Se è vero che l'urgenza di chiudere campionati e coppe per i club rappresenta un interesse prioritario tanto sul piano sportivo quanto su quello economico, non bisogna dimenticarsi che in quest'emergenza del Sistema Calcio a pagarne le spese potrebbero essere anche (e soprattutto) le Nazionali. E se per l'Europeo si è deciso di rinviare il tutto al 2021, quasi a voler nascondere la polvere sotto al tappeto, all'orizzonte c'è da risolvere un problema ancor più spinoso e inquietante: il Mondiale del 2022.
Premessa doverosa: il caos su date e modalità di ripresa è enorme. E' impossibile prevedere che cosa succederà tra un mese, figurarsi tra un anno e mezzo. 

La kermesse qatariota si svolgerà tra il 21 novembre e il 18 dicembre e già soltanto quest'aspetto porta con sé una serie di criticità pazzesche (che però si conoscevano sin dal momento in cui si è avuta l'idea di svolgere il Mondiale lì, verso la fine del nostro autunno). Per esempio la forzatura di interrompere campionati e coppe a soli due mesi dal loro inizio, così da permettere a tutti i ritiri con le rispettive Nazionali.
Provate a immaginare i calciatori delle squadre che vengono eliminate ai gironi: devono per forza aspettare che la competizione termini, in compenso nel frattempo potranno allenarsi serenamente e arrivare più freschi e riposati rispetto a chi arriverà fino in fondo, oppure patire l'effetto contrario e perdere un po' di tono muscolare a differenza di chi mantiene il ritmo dei 90' più a lungo (questi ultimi però potrebbero accusare la stanchezza qualche mese più tardi, a stagione ancora in corso). Insomma, uno sfasamento di preparazione atletica più o meno evidente che alla lunga può incidere eccome.
E non parliamo nemmeno dell'eventualità, per un motivo o per un altro, di spostare il Mondiale al 2023 così come accaduto con Euro 2020: si avrebbe di certo più tempo per organizzare, ma bisognerebbe riprogrammare almeno un'altra stagione calcistica con allegata inflazione di dubbi e incertezze. Come se non bastasse, si andrebbe a vanificare il duro lavoro fatto finora dagli operai del posto che stanno dando l'anima (e qualcuno, purtroppo, anche la vita) per consegnare in tempo gli stadi e tutto ciò che li circonda.

Ma torniamo al presente. Nel fine settimana ricomincerà la Bundesliga e in tal senso il campionato teutonico ricoprirà un ruolo d'avanguardia ma anche di "cavia" per tutti gli altri. Della serie: vediamo come va da loro e regoliamoci di conseguenza (anche per questo negli ultimi giorni si parla sempre più spesso di "modello tedesco"). Si sta facendo il possibile perché la ripresa venga estesa a livello continentale, ma i veri problemi in realtà arriveranno quando questa stagione sarà conclusa. Perché la prossima andrà inevitabilmente a sovrapporsi nella sua parte finale (e forse anche un po' prima) proprio ai ritiri delle Nazionali per Euro 2021. Con tutte le conseguenze, i paradossi e i controsensi del caso che ne deriverebbero, in parte sopraelencati. L'Uefa, dunque, in queste settimane e nel più breve tempo possibile dovrà necessariamente occuparsi anche del calcio a lungo termine: programmare o, quanto meno, abbozzare un'idea di calendario almeno fino al 2023 sarebbe di vitale importanza per le società professionistiche (e non) di progettare, conoscere i propri orizzonti, studiare eventuali contromosse sportivo-economiche per sopperire a emergenze di qualunque tipo. Così da evitare di affidarsi ancora per molto all'improvvisazione.

La soluzione che si sarebbe dovuta pensare

In tempi non sospetti Adriano Galliani prospettò un potenzialmente salvifico scenario. "Giochiamo la Serie A nell'anno solare" (ovvero gennaio-settembre). E in effetti l'idea non era affatto malvagia, anzi: a conti fatti ci avrebbe risolto tantissimi problemi, forse più di quelli a cui si poteva pensare nell'esatto momento in cui fu avanzata. Si sarebbe infatti potuta chiudere la stagione in corso (campionati e coppe) tranquillamente tra settembre, ottobre e novembre, concedendo magari una pausa per l'intero mese di dicembre. In questo modo:

- tutti i club d'Europa avrebbero avuto più tempo per organizzarsi in maniera ideale sotto il profilo igienico-sanitario, finché non fosse arrivato l'ok definitivo e collettivo dall'Uefa;

- si sarebbe rispettata la tempistica originaria, ovvero 3 mesi pieni per giocare tutte le partite che erano e che continuano a essere in programma, invece di fare le "corse" disputando una gara ogni 3 giorni come (pare) accadrà. E' vero, sarebbe rimasto lo scomodo dello stop forzato nell'estate del 2021 per consentire lo svolgimento degli Europei, ma quello andrà fatto in ogni caso;

- ogni Paese, nel 2022, si sarebbe allineato con il Mondiale in Qatar, stavolta sì senza dover interrompere bruscamente tutte le competizioni per i club.

Ma allora che cosa ha impedito l'adozione di questo schema? Strano ma vero, proprio la decisione della Germania di anticipare tutti sulla ripresa delle ostilità. Secondo le previsioni della Federcalcio tedesca, il campionato dovrebbe terminare senza troppi problemi (avendo anche risolto l'impasse dei possibili nuovi casi positivi, isolando i singoli e non l'intera squadra) il 30 giugno, ben prima quindi della deadline del 2 agosto individuata (provvisoriamente) per chiudere ogni torneo.
Venendo meno la contemporaneità sulla ripresa, di conseguenza decade anche l'utopia di allineare la tempistica a livello continentale. Andremo quindi incontro a mesi, probabilmente anni di indecisione e di navigazione a vista sulla riorganizzazione dei calendari e delle competizioni. Esattamente ciò che non serviva in un periodo di piena emergenza come quello che stiamo vivendo.