9 dicembre. L'Inter impatta contro la Juventus allo Stadium, e riesce con le unghie e con i denti a strappare un insperato pareggio, visto che ai punti - e considerato anche il legno colpito da Mandzukic - forse i campioni d'Italia uscenti l'avrebbero meritata. Tutto, a margine di quel 16° turno di campionato, lasciava immaginare che - nonostante una prestazione coriacea ma insufficiente - il destino fosse dalla parte dell'Inter. Che poche ore prima vedeva il Napoli fermato al San Paolo dalla Fiorentina, e irrobustito il primato. E invece da allora ad oggi sono passate solo poco più di due settimane, e tutto è cambiato.

Sono serviti 120' ed una sessione completa di rigori per avere ragione del Pordenone, in Coppa Italia, ed in campionato sono arrivate due sconfitte. Clamorose e insospettabili, aggiungiamo noi, visto che sono giunte contro la sì arrembante, ma non irresistibile Udinese di Oddo, ed il redivivo Sassuolo di Iachini. Sconfitte, peraltro, senza replica, visto che al netto di qualche disattenzione difensiva gratuita a San Siro, ed il rigore fallito da Icardi al Mapei, trattasi di KO giusti. Figli della confusione, soprattutto mentale, e di un'organizzazione di gioco dispersa nell'aere. Forse di San Siro, dove non più tardi di inizio dicembre il pur solido Chievo veniva semplicemente raso al suolo.

Al termine dell'editoriale post Juve-Inter, pur elogiando la corazza (non corazzata) nerazzurra, scrivevo:

Basterà tutto ciò per continuare a sognare uno Scudetto che manca da 7 anni? Probabilmente no, perché il Napoli, pur nonostante infortuni che avrebbero tagliato le gambe a chiunque, continua a giocare meglio di chiunque altro, e da qui in avanti non avrà più l'assillo della Champions. E perché la Juventus, avendo la rosa più lunga e completa, e facendo una preparazione che per ovvi motivi la porterà al massimo della condizione solo tra un paio di mesi, a breve ricomincerà a odorare la vetta. 

Luciano Spalletti, amaro Natale (getty)

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Il punto è sempre lo stesso: o si gioca come nessuno riesce a giocare (vedi Napoli), o si ha una rosa talmente vasta, completa, e si possono adoperare soluzioni tattiche così imprevedibili da mettere in difficoltà chiunque (vedi Juventus). O si tiene in piedi - e questa è la terza via, adottata con successo, sino a qualche settimana fa, da Spalletti - una difesa di ferro (e fuoco, come quello che mettono sempre in campo Skriniar e Handanovic). Quando però queste ultime vengono meno, la mancanza di variabili inizia a pesare: ed il fatto che l'Inter, in sostanza, sia salita sino alla vetta con lo stesso undici-tipo è stata la sua forza ma anche la sua debolezza. Perché oggi, con Brozovic e Joao Mario che vanno evidentemente e oggettivamente messi da parte, e gli stessi Icardi e Perisic che prima o poi avranno (o, addirittura, hanno?) bisogno di rifiatare, c'è un'altro quid da risolvere: le corsie laterali difensive. 

D'Ambrosio, anzitutto, s'è fatto male: e sinora a destra aveva rappresentato un'inequivocabile certezza. Sapremo solo entro 48 ore le sue reali condizioni, ma la distorsione al ginocchio è più d'una possibilità. A sinistra hanno avuto le loro chances Dalbert prima, Nagatomo poi, e Santon alla fine. Oggi nessuno dei tre è sceso in campo dal 1', a vantaggio del desaparecido Joao Cancelo (che ha fatto traslocare dall'altra parte lo stesso D'Ambrosio). 

Problema: servirebbe cristallizzare le gerarchie, e trovare gente ancora più degna di guidare la squadra verso le altissime sfere della classifica. 

Soluzione: al momento, iniziare, o quantomeno provare a rilanciare chi sinora ha dato meno degli altri. Proprio come il portoghese, che ha gli spunti ma anche necessità di sentire la fiducia addosso, di modo da capire quale sia la reale tenacia dei terzini avversari, in Serie A. Certo non comparabile a quella sinora apprezzata in Spagna e in patria. 

