Facciamo così, facciamo un dispetto ai palinsesti televisivi, alle home page dei siti, alle rotative e a quella vecchia abitudine mediatica di dare risalto prima di tutto ai primi della classe. I primi per primi, in barba ai Vangeli, al solidarismo e al Paradiso.

La dodicesima giornata ha detto soprattutto degli ultimi. A proposito degli apostoli, non sappiamo se per caso o per altre ragioni, il numero dodici ha detto che lo zero del Benevento ha tenuto sotto scacco i campioni in carica, nel loro tempio e con tanta paura di vedersi sacrificati sopra l’altare dell’infrazione al tabù. I reduci dal deserto della classifica hanno predicato dal pulpito del re. La teocrazia juventina ha barcollato a lungo, prima di avere ragione di misura. Alla fine, i sacerdoti vincono sempre.

Il Crotone del profondo sud, dove tutti credevano che il Cristo del pallone non fosse mai arrivato, alla sua seconda vittoria consecutiva, e il Cagliari, ritrovatosi dopo il cambio di allenatore, hanno dato uno strappo significativo a quella classifica che negli ultimi anni sta diventando l’A2 dentro una serie A affollata e con disparità da lotta di classe. Le ultime tre sembrano già tagliate fuori, con quel Sassuolo che ancora non sa se riuscirà ad agganciarsi al treno delle squadre destinate alla serenità. La pace dei sensi farà bene a questo campionato? Intanto, vedere il Genoa laggiù, troppo laggiù, fa una certa sensazione. Simbolo, emblema di quella transizione che ha cambiato il calcio italiano tra la fine degli anni ’90 e la fine del primo decennio del duemila. Diversa reazione sembra avere l’altra luce della Lanterna. La Sampdoria è vispa e intraprendente, compatta e pungente. Il derby vinto nello scoramento rossoblù ha il sapore del cinismo e di una bella carta d’identità.

Eppure, proprio la prima della parte destra della classifica, quel Chievo che è la faccia salvifica di Verona, ha resistito novanta minuti alla pressione della prima della classe, quel Napoli reduce da dolori e fatiche di coppa e leader di una classifica che dice di tanti punti e di un ruolino di marcia che per lo scudetto pretende ritmi e risultati senza intoppi. Allora, ecco che pareggiare con una squadra di metà classifica non è nemmeno lontanamente consentito. C’è voluta la tavola apparecchiata dai dodici apostoli per far perdere al Napoli i primi due punti del campionato. In attesa che arrivi qualche nuovo escamotage del predicatore, il parco terzini deve lavorare per convincere i perplessi e gli scoraggiati dall’infortunio di Ghoulam. La sosta servirà per far entrare anche Mario Rui nel patto dello spogliatoio, quello di cui si è a lungo vociferato in questa estate. A un quarto di campionato dieci vittorie e due pareggi non sono un caso. Non si ceda all’affibbiare presto ai partenopei quanto visto a Verona. Passare dal divenire all’essere è un azzardo che nemmeno la storia della filosofia è ancora riuscito a esercitare con successo. Resta, però, a Maurizio Sarri ancora una volta il compito di trovare alchimie superiori, come il cioccolato finissimo.

Intanto la Capitale si muove silenziosa e sorniona, con la Roma corsara e la Lazio al riparo dalla pioggia. Entrambe con una gara in meno. Se arrivassero i tre punti per tutte e due, la lotta per lo scudetto diventerebbe a cinque. Eppure, qualcosa fa pensare che pure questa, prima o poi, si verificherà una selezione, naturale o indotta non è dato a sapersi. In ogni caso selezione. L’Inter è uguale a se stessa più di tutte le altre. Si somiglia talmente tanto di partita in partita che tra le sue vittorie e i suoi pareggi non sembra esserci grande differenza di gioco. La dottrina di Spalletti pare orientata sulla meditazione del risultato, solo del risultato. Su dodici gare ha un senso. Su trentotto ne avrà un altro?

Il Torino ha recuperato Belotti. Si vede. Così come il Milan pare coltivare buone speranze per avere ragione della cosiddette piccole. Le ultime trasferte di Verona e Reggio Emilia lo testimoniano. Sei goal fatti e uno solo subito. I punti per la qualificazione in Champions si fanno soprattutto in queste partite. Che valga adesso o per il futuro. Mentre la Spal porta avanti la sua epica discreta al pari della sua raffinata Ferrara, l’Atalanta di Gasperini naviga a vista in campionato per continuare a coltivare il suo sogno Europa League.

Nota metaforica di ordine “nazionale”. La doppia punizione di Verdi è la parola ambidestra sopra un calcio che in Italia va troppo spesso verso una sola direzione e senza nemmeno molta fantasia.