da sette marcatori diversi, a sancire la completezza e la diversificazione tecnica di una rosa mai così vasta e poliedrica, atta - appunto - a riuscire a trovare sempre e comunque il modo migliore e più efficace di superare ogni ostacolo. Compresa, ovviamente, la Spal. Che però ci ha messo cuore, voglia, passione, ha eretto un muro e pur senza mai dare grattacapo alcuno agli ospiti ha giocato a testa altissima per quasi 100 minuti. Eppure quel fast forward, alla partita, in molti sembravano volerlo dare. Già, di modo da soffrire il meno possibile, entrare nell'ultimo scorcio di gara, e assistere al gol dello 0-1 che sembrava quasi scontato, a un certo punto.

"Chi segnerà, adesso? Come la vincerà, questa, la Juventus?". Forse un colpo di testa di Chiellini, oppure una punizione di Pjanic, tanto per ampliare il ventaglio dei marcatori decisivi negli 1-0 stagionali (che sono 9, in totale, se si conteggia anche il doppio 1-0 all'Atalanta in Coppa).

E allora, meglio anticipare un verdetto che sembrava scontato e inevitabile, minimizzando la propria sofferenza col fast forward che avrebbe portato un po' tutti al risultato più scontato.

Nulla da fare: la realtà, questa volta, ha superato sé stessa. Demerito della Juventus, ovviamente, incapace di aggirare - nonostante due esterni offensivi di livello mondiale come Costa e Sandro - la difesa di casa che spesso si schierava a sei, con Grassi a schermare i centrali Cionek, Vicari e Felipe, e Lazzari e Costa bassi. Ma anche merito dei ragazzi di Semplici, trascinati non da due fuoriclasse, ma da due senatori della cadetteria come Pasquale Schiattarella e Mirco Antenucci. I migliori in campo, a detta nostra (ma non solo), visto che con il proprio lavoro hanno preso per mano i compagni, e lottato come leoni. Un piccolo inciso extra in chiave meramente fantacalcistica: chissà per quale motivo il 34enne attaccante molisano è arrivato solo ora, a quasi 34 anni, a questi livelli.

Per il suo modo di essere al contempo factotum della fase offensiva, capitano, leader e bomber, avrebbe fatto comodo a molte, molte squadre, anche superiori alla Spal, negli scorsi anni.

Antenucci, invece, è andato alla Spal, due anni fa, dopo una parentesi surreale al Leeds - "Se avessi segnato 12 gol al secondo anno, avrei avuto il rinnovo automatico. A dicembre ero già a 8 e allora Cellino, proprietario del club, impose di non farmi più giocare" - e una vita calcistica intera, trascorsa a far gol (84) in Serie B. Avrebbe segnato eccome, anche ieri, a Buffon, in un Paolo Mazza che ad un certo punto sembrava quasi fosse in campo, accanto ai suoi figli prediletti, contro la grande Juventus che vince sempre. Quasi sempre.

Non ieri. Il gol, alla fine, non è arrivato, e adesso il margine sul Napoli, in un rush finale che sembrava fosse già scritto, s'è ristretto. Ma non è questo il messaggio più chiaro che è arrivato ai rivali di Allegri: ora il Napoli sa che, diversamente da quanto valeva fino a ieri alle 20:45, ogni suo miracolo, impresa, traguardo, dipende solo da sé e non dalla Juventus. 

A 9 dalla fine, se il Napoli riuscirà a vincerle tutte farà suo lo scudetto: tra queste, ovviamente, c'è anche la trasferta di Torino, ma il dato statistico sulla carta resta quello. Con il gap ancora a 4 punti, anche vincerle tutte poteva non bastare: ora il gioco è cambiato, e il destino è più in mani ai ragazzi di Sarri che a quelli di Allegri. Che, peraltro,  devono legittimamente anche pensare lateralmente alla sfida più bella, suggestiva e impegnativa: il remake dell'epica disfatta di Cardiff, che si giocherà prima e dopo la sfida di campionato al Benevento. La Champions, nonostante nessuno, di bianconero vestito, lo ammetterà mai, era e resta la priorità: anche per questo il Napoli deve continuare a crederci, almeno sino al giorno del faccia a faccia di Torino, fissato per il 22 aprile. Anche perché la Juventus non è sovrumana, come sembrava fosse, fino a ieri, ma per quanto superiore ad ogni sua avversaria in campo nazionale è fatta di uomini, perfettibili e non perfetti, incappa in eventi, talvolta anche sfavorevoli, e può anche non vincere. Prima di fare gol a Buffon o a Szczesny, però, bisognerà ripassare: in campionato l'ultimo pallone raccolto in fondo al sacco risale al 30 dicembre scorso. Ma anche questo, che oggi sembra un tabù, domani verrà rotto come fatale incantesimo dal più imprevedibile e clamoroso degli eventi. Il calcio, d'altra parte, lo amiamo anche per questo.