Poi la questione centrocampo, che al momento vede più o meno il medesimo problema: sinora in tre - Vecino, Gagliardini, Borja Valero - si sono dati il cambio con successo, ma serve trovare un quarto meno discontinuo di Brozovic e meno triste di Joao Mario. Soluzione: quest'ultimo va ceduto, senza se e senza ma. Anche a costo di iscrivere a bilancio una piccola minus valenza. Col ricavato (una trentina di milioni?) si possono serrare gli assalti a due giocatorini che a Spalletti servirebbero come il pane. Uno è Donsah, e per costo, caratteristiche ed età sembra perfettamente integrabile nel 4-2-3-1 attuale. Certo, Barella sarebbe meglio, ma appare difficile se non impossibile soffiarlo al Cagliari a stagione in corso. L'altro sarebbe Verdi, che per capacità tecniche, balistiche e duttilità potrebbe peraltro ricoprire tutti e tre i ruoli della trequarti. Anche per lui, ovviamente, il problema si pone: Saputo non cederà mai entrambi a gennaio, e se ciò dovesse accadere servirebbe ricompensarlo non solo coi soldoni, ma anche con delle contropartite di livello. Una, ad esempio, potrebbe essere Karamoh, che ha obiettivamente necessità di imparare molto e giocare con continuità. Più facile, quindi, farsi dare Ramires dai cuginetti del Jiangsu: a Capello non serve particolarmente, e sarebbe il perfetto clone tattico di Joao Mario. Capace quindi di far rifiatare Candreva, ma anche eventualmente di piazzarsi in luogo di Vecino dietro a Icardi. 

Poi, ovviamente, servirebbe altro. Necessità magari non altrettanto impellenti, ma che da qui a luglio Ausilio dovrà saziare. Un terzo centrale difensivo, ad esempio, che sia uomo di maggiore garanzia rispetto a Ranocchia. L'uomo perfetto, ovviamente, è De Vrij, per il quale però la Juventus continua a monitorare l'andazzo contrattuale. Di voglia di rinnovare con la Lazio il ragazzo non ne ha poi moltissima, ma è grato alla società per averlo sempre aspettato e rilanciato. Prenderlo subito, essendo il contratto in scadenza, sarebbe un sogno, e affiancarlo a Skriniar anche una forma di certificazione per il prossimo lustro almeno: ma trattare con Lotito in frangenti come questo significherebbe suicidarsi. Meglio aspettare febbraio, sperare che Marotta non intervenga, e che il suo entourage non trovi l'accordo: al momento di parla anche del valore della possibile clausola rescissoria. E allora, ben venga Bastoni, in cui arrivo da Bergamo verrà anticipato di qualche mese: il ragazzo da Miranda può solo imparare, oltre che rendersi utile in caso di necessità. 

E infine c'è la questione Icardi. Che, chiariamolo subito, un problema certo non è. Ma così come Spalletti prega notte e giorno che a Skriniar e Miranda non venga un raffreddore, anche per Maurito il problema si pone. Così come il Milan ha fatto con Cutrone, diversamente è stato gestito un ragazzo pimpante come Pinamonti, che avendo davanti il migliore attaccante della Serie A non ha mai avuto una vera occasione. Lui, Maurito, fatica a giocare in coppia con qualsiasi altro compagno d'area, anche il silente Eder, ma prima o poi una mezza controfigura servirà trovargliela. Anche, se necessario, sul mercato degli svincolati. Si poteva fare, all'epoca, ad esempio, su Gilardino o Rossi. Ora servirebbe invece farla su qualche interessante prospetto della cadetteria, come Pettinari o Nestorovski. Gente che, a fine stagione, potrebbe peraltro tranquillamente essere piazzata, in prestito, inserita in trattative alla Skriniar-Caprari, senza altre pretese. Già, perché il mercato nerazzurro di gennaio che potrebbe soddisfare le legittime pretese di Spalletti e completare la sua rosa, è alle porte ma non verrà finanziato da Suning. Che, dal canto suo, è stata chiara: autofinanziamento. Tutto passa quindi dalle scelte di Sabatini e Ausilio, che dovranno scegliere bene ma hanno anche a loro disposizione diverse cartucce da sparare. Joao Mario è la prima, ma nel giro dei sacrificati si spera di far rientrare anche qualcuno dei recenti acquisti andati, purtroppo, a male, come Dalbert. Senza neanche citare, ovviamente, Gabigol. Che osannato (solo) dai tifosi la scorsa stagione, è stato capace di rimanere in panchina un semestre anche in Portogallo: prima di rivenderlo, sarà necessario rivitalizzarlo. E in tal senso, nulla appare migliore di un ritorno nel suo Santos. Sempre a meno che Luciano, che tutte queste cose (e certo, anche di più) le sa benissimo, non decida di sorprenderci tutti e di riprenderselo. Se è riuscito a ristabilire Santon e Nagatomo, non vediamo perché non debba riuscirci pure con lui.