"Gli attaccanti vincono le partite, i difensori vincono i campionati"

John Gregory, allenatore ed ex calciatore inglese, di ruolo centrocampista. 1998

Se c'è una cosa che i dirigenti e gli operatori di mercato nostrani faticano a capire, è che in Serie A - ed, in parte, anche in Europa, dove però conta anche qualcos'altro - il peso specifico della difesa, già di per sé non indifferente, continua gradualmente ad aumentare. Negli ultimi 5 campionati, pur concludendo solo 2 volte con il migliore attacco, la squadra campione d'Italia - che non specifico per pudore - è risultata sempre quella migliore, in quanto a gol subiti. Una classifica, quella delle reti prese, che quasi sempre peraltro rispecchia fedelmente quella complessiva. Un dato inequivocabile, che testimonia, come se ce ne fosse la necessità, che meno gol si subiscono, e più in alto si sale, in Serie A. Eppure anche questa sessione di mercato ha certificato come sia difficile, per le squadre che rincorrono la Juventus, capire dove e come debbano essere smistati gli investimenti. Prima di criticare l'operato delle altre, però, è bene anzitutto elogiare quello di Marotta, che non solo ha resistito alle multimilionarie offerte arrivate per Bonucci (dal City) e per Chiellini (dal Chelsea), ma che ha anche pensato di corroborare un reparto già di per sé straordinario. Come? Investendo 20 milioni (3 dei quali di prestito) per Benatia, e negando con audacia ogni richiamo possibile per Rugani, che avrebbe potuto farne incassare una 30ina almeno. Il tutto senza dimenticare quanto fatto per rinfrescare le corsie laterali, dove una spesa non indifferente è stata fatta per ingaggiare Dani Alves e dove, solo un anno fa, ben 26 milioni sono stati spesi per prendere Alex Sandro. Ed appena sarà il momento, statene certi, un ulteriore, doppio, ed oneroso esborso verrà fatto per sostituire degnamente Buffon e Barzagli.

Si tratta di un procedimento logico e decisionale quasi meccanico, che a Torino si fa da sempre, e senza badare a spese: premuriamoci di avere la migliore difesa d'Italia e forse d'Europa, e poi cerchiamo di capire come restare al passo con gli altri reparti. Tutto l'esatto contrario di come ragionano le altre. 

Prendete il Milan. Una squadra che ha sì avuto la forza di dire no a 40 milioni (attenzione, di cui 5 di bonus e 5 che sarebbero andati alla Roma) per tenersi Romagnoli, ma che ha anche avuto l'ignavia di non completare un reparto che già partiva malissimo. I 43 gol subiti nel 2015-2016, nonostante l'esplosione di Donnarumma, erano già stati parecchi, e gli addii simultanei di Alex e Mexes (non Beckenbauer e Baresi) avrebbero dovuto aprire un nuovo corso fatto di giovani promesse, possibilmente italiane, e di solide certezze, sulle quali si sarebbero dovuti investire i 7.5, inutili, milioni, versati al Besiktas per un trequartista 31enne che ora farà una fatica estrema sia a collocarsi che a farsi collocare da Montella. Che ha avuto sì un giocatore tutto da valutare come Gustavo Gomez, ma che oltre a lui non può che sperare che Paletta e Zapata diventino i calciatori che mai sono stati. E che mai, arrivati ai 30 anni, saranno. Risultato: 6 gol subiti - quasi 7 - in 180 minuti, e nessuna prospettiva concreta di mercato su cui fare fiducia. Se non Rodrigo Caio, che però non arriverà comunque prima di gennaio 2017.

