I momenti in cui l’indomita e cinica misura dell’episodio hanno abbandonato il Napoli in questa prima metà di stagione sono stati spesso caratterizzati dalla stesso tipo di critica alla società e ai calciatori. La mancanza di spessore caratteriale, che dubita implicitamente della qualità, e l’assenza di calciatori che nella dicitura del futbol odierno passano sotto il nome di top player. 

Poco importa se in Champions League il Napoli è stato eliminato da una combinazione numerica che poco ha risposto ai meriti reali in un girone in cui una sola sconfitta per 1-0 sul campo di una tra le più forti squadre del mondo ha spinto, fatto senza precedenti, il Napoli in Europa League. E dopo che gli uomini di Ancelotti nelle altre cinque giornate avevano imposto gioco, qualità, carattere e consistenza tattica. Poco interessa se ad Anfield l’anca di Allison all’ultimo minuto ha deviato il tiro in equilibrio precario di Milik, o che in campionato alcuni risultati positivi siano stati determinati anche da una componente caotica (i punti persi in casa nei due pareggi con Roma e Chievo sono arrivati dopo due gare disputate nella metà campo avversaria, con entrambe le partite viziate da due calci di rigore non concessi al Napoli).

Andando a guardare i numeri, oltre che notare il dato ormai consolidato del rendimento espresso da Mertens e Insigne che, insieme a Milik, formano l’unico trittico offensivo presente nella classifica dei cannonieri tra i primi sette posti (per numero di reti considerati in ex aequo), si evince un altro aspetto che forse non andrebbe trascurato. Se si considerano le prime 15 posizioni, il calciatore che vanta la miglior media reti tra minuti giocati e goal segnati è Arkadiusz Milik, il polacco che al debutto con la maglia del Napoli nel secondo anno di Sarri, prima che un doppio grave infortunio lo privasse di una degna continuità per quasi due stagioni, aveva segnato, tra campionato e Champions, 8 goal in un mese, con una media di più di una rete a partita. 

Attualmente, Milik, che con l’arrivo di Ancelotti ha poco a poco riguadagnato la giusta condizione fisica, in campionato ha realizzato 10 goal in 1052 minuti, per una media di una segnatura ogni 102 minuti. Cristiano Ronaldo, il miglior attaccante dell’attuale serie A, ha una media realizzativa, tra minuti giocati e reti messe a segno, di un goal ogni 125 minuti di gioco. Milik, alla fine del girone di andata, è nella top 15 dei realizzatori della serie A il centravanti con la miglior media realizzativa. Inoltre, andando a guardare l'incidenza dei suoi goal, ne risultano non pochi decisivi nell'esito dei risultati. A Roma con la Lazio, col Parma (doppietta), a Bergamo con l’Atalanta, a Cagliari e in casa col Bologna, per un peso specifico che si allinea a quello di attaccanti come Icardi e Mandzukic, calciatori che numericamente e tatticamente vantano report e statistiche di primissimo livello.

Adesso, se si considerano i numeri di questi anni di Mertens in zona goal e quelli di Insigne e Callejon nel lavoro non soltanto realizzativo, ma pure di assistenza (assist e azioni pericolose), non si capisce quanto sia davvero concreta la necessità di ricorrere al mercato per portare alla corte di Ancelotti un calciatore di rendimento determinante, quando lo stesso allenatore al suo arrivo all’ombra del Vesuvio ha tenuto a dichiarare sin dal primo momento la sua stima per la qualità tecnica e tattica del suo nuovo organico. I calciatori che potrebbero aggiungere a questo Napoli una caratura ancora più preziosa sono tra quelli in vetrina con cartellini e ingaggi che non sono dimensionabili nella gestione (e forse anche e soprattutto nelle possibilità) finanziaria della SSC Napoli. 

A ben vedere, non sono nemmeno così tanti. Soprattutto se si considera, forse sarebbe la cosa più giusta da fare, il rendimento dei giocatori citati. Un rendimento che andrebbe relazionato anche alla qualità del gioco a cui è legato, considerando che ci sono alcuni calciatori che lontano da Napoli non hanno ripetuto e non riescono a ripetere il rendimento registrato in maglia azzurra. Segno, forse, che quella del Napoli è una filosofia di gestione e di gioco che forma e ottimizza i suoi calciatori più di quanto sia il valore dei singoli a fare. Probabilmente, l’incontentabilità e l’eccesso di severità in certe considerazioni quanto in certi desideri dovrebbero sospendere il giudizio e provare a riflettere sul fatto che questo Napoli non è una squadra della quale accontentarsi, sottodimensionandola al rango di perpetua sorpresa che, di fatto, sorpresa non è più.