L’attuale distacco dalla Juventus anche quest’anno per il Napoli è stato determinato da un aspetto che i partenopei non sembrano essere riusciti a correggere. Ovviamente, il dato numerico rappresentato dal -11 in classifica va interpretato molto relativamente. La Juventus dopo l’aritmetica dello scudetto ha notevolmente diminuito il rendimento che aveva registrato prima della partita con la Fiorentina, abbassando il ritmo già intorno alle due gare dei quarti di finale di Champions. 

Questo elemento, però, in qualche modo può essere esteso anche all’andamento del Napoli. Pure gli azzurri, di fatto, hanno avuto il loro periodo di “distrazione” dal campionato, iniziato dal percorso in Europa League e culminato soprattutto a cavallo tra gli ottavi e i quarti di finale, quando ormai era chiaro da tempo che il Napoli avrebbe avuto come unico obiettivo possibile la seconda competizione europea. Tenendo in stretta considerazione che si è trattato di un campionato a bassa tensione per le prime due, con le rispettive posizioni già chiarite dopo pochi mesi di stagione, e con i relativi e già citati “vuoti” nei loro andamenti, volendo guardare esclusivamente alla voce numerica, il Napoli, a una giornata dal termine del campionato, ritarda dalla Juventus per punti persi con squadre di bassa classifica.

Due punti persi in casa col Chievo, due con la Fiorentina, due a Reggio Emilia, tre a Empoli e due al San Paolo col Genoa sono, su carta statistica, gli 11 punti che colmerebbero la distanza del Napoli dalla primatista. L’ultima in classifica, tre squadre ancora in lotta per la salvezza e un’altra con l’obiettivo stagionale della permanenza in A. Anche quest’anno, il Napoli ha accumulato una quantità molto alta di punti andati in fumo con squadre di bassa classifica o, comunque, della cosiddetta parte destra. Anche, perché lo scorso anno il Napoli aveva perduto punti per strada con Chievo, Sassuolo (ancora una volta) e Torino, senza considerare i cinque persi con l’ottava in classifica. E, sempre tenendo in considerazione i campionati ultimati al secondo posto, nel primo anno di Sarri gli azzurri avevano lasciato per strada punti utili con Carpi (retrocesso), Udinese e Sampdoria (salve per uno e due punti), Bologna, Genoa ed Empoli. Un totale, tra pareggi e sconfitte, di ben 14 punti. E, in quell’annata, il Napoli ha concluso il campionato a 9 punti dalla Juventus.

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Le ragioni, tornando a questa stagione (non per questo, tuttavia, esse non siano estendibili ai campionati precedenti), possono essere ricercate in un’anomali di concentrazione che spesso vede il Napoli soffrire più con le squadre di bassa classifica che quelle della parte sinistra. Ragioni tattiche, spiegabili dal peso, per il Napoli, di affrontare schieramenti rigidamente disposti esclusivamente per impedire agli azzurri di poter esprimere il loro gioco. Linee difensive basse e serrate che, ovviamente, non sono congeniali per chi basa la propria identità tattica sul possesso palla, il fraseggio e la qualità della manovra offensiva. 

Un’altra ragione, di certo più approssimabile a una valutazione oggettiva, è quella rappresentata dal rapporto statistico con gli expected goals (in questo articolo era già stata approfondito l'argomento). Il Napoli spreca molto, troppo. Il volume di gioco sviluppato dagli uomini di Ancelotti non concretizza sotto porta quanto invece imporrebbe una tale qualità tattica. Ecco che, nell’arco di un intero campionato, i tanti errori di conclusione risultano determinanti in misura così ampia. E, del resto, quest’anno il Napoli è anche riuscito ad alzare (più di un punto) la media di tiri a partita di quella, comunque alta, registrata lo scorso anno con Sarri.

Queste considerazioni, sia pur supportate da report numerici, come già avvisato in partenza, non possono essere considerate determinanti per una lettura postuma oggettiva della classifica. Si tratta di dati relativizzanti, ma comunque indicativi. Un diverso comportamento rispetto alla capacità di non sprecare punti con squadre oggettivamente inferiori sul piano tecnico, tattico e atletico, comporterebbe per il Napoli la possibilità di esercitare una pressione diversa in classifica, oltre che arrivare a competere per il primato fino alla fine, condizionando anche il comportamento dell’avversario. In pratica, cambierebbero i parametri della competizione, più fragili e delicati per le dirette contendenti al titolo. Sempre restando alle attuali forze di campionato.