Seoul ’88, Zambia-Italia 4-0 e per la nazionale azzurra è l’inizio del mal d’Africa. Un risultato, allora, praticamente impensabile, pure alle Olimpiadi.

Uno Zambia situato quasi sul fondo dell’Africa meridionale, con il suo governo fondato sul sistema monopartitico di Kaunda, capace di combinare il socialismo sovietico con alcuni aspetti tipici della cultura africana (un processo politico passato alla storia col nome di “Umanesimo zambiano”), prossimo a finire sotto gli imminenti colpi della fine alla guerra fredda, prende parte alle Olimpiadi che si tengono a Seul, capitale sudcoreana che nel 1988 ospita la massima competizione sportiva globale.

Al torneo calcistico si qualifica anche la selezione zambiana, che, di lì a poco, incanterà il mondo del calcio prima di passare alla storia per la tragedia aerea che cancellerà una squadra molto forte. Una vittoria in Coppa d’Africa, anni dopo, restituirà la meritata gloria a uno dei simboli assoluti del calcio africano. Nel 1988, però, quando la nazionale dei Chipolopolo, "proiettili di rame", uno dei maggiori prodotti d'esportazione del paese, si trova davanti l’Italia, la storia, di quanto sta per avvenire, non ne è ancora al corrente.

Il 19 settembre 1988, a Gwangju, l’Italia schiera calciatori del calibro di Tacconi, Ferrara, Carnevale, Tassotti, Virdis, solo per citarne alcuni. Tutti elementi di spicco delle più attrezzate squadre di serie A. Napoli, Milan, Juventus, squadre che in quegli anni sono protagoniste in campionato e in Europa. Una nazionale olimpica che, sul piano tecnico, viene considerata tra le favorite per la conquista a una medaglia. Lo Zambia, invece, è una formazione pressoché sconosciuta. La nazionale tricolore è reduce da una netta vittoria sulla nazionale del Guatemala, mentre gli africani hanno pareggiato la prima partita, per 2-2, con l’Iraq. Quello degli azzurri, inutile sottolinearlo, è un girone estremamente agevole.

Quando l’arbitro inglese Hackett fischia il calcio d’inizio, il pronostico non può che soffermarsi sul punteggio, più che sull’esito dell’incontro. A pochi minuti dall’intervallo lo Zambia passa in vantaggio. Kalusha Bwalya trafigge Tacconi, che non trattiene il diagonale dell’attaccante zambiano e vede rotolare il pallone in fondo alla rete. Uno a zero e la ventiquattresima Olimpiade assume i toni dell’imbarazzo. La ripresa non si preannuncia migliore, quando, il clamoroso inizia ad assumere le sembianze dell’incubo, ancora Kalusha Bwalya, trova il goal del raddoppio, seguito dal terzo di Johnson Bawalya e dal quarto, ancora ad opera di Kalusha. L’Italia sembra ipnotizzata. I calciatori non vedono l’ora che finisca. 4-0 e, forse, il risultato più imbarazzante della storia del calcio nazionale, soprattutto se in relazione alla caratura dell’avversario.

L’Italia riuscirà comunque a passare il turno grazie al successivo 2-0 sugli iracheni. Dopo aver battuto la Svezia per 2-1, la nazionale azzurra si arrende in semifinale, a vantaggio dell’URSS, dopo i tempi supplementari. Il 3-2 di Busan sancisce l’eliminazione dell’Italia, che, a Seul, tre giorni dopo, perde anche la finale per il bronzo. I tedeschi di Klinsmann si impongono per 3-0. La ventiquattresima Olimpiade ha un sapore amaro per l’Italia del calcio. Un quarto posto e, ricordo sportivamente disonorevole, quel 4-0 subito da uno Zambia che, forse, a distanza di tempo, viene compreso come una prova di forza da parte di chi, di forza, aveva tanto bisogno.

L’Africa non porta bene alla nazionale italiana in occasione dei giochi olimpici. Otto anni dopo, negli Stati Uniti d’America, l’Italia subisce una cocente sconfitta, per 3-2, per mano di un’altra formazione proveniente dal continente “nero”. Il Ghana. In quella edizione dei giochi olimpici sarà proprio una squadra africana ad aggiudicarsi la medaglia d’oro del torneo calcistico. La Nigeria batterà l’Argentina, per 3-2, in una grande finale. Ancora oggi, però, sono in tanti a ricordare quel 4-0 subito in Corea ad opera di una selezione nazionale quasi sconosciuta.