E così, in una gelida serata (non solo per motivi climatici) di inizio febbraio, la tanto decantata Lazio di Simone Inzaghi si ritrovò lì, da sola, al quinto posto in classifica. Provvisoriamente fuori dalla zona Champions, traguardo minimo di un campionato in cui, per potenzialità di squadra e valore dei singoli, con maggior continuità, un pizzico di fortuna in più e qualche errore arbitrale in meno avrebbe potuto persino dare fastidio alle prime due della classe. Discorsi che ormai lasciano il tempo che trovano. Ad oggi la certezza è una sola: arrivare quanto meno tra le prime quattro è un obiettivo non solo ancora assolutamente in piedi ma anche piuttosto abbordabile. Per quanto visto e dimostrato sul campo dopo 24 giornate (e non soltanto nelle ultime tre), riuscireste a dire il contrario?

A proposito delle ultime tre, è chiaro che Inzaghi si è ormai giocato il 'bonus crisi' e che d'ora in avanti non saranno più ammessi passi falsi, come avrà fatto ben intendere ai componenti dell'intera rosa nel confronto andato in scena dopo la debacle del San Paolo. Tutto sommato, il tecnico biancoceleste ne è uscito quasi indenne: la Roma è a +1 e l'Inter a +2, ma nessuna delle due dà l'impressione di poter tentare la fuga, sebbene siano reduci da vittorie scaccia-crisi o presunte tali. Dal prossimo week-end, infatti, ripartirà un mini-campionato di 14 partite in cui la costanza di rendimento sarà il vero segreto per spuntarla alla fine. Ecco perché servirà una completa inversione di tendenza. Ben 8 reti incassate (e zero punti raccolti) tra Milan, Genoa e Napoli, 33 in totale: decisamente troppe rispetto a nerazzurri e giallorossi (19 a testa). E' vero, il punto di forza fin qui è stato l'attacco (59 centri, solo la Juventus ha fatto meglio con 61), ma anche lì le cose sembrano non girare più a meraviglia. Ciro Immobile, ancora capocannoniere del torneo con 20 gol, non segna dal 6 gennaio (poker nel 2-5 in casa della Spal). Milinkovic-Savic continua a essere dominante sul piano fisico, sforna a ripetizione numeri da fuoriclasse, eppure l'ultima volta in cui ha messo a referto un bonus (e quindi una giocata decisiva) risale a tre settimane fa, con la sua doppietta nel 4-1 rifilato al Chievo. Chi però sta deludendo più di ogni altro è Luis Alberto: tre insufficienze negli ultimi 270 minuti di campionato, mai gli era successo quest'anno. Il freschissimo rinnovo di contratto fino al 2022 sembra quasi aver prodotto un effetto dannoso alle sue prestazioni.

Ovviamente è ancora prestissimo per trarre conclusioni e fare bilanci, così come per mettere sul banco degli imputati qualcuno in particolare. Tipo Felipe Anderson, da cui invece l'ambiente laziale si aspetta grandi cose da qui a maggio: infortunatosi in estate e aspettato per un girone intero, sarebbe un peccato mortale anche solo pensare di poter fare a meno di lui adesso che è a completa disposizione. Dovrà certamente cambiare l'atteggiamento in campo e accettare di non essere più un titolare fisso, ma il fatto che sia tornato il sereno con Inzaghi (e, senza dubbio, presto anche con la tifoseria) rappresenterà lo slancio decisivo per la definitiva svolta. Magari proprio da giovedì, nell'andata dei sedicesimi di Europa League, impegno tutt'altro che da snobbare nonché una delle tre competizioni da onorare fino in fondo. Coloro che invece con ogni probabilità non si salveranno dalle critiche, comunque dovesse andare il finale di stagione, sono Wallace e Bastos. Incostanti, poco affidabili, in alcune (troppe) circostanze insindacabilmente disastrosi. La soluzione? Caceres titolare in pianta stabile insieme con De Vrij e Radu. Tempo al tempo: chi ha la memoria corta presto dovrà ricredersi.