I cugini nerazzurri, d'altra parte, non hanno fatto meglio (3 gol subiti in 2 partite). Oggi contro il Palermo si sono ritrovati a schierare un ragazzo già rifiutato da 3 squadre alle visite mediche - Santon - ed una coppia centrale che ha fatto bene solo a tratti, l'anno scorso. Ed in panchina, a fare da alternativa quasi unica, un calciatore che si è perso ormai da una vita, come Ranocchia, e che neanche a Genova, lo scorso anno, è riuscito a mostrare gravissime lacune. Se però 73 milioni debbono essere investiti, allora meglio spenderli tutti per una mezzala destra che potrebbe dare fastidio a Candreva più di quanto già non lo faccia Eder ed un giovanissimo talento carioca che ora dovrà confermarsi in Europa. Per inciso, in questa sede si ha ben poco da rimproverare ad una reggenza capace, nel giro di due mesi, di prendere Ansaldi, Banega, Candreva, Gabigol e Joao Mario: certo, probabilmente sarebbe stato più saggio spendere parte di questi 100 milioni per un centrale, anche a costo di rinunciare a qualcosina davanti. Di difensori, in verità, ne ha presi non pochi negli ultimi 12 mesi Sabatini: ma se la Roma (6 gol presi in 4 partite ufficiali) è uscita dalla Champions prima ancora che quell'epica musichetta iniziasse a risuonare, è anche perché all'appuntamento decisivo s'è presentata con De Rossi difensore centrale.

La ciliegina sulla torta, però, l'ha messa il Napoli. Che ha sì anticipato tutti per Tonelli - ma ha scelto male, visto che il buon Lorenzo è e resterà fuori ancora per un po' - ma che si ritrova, a campionato iniziato, con Koulibaly e Raul Albiol rimasti controvoglia, e soprattutto capaci già di subirne 4 in 2 partite. Che non sono propriamente pochi, per chi, anche senza Higuain, ma con un Mertens e un Milik in più, continua a credere nello scudetto. Eppure i fondi, questa volta, c'erano eccome: ma il problema resta sempre lo stesso. Non spendere, o spendere male. Alla fine, difatti, andrà in porto l'affare Maksimovic, ma solo a cifre fuori da qualsiasi concezione logica. Il Torino riuscirà ad incassare quasi 30 milioni per un calciatore che ne vale circa un terzo, e Sarri avrà l'ennesimo centrale di medio valore, reperito non tramite un accurato scouting in giro per il Mondo, ma solo attraverso l'esperienza visiva maturata nell'unico semestre ad alto livello che il serbo ha regalato, ai granata, in Italia. Un'ultimissima notazione, utile per capire: ad oggi, in vetta alla classifica, insieme alla Juve c'è anche la Sampdoria. Ovvero una squadra complessivamente di medio livello, che però nonostante la rivoluzione in estiva dalla cintola in su è riuscita a realizzarsi, anche in prospettiva. Eppure, ad oggi, in rosa tra i difensori c'è solo un ultratrentenne continuamente alle prese con gli infortuni muscolari (Silvestre), un cavallo di ritorno, ultimamente impiegato quasi solo da terzino, e con infimi risultati (Regini), ed un giovane di belle speranze, che la Slovacchia peraltro impiega a centrocampo (Skriniar). Per risolvere il problema di Giampaolo, però, non arriverà un robusto centrale, in grado di risolvere i problemi, ma uno tra Bianchetti e Romagnoli. Bravi, per carità. Ma davvero troppo poco. Perché, piuttosto, si comprano 3 trequartisti - Fernandes, Alvarez e Praet - per un solo posto in campo, ma 3 difensori devono bastare, e per tutta la stagione, per due posti. Doverosi complimenti anche alla squadra di Juric (2 gol subiti in 2 partite, a fronte però di ben 6 realizzati), ed all'ultima capolista Sassuolo. Ovvero, una società che ha valorizzato ragazzi come Consigli, Acerbi e Cannavaro, si appresta a lanciare Antei e Fontanesi, e soprattutto a investire su Zappacosta e Lirola. E che, grazie anche al metodo di un superbo e lungimirante Di Francesco, ed alle giocate di Berardi - miglior goleador d'Europa - in 6 partite ufficiali, sino ad oggi, ha subito solo 3 gol. 

