Il problema a questo punto rischia di essere la monotonia. E, mentre il calendario segna ancora settembre, e i più giovani e impuniti vanno ancora in giro in bermuda e infradito, la cosa è davvero grave. Già, perché parliamo di calcio - nella fattispecie, Serie A - e di un esito che se era scontato a luglio, senza Ronaldo alla Juventus, nostro malgrado con l'arrivo del portoghese a Torino è diventato sentenza. E già in piena estate.

Quale possa essere il suo peso specifico, all'interno di un calcio come il nostro, si è reso evidente non prima di oggi.

Cristiano, anche senza segnare, e con una condizione fisico-atletica che, ad occhio, tutto sembra fuorché eccellente, ha deciso la prima delle 2-3 sfide Scudetto che, almeno sulla carta, avremo il piacere di vedere.

Eppure, dinanzi, lui e i suoi compagni avevano un Napoli in grande spolvero, riaddomesticato tatticamente da quello che ancora oggi, a mio parere, resta il migliore allenatore in assoluto su piazza. Che pure era riuscito a tener botta per i primi 25-30 minuti, trovando un vantaggio anche un po' casuale, ma che s'è dovuto arrendere dinanzi allo strapotere soprattutto fisico, oltre che mentale, di una squadra che ad oggi non ha lacuna alcuna.

E che, probabilmente, rischia di ammazzare il campionato a suon di vittorie: una striscia iniziale positiva del genere non la vedeva protagonista da quasi 90 anni, ma a breve anche i record ante bellum verranno infranti.

E il motivo è semplice.

La Juventus, al di là dei valori e della condizione dei singoli, oltre che dell'avversario, dà sempre la stessa sensazione. Ovvero, che possa passare in vantaggio, o recuperare lo svantaggio, in qualsiasi istante della partita, e solo volendolo. Un po' di esempi.

Beh, andando a ritroso, contro il Napoli il terzo gol non è sembrato semplicemente figlio della superiorità numerica, della debolezza dell'avversario o del contropiede. Anzi, è stato cercato e voluto: e in molti, probabilmente, lo hanno anche facilmente pronosticato. Così come è sembrato quasi inevitabile che, dopo il gol di Mertens, arrivasse il pareggio. La pressione esercitata sulle prime due linee avversarie, dal 10' in poi, oggi, è stata continua e indefessa, e non poteva non portare risultati.

E ancora.

Contro il Frosinone, che per tre quarti buoni di gara era inspiegabilmente riuscito a non farsi infilare, a un certo punto pur mancando solo pochi minuti alla fine la squadra non sembrava soffrire di alcuna ansia. Anzi, la consapevolezza che quella innata spinta prima o poi avrebbe portato a infrangere il fortino, era quasi viscerale.

Questo in merito all'atteggiamento globale. Perché alcune ciance vanno doverosamente spese anche per Mandzukic e Bernardeschi, ovvero i due calciatori che, incredibilmente, più sembra abbiano beneficiato dell'arrivo di un fenomeno al loro fianco. I migliori in assoluto, sinora, della squadra, sono stati loro due. E non Douglas Costa e Dybala, che a inizio anno sembravano poter essere i due scudieri prediletti del numero 7, nel piacevole gioco dei "campetti". Il croato ha trovato in lui, coi suoi "sganci" e la predisposizione ad allargarsi per fare gioco, un utilissimo apriscatole che gli consente di fare, come un tempo, anche l'uomo d'area (automatismo che con Higuain, per ovvi motivi, non riusciva a sincronizzare).

L'ex Viola, invece, sembra sia, semplicemente, maturato al fianco di un giocatore così completo ed esperto, che trasmette sicurezza anche in un ragazzo come lui che, a 24 anni, ormai deve solo consacrarsi anche a livello internazionale.

Delle restanti virtù di questa squadra, d'altra parte, già sappiamo tutto. Anche del cavallo di ritorno Bonucci, così come della validità di Emre Can. Insomma, tutto come pronosticato. Forse anche leggermente meglio delle più liete previsioni.

Aggiungiamo noi, purtroppo. Perché, a questo punto, la corsa delle altre potrebbe non più essere al primo posto, ma, tristemente, a chi fermerà mai la marcia della capolista.

Ma al momento, anche nella più ottimistica delle previsioni, non riusciamo a intravedere nessuno in grado di farlo, anche nel brevissimo periodo rappresentato dai 90' di una singola partita. Nell'attesa, tanto per riadattare una constatazione di Peter O'Toole, non sarà un campionato come tanti, ma solo perché agiteremo la superficie liscia della monotonia.