Non ci fosse l’amara realtà della classifica, con i rossoneri distanti 11 punti (potenzialmente 14) dalla qualificazione in Champions passando per il campionato, ci ha pensato ieri Marco Fassone, pur implicitamente, a chiarire quale sarà inevitabilmente la mission del Milan di Gattuso di qui a fine anno. “Se il Milan non dovesse raggiungere i ricavi sperati, in arrivo anche dalla Champions, allora dovremmo rivedere anche alcune strategie di mercato. La qualificazione all'Europa League comporta un abbassamento di 30 milioni dei piani finanziari, questo significherebbe avere 30 milioni in meno per fare mercato. Dunque potremmo anche decidere di cedere un giocatore per aumentare il budget mercato”.

Detto che, con tutta la fiducia possibile nei confronti della cura Gattuso, è difficile allo stato attuale ipotizzare un Milan quarto in campionato a fine stagione, è chiaro che le parole dell’a.d. rossonero vanno lette e interpretate, relativamente alla Champions, come la speranza verso l’unica strada ad oggi percorribile. Che è identica a quella intrapresa un anno fa dal Manchester United, oggi puntualmente in Champions League, anzi agli ottavi di Champions League: vincere l’Europa League.

Un’avventura, quella europea del Milan, partita prestissimo, tra mille entusiasmi, ai preliminari estivi con il Craiova. “Entusiasmi eccessivi”, confessa Paolo Condò dagli studi di Sky, poco prima che l’urna di Nyon affianchi ai rossoneri i non impossibili bulgari del Ludogorets. Ancora più spietato era stato, in precedenza, nello stesso studio Lele Adani: “Il Milan non è tra le squadre che possono sperare di vincere l’Europa League”. Il punto, però, sembra crudelmente quello: ad oggi il Milan deve sperare di vincere l’Europa League, andandone del futuro del proprio organico, e i maligni dicono anche quelli della società di Yonghong Li.

Già, ma come si può fare a rendere plausibile nei giro di pochi mesi qualcosa che attualmente appare irrealistico, specie alla luce della discesa dalla Champions di due-tre pesi massimi (Atletico Madrid su tutti), squadre che lo stesso Fassone non ha esitato a definire più attrezzate? Proviamo a cercare tre possibili chiavi di svolta per la stagione del Milan, attraverso le quali, di qui a febbraio, ai nastri di partenza della fase ad eliminazione diretta dell’Europa League a febbraio, possa presentarsi un’altra versione della squadra rossonera.

IL MODULO - Era partito con la difesa a tre, a Benevento, anche Gattuso. Poi, gioco forza per l’espulsione di Romagnoli al Vigorito, il passaggio alla linea a quattro contro il Bologna. Dimostratasi, episodi a parte (e il club rossonero non ha tardato a far presente che, al di là di tutto, si era di fronte all’avversario più alto in classifica di quelli battuti dal Milan a San Siro in questa stagione) meno soggetta a sbandamenti, più affidabile, e che ha ulteriormente messo in luce i lenti, ma innegabili, progressi di Bonucci, anche in fase di impostazione. Anche Suso ha espresso gradimento per l’imprinting di Gattuso e per l’impostazione dello scacchiere offensivo. Ora l’allenatore dovrà capire se sarà il caso di insistere dello schieramento che ha portato a una delle prove più convincenti degli ultimi tempi, e battere la stessa pista per i prossimi mesi. Insomma, il punto è sempre lo stesso: scegliere una formazione, e farla propria di qui a febbraio. La novità è che la scelta sembra fatta, con gli interpreti molto meno titubanti.

LO SPIRITO DI GRUPPO - Già, gli interpreti. Aver recuperato Bonaventura, nella sua versione migliore, nel giro di due partite non è roba di poco conto. Senza, tra l’altro, che la cosa sia strettamente correlata con la sua posizione in campo. Perché se a Benevento Jack era tornato nel tridente come nella prima, ottima stagione di Montella, contro il Bologna è tornato ad agire a centrocampo, nella vecchia posizione che avrebbe legittimato una nuova involuzione dopo i progressi del Vigorito. Ma Bonaventura contro gli emiliani è risultato doppiamente devastante: magari il posizionamento in campo c’entrava relativamente, e Gattuso ha fatto prestissimo ad entrare nella testa di uno degli uomini più importanti del gruppo rossonero (e forse uno di quelli che aveva più risentito degli arrivi, dell’essere messo in ombra, della questione della fascia di capitano). E poi proprio il capitano, Bonucci, da rendere leader non solo a parole, ma parte di un insieme. E magari ripetere l'operazione con Biglia, ad oggi troppo corpo estraneo per essere vero. Insomma, prendere questo gruppo di giocatori e trasformarlo in una squadra, è uno dei fattori che potrebbero far vedere un altro Milan a febbraio: se l'operazione è risultata possibile per uno, può esserlo per due, tre giocatori decisivi, di cui il Milan ha bisogno come il pane.

IL MERCATO (?) - In questo caso poco da fare, visto che in tal senso le dichiarazioni di Fassone e Mirabelli sono state tutto un programma. Eppure qualcosa, qualcosina, potrebbe essere fatto, se le prossime settimane serviranno a Gattuso a far luce, definitivamente, su quei “due errori” fatti sul mercato dei quali parlava il club. Gli indizi ci sono, gli ingaggi (importanti) anche. E se a gennaio il Milan si alleggerisse di questi due ingaggi, ecco che qualche spicciolo per un solo correttivo, magari in mezzo o in avanti (il tempo sarà galantuomo anche per valutare quale dei due reparti ne necessiterà maggiormente) ci sarà. Certo, la crescita della squadra passerà anche attraverso un altro paio di nomi sui quali, evidentemente, Fassone ha affermato esplicitamente di non aver commesso errori: Bonucci e Biglia. “Impossibile che non tornino ai loro livelli”, ritiene l’ad milanista. Ecco, con un Bonucci in più, un Biglia in più, e qualche spicciolo investito senza errori a gennaio, ecco che le pretendenti all’Europa League potrebbero dover fare i conti anche con il Milan. Magari non ancora capace di trasformare quello che sembra un miracolo in una strada percorribile, ma almeno non tremendamente in salita come appare oggi questa mission obbligata e complicatissima, per garantirsi un futuro.