Gli unici due, ottimi, investimenti difensivi, in tal senso, sono stati fatti da chi invece pensa a comprare, e poi rivendere, per fare plusvalenza. Anzitutto la Lazio, che pare aver trovato in Bartolomeu Jacinto Quissanga, meglio noto come Bastos, una roccia di impeto e spessore. Tare, però, è dovuto arrivare sino al Rostov, e spendere 6,5 milioni di euro, per un prospetto 25enne che però ha già messo paura sia a Mandzukic che a Higuain. E poi il Genoa, che ha pensato bene di investire 2.5 milioni sul giovane Under 21 Biraschi. Null'altro da segnalare, a meno di qualche lieta novità che potrebbe venire fuori nelle prossime settimane. In Serie A si continuano a comprare, preferibilmente dall'estero, mezzali, ali, trequartisti e punte, senza pensare minimamente a ciò che davvero fa la differenza: ovvero, una coppia di difensori centrali di buon livello. Che sono sì difficili da trovare, ma che restano più a lungo, concretizzano più punti, e soprattutto, quando e se c'è la necessità di rivendere, producono quasi sempre molto di più rispetto a quello che è stato l'investimento iniziale. Ve lo dice uno che ama le partite gonfie di gol e di emozioni, e che ha sotterrato nella sua memoria ogni scialbo ed insapore - per non dire squallido - 0-0 tra due squadre che hanno mostrato una solidità difensiva, nell'azione dei singoli, del reparto, e sotto il profilo tattico. Il tutto, a vantaggio dei più pazzi ed improbabili dei 3-3 e dei 4-2. Quelli che fanno far festa allo spirito sportivo più goliardico e lussureggiante, e che ti fanno fare su e giù con antico e giovanil vigore sulle montagne russe delle emozioni. 

Il sottoscritto, però, è poco più che un semplice e, se volete, attento osservatore, che nessun interesse ha rispetto al risultato d'una qualsiasi partita e d'una qualunque squadra. A differenza di chi, ogni anno, investe per conto della società per cui lavora, e che rappresenta, decine e decine di milioni di euro, interfacciandosi o meno con gli allenatori. Che, a loro volta, quasi sempre preferiscono un attaccante a un difensore. Già, perché la responsabilità è anche loro. Non crediate che gli allenatori, in Italia, non abbiano assolutamente voce in capitolo. Non saremo come gli inglesi, e i loro manager a 360°, ma anche i nostri interloquiscono coi loro direttori tecnici, sportivi e A.D.. Magari senza (poter) forzare la mano, ma comunque esponendo idee e necessità. Spesso non vengono accontentati, ma quando possibile, si, anche a costo di andare incontro a epici 'fail' (vedi i famosi 11 milioni spesi, all'epoca, dal Milan per Matri). Anche loro, però, stanno lentamente perdendo le speranze: le scuole calcio locali, soprattutto italiane, lavorano sempre meno e sempre peggio su quello che una volta era il loro prodotto DOP, il "marcatore", ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ed anche all'estero, dove lo scouting si fa solo tramite una rete di amicizie, le eccellenze latitano. Tutti buoni motivi per mollare la presa, e provare a fare con quel poco di risorse umane disponibili? No di certo. Altrimenti il blocco che ci costringe alla mediocrità, da ormai troppo tempo a questa parte, continuerà ad attanagliarci. E non può certo esser questo quello che vogliamo. Possono fare qualcosa, i tifosi? Si. Perché da quando siamo entrati nell'epoca dei social, anche loro hanno un loro punto di vista, che, che ci crediate o no, viene recepito eccome, dalle società. Ecco perché, chi volesse veder la sua squadra risalir la china, può iniziare a chiedere, finalmente, qualche rinforzo in meno in attacco, e qualche investimento in più in difesa. Di quelli che fa godere solo alla fine, quando ci sono da calcolare le classifiche. Proprio come diceva John Gregory, un non-difensore.