Inzaghi non ha mai spento il motore della Lazio. Lo tiene acceso da casa. «Torneremo. Presto o tardi, ma torneremo». Anche ieri Simone, nel giorno del quarantaquattresimo compleanno, ha lanciato un messaggio di speranza alla squadra, costretta all’isolamento domiciliare e allo smart working sul tapis roulant. Dura da un mese esatto, sta diventando logorante. Telefonate, chat e videochiamate di auguri si sono trasformati in una carica da restituire ai suoi giocatori. Simone ha passato così l’intera mattinata, spinto da una forza mentale e da una carica interiore straordinaria. Sta tenendo in vita il sogno della Lazio. Ride, scherza, chiede sacrifici e un altro sforzo.  
Mister Inzaghi saluta i suoi tifosi (Getty Images)

Simone tiene sulla corda i suoi giocatori