Vincere, anche quando le premesse sono totalmente sfavorevoli. Questo manca (e mancherà) a Napoli e Roma. Di questo parlavamo una settimana fa, elogiando, per l'ennesima volta, lo spietato, reiterato, cinismo della Juventus, nuovamente abile a ribaltare a suo favore una partita che la vedeva partire sommessa, quasi sottomessa. Il tutto, avendo di contro la viscerale umoralità del Napoli - e della stessa Roma, come peraltro mostrato in settimana in Europa - , troppo impegnato a specchiarsi nella sua atavica e incompiuta bellezza, per non trarne i frutti più succosi e confortevoli. Una prerogativa che, nell'ultimo mese, paradossalmente è stata soprattutto del Milan, che ha raggiunto l'apice della sua crescita stasera, contro la squadra che da anni insegna all'Italia intera la teoria del tutto. A San Siro, per una volta, è andata in scena 'La metamorfosi' di Kafka. E così, per una, indimenticabile, notte, il Milan ha vestito i panni della Juventus, e viceversa.

Un paio di giocate di altissimo livello, una solidità difensiva (peraltro figlia non del caso, ma d'una manovra ben organizzata e d'un blocco difensivo 100%, anzi 99% italiano) di alto livello, ed anche un pizzico di fortuna, legato al "pareggio" di Rizzoli & co. in merito all'ormai famigerato gol-non gol di Muntari di qualche anno fa. Sono questi gli ingredienti della vittoria di Montella - la quinta nelle ultime 6 gare - , che portano il Milan, clamorosissimamente (sempre che Garzanti ce lo conceda) al secondo posto. Il tutto, peraltro, mediante una rosa che contempla un undici base - quello messo in campo nelle ultime tre uscite - giovanissimo (23.9 anni di media, contro i quasi 30 della Juventus) ed italiano per i 7 undicesimi. Una rarità, tanto nel calcio italiano quanto in quello europeo. Ma soprattutto nella storia rossonera, che racconta le imprese di stelle e stelline straniere più o meno agée, ognuna a suo modo istrionica ed ingombrante. Nulla a che vedere con l'umiltà e la passione, oltre che la sfrontatezza, con la quale un ragazzo del '98 ed uno del '99 - Locatelli e Donnarumma - anche stasera hanno preso per mano la squadra e l'hanno portata in trionfo, sino a sotto la curva. A prendersi il meritato un abbraccio. 

Una curva che, a modo suo, stasera ha mostrato prossimità a Montolivo, ed a modo suo anche a Berlusconi a Galliani, al loro ultimo Milan-Juventus. Il primo, pur avendone certamente bisogno, potrebbe averne però necessità soprattutto al momento del suo rientro, quando il buon Locatelli avrà maturato presumibilmente un intero girone da uomo cardine del centrocampo, ed anche una valutazione di mercato già piuttosto alta, per farlo tornare stabilmente in panchina. D'altra parte il futuro dei cosiddetti predestinati si scrive così, in partite di questa intensività e importanza. E ciò che è riuscito a mostrare questo sbarbato regista che più che Pirlo, per fisicità, ruolo e carattere ricorda lo stesso Montolivo, ai tempi della sua esplosione in quel di Bergamo, è davvero tanta roba. 

Dell'A.D. e del Presidente, invece, parleranno solo i nostalgici e i libri di storia (e di cronaca, non solo politica). Galliani ha sì ricominciato a esultare come ai tempi in cui spaccava in due l'Europa con i suoi rinomati blitz multimilionari, ma dovrebbe anche avere l'umiltà di riconoscere, pubblicamente, che i meriti di questa inaspettata rinascita rossonera sono di chiunque, ma non i suoi. La sua campagna estiva di mercato è stata ancora una volta fallimentare, e la dimostrazione di ciò è data dalla temperatura media dei fondoschiena dei suoi acquisti, perennemente superiore di quella dei ragazzi in campo perché relegati, con tanto di giacca a vento e plaid, in panchina a far da cornice alle (piccole) imprese di 11 titolari che erano già in rosa anche un anno fa. Quando di José Sosa, Gustavo Gomez, Pasalic e i loro fratelli non c'era traccia, né bisogno. Stesso discorso anche per Berlusconi, ormai giunto definitivamente agli sgoccioli: onore per il suo potentato e per il suo passato calcistico, ma nessuna gloria per il suo presente: ormai da tempo parlava di Milan giovane e italiano, ma il fatto che quella visionaria premonizione fosse una necessità e non una scelta relega questo suo merito nell'ambito dei vantaggi della luce riflessa. Quella del Milan di Montella, che sinora è riuscito a far rendere (e spremere) al massimo ogni goccia di sudore e talento dei suoi, trasformando una squadra da decimo posto, in una da zona Europa. Europa dei grandi. Un dato di fatto che la nuova proprietà non deve osservare con manifesto distacco, ma premiare con una campagna acquisti degna del livello raggiunto. Anche perché al netto della formazione base scelta, le alternative latitano, e le lacune sinora coperte da alcuni picchi personali e da qualche casualità fortunosa restano e resteranno. A differenza del passato, ormai definitivamente spazzato via dal furore giovanile della nuova spina dorsale rossonera, e dal vento del cambiamento che ormai s'è impadronito di Milanello. Spazzando via, una volta per tutte, anche i lacrimosi masochismi e gli inspiegabili atti di pochezza dell'ultimo quinquennio. Forse non basterà per tornare sin da subito ciò che si era, ma di certo il viatico è quello giusto. E tanto basta. Anche per i cinesi.