"E così, tra il cielo il fiume e le montagne, una generazione dopo l'altra imparava a non compiangere troppo ciò che la torbida acqua si portava via; ché la vita è un miracolo impenetrabile perché si fa e disfà incessantemente, eppure dura e sta salda, come il Ponte sulla Drina."  Ivo Andri?

Dal maggio del 1990 a quello del 1991 per la Fudbalski klub Crvena zvezda, più conosciuta come la Stella Rossa, si distese un’annata che non preparò soltanto il mondo a una delle grandi tragedie di fine millennio, ma riservò ai biancorossi di Belgrado i due momenti più significativi della loro storia. La tensione e la vittoria, la politica e il successo sportivo, un momento e un altro momento. E la stella in petto a quella maglia ebbe occhi tanto per guardare al chiarore della gloria e all’inquietudine del rosso di una passione che avrebbe messo intere popolazioni davanti agli orrori peggiori.

La polisportiva fondata nel 1945 da un gruppo di studenti serbi sopra quel che restava dello Sportski klub Jugoslavija, in breve tempo ha conquistato gli ardori di migliaia e migliaia di tifosi balcanici, in un’epoca in cui la parola conquistare aveva assunto un significato molto particolare.

Il 13 maggio 1990, allo stadio Maksimir di Zagabria, tra gli ultras della Dinamo Zagrabia, i Bad Blue Boys, e quelli della Stella Rossa Belgrado, i Delije, si scatenano gli scontri considerati tra i più violenti di quegli anni divisi dal muro di Berlino ancora in piedi e la sua caduta che si porterà dietro altri crolli, previsti e non previsti. Gli scontri di quel 13 maggio si verificano sette giorni dopo il secondo turno di elezioni che vedono uscire vincitrice la fazione dell’Unione Democratica Croata (la HDZ) di Franjo Tu?man, risultato che si somma a una serie di momenti che contribuiscono a condurre la Jugoslavia a una crisi politica che sfocerà nella guerra civile ormai alle porte.

Gli scontri hanno inizio coi tifosi di Belgrado che iniziano a vandalizzare il settore dove sono assiepati senza che la polizia intervenga. La situazione degenera quando la polizia interviene per caricare i tifosi di casa, che riescono a venire in contatto con quelli ospiti. La sensazione che le forze dell’ordine, filo serbe, parteggino per i tifosi di Belgrado è forte. Ai tumulti, che continueranno anche fuori dallo stadio, partecipano anche alcuni calciatori. Il momento emblematico è quello rappresentato dal contatto tra un poliziotto e un calciatore della Dinamo che gli si è avventato contro per vendicare l’aggressione subita da un tifoso di Zagabria. Quel calciatore è Zvonimir Boban, allora non ancora ventenne.

Quell’immagine farà il giro del mondo. Boban pagherà con una lunga squalifica un gesto che lui stesso non esiterà a definire politico. Dopo molto tempo, però, sia il poliziotto colpito che Boban ammetteranno l’esasperazione dei propri gesti, l’uno confessandone la volontà di rappresaglia, l’altro di provocazioni precedenti il contatto. Il 13 maggio del 1990 per molti è tra i momenti simbolici della fine della Jugoslavia. Eppure, dopo un Campionato del Mondo, quello italiano, finito ai quarti di finale e ai calci di rigore a vantaggio dell’Argentina, per il calcio jugoslavo non tarda ad arrivare il momento del riscatto.

Quando il 29 maggio 1991, a poco più di un anno di distanza dai fatti di Belgrado, la Stella Rossa incontra l’Olympique Marsiglia, proprio in Italia, a Bari, agli ordini dell’arbitro Lanese, l’appuntamento è quello che ogni calciatore sogna di poter raggiungere. La finale di Coppa dei Campioni. La Crvena zvezda ci è arrivata battendo il Bayern Monaco in semifinale, grazie alla vittoria ottenuta per 2-1 in Germania. Invece l’Olympique ha avuto ragione dello Spartak Mosca, che agli ottavi aveva avuto ragione del Napoli dopo i calci di rigore. I francesi sono favoriti, ma la Stella Rossa può contare su grandi calciatori. Jugovi? e Savi?evi? faranno le fortune di Juventus e Milan, con Mihajlovi? e Pan?ev pure loro a prendere la strada dell’Italia e Prosine?ki del Real Madrid. Quello che sarà il Milan di Capello formerà il suo reparto d’attacco proprio pescando da calciatori protagonisti di quella finale. Il già citato Savi?evi? e il centravanti francese Jean-Pierre Papin, al centro dell’attacco del Marsiglia.

La partita si trascina sullo 0-0 fino ai supplementari. La Stella Rossa imposta la sua gara soprattutto sulla fase difensiva. In cuor suo sa di avere fior di rigoristi. Una volta ai calci di rigore, Prosine?ki, Bini?, Belodedici, Mihajlovi? e Pan?ev dimostrano tutta la loro freddezza, realizzando tutta la serie di penalty senza nemmeno un errore. La batteria jugoslava prevale su quella francese, in cui l’errore di Amoros risulta decisivo. La Coppa dei Campioni va alla Stella Rossa. Si tratta del primo successo di prestigio internazionale per la squadra di Belgrado, che aveva perso la fiale di Coppa UEFA nel 1979 contro il Borussia Mönchengladbach. Quando la Stella Rossa sale sul gradino più alto del calcio europeo, arrivando anche su quello più alto del futbol mondiale, grazie alla conquista della Coppa Intercontinentale pochi mesi dopo con un netto 3-0 rifilato ai cileni del Club Social y Deportivo Colo-Colo, la Jugoslavia attraversa già uno tra i momenti più bui della sua storia. 

I ponti saranno abbattuti, molta gente morirà e i ricordi del grande calcio jugoslavo si allontaneranno più velocemente. Quelli resteranno gli anni della gioia e del dolore, delle manifestazioni collettive e dei segreti più inconfessabili. Gli ultimi fuochi di un Novecento in cui il calcio ha avuto spesso a che fare con l’orrore e con le derive delle sue epoche.