Nel giornalismo sportivo l’utilizzo di terminologie errate è, purtroppo, all'ordine del giorno. Il rischio di incappare in equivoci o incomprensioni è sempre dietro l’angolo quando non si ha la dovuta preparazione sull'argomento. Finché si parla di fuorigioco o calci di punizione il dialogo è aperto a chiunque. Quando, però, si discute di normativa o regolamenti bisognerebbe avere quel giusto grado di umiltà per lasciare il campo a chi è in grado di fugare ogni dubbio piuttosto che farne venire altri.


Clausola rescissoria, clausola anti Juve: nelle ultime settimane di calciomercato non si è fatto altro che parlare di questo.

Cerchiamo di fare chiarezza e, soprattutto, di utilizzare i vocaboli giusti in questo mare di confusione.

Il codice civile stabilisce quali siano le modalità attraverso le quali un contratto può estinguersi prima della sua naturale scadenza: la rescissione, la risoluzione, il recesso e l’accordo.

Senza entrare nel dettaglio della norma e rischiare di perdere il 90% dei lettori vi basta sapere che, ad esclusione della rescissione, tutte le altre forme di estinzione riguardano situazioni intervenute successivamente la sua stipulazione.

Esempio 1: dopo aver sottoscritto un contratto di tre anni, il datore di lavoro non paga più lo stipendio. Il lavoratore può chiedere la risoluzione per inadempimento anche dopo 3 mesi. Esempio 2: dopo aver stipulato un contratto, le parti si accordano per estinguerlo. Così come un contratto nasce dall'accordo tra le parti lo stesso può avvenire per la sua estinzione.

La rescissione è cosa ben diversa. I fattori che legittimano un soggetto a chiedere la rescissione di un contratto si materializzano già al momento della sua sottoscrizione.

Esempio: al momento della firma del contratto Caio si trovava in uno stato di pericolo o di bisogno. Non vi erano alternative. Non firmare avrebbe significato, ad esempio, rischiare la vita sua o quella degli altri.

È, dunque, chiaro che parlare di “clausole rescissorie” non ha alcun senso. Nel caso specifico si dovrebbe, pertanto, parlare di clausole risolutive o penali.

In pratica, se il giocatore volesse risolvere il contratto prima della sua scadenza per accasarsi in un’altra società sarebbe libero di farlo ma sarebbe, comunque, costretto a rispettare la clausola risolutiva che, nella maggior parte dei casi, prevede un indennizzo economico in favore della sua precedente società.

Il giocatore, in quanto parte contrattuale, e dunque non la futura società, dovrebbe versare l’indennizzo per svincolarsi. Che poi, in concreto, sia la società interessata ad accollarsi l’indennizzo non cambia.

La normativa sportiva prevede che, nel caso in cui, la società che subisce lo “scippo” non abbia quantificato tale indennizzo, sarà la Federazione, previo ricorso, ad indicare la somma che il giocatore dovrà pagare.

Nello specifico l’articolo 17 del “Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori” prevede che, nel caso in cui il contratto venga risolto prima della scadenza senza giusta causa, la parte inadempiente sarà obbligata al pagamento di una indennità da quantificarsi secondo alcuni criteri oggettivi definiti in sede di ricorso. Se ciò viene effettuato nel cosiddetto "periodo protetto" la società futura ed il giocatore verranno sanzionati disciplinarmente.

Il rischio di vedersi attribuito un indennizzo inadeguato è molto alto, pertanto, tutte le più grandi società d’Europa e non solo, sono solite inserire tali clausole nei loro contratti al fine di vedersi adeguatamente risarcite.

Si è letto in questi giorni che tali clausole avrebbero effetti limitati ai territori esteri.

In pratica, in Italia, tali clausole non avrebbero efficacia per diretta volontà delle società. L’opinione pubblica le ha chiamate “clausole anti Juve” poiché attualmente, in Italia, la società torinese sarebbe l’unica in grado di pagare tali indennizzi.

Ebbene questa considerazione non avrebbe alcuna logica se non quella di puntare ad una sanzione della società o del calciatore nel caso in cui ciò si verifichi. 

Come detto la logica della quantificazione preventiva ha la finalità di farsi riconoscere una somma adeguata evitando di lasciar spazio al “braccino corto” degli Organi Federali.

Che senso avrebbe, pertanto, tutelarsi all'estero per poi lasciarsi scoperti in Italia dove, peraltro, sono stati lamentati i noti “scippi”? Specificare l’indennizzo nel contratto, senza alcun limite territoriale, è sempre la scelta più giusta.

La Juventus non potrà, pertanto, fregiarsi dell'introduzione di una clausola a suo nome. Si dovrà ancora "accontentare" degli incubi che, ormai da 5 anni, le sono stati dedicati dai tifosi di tutte le altre squadre.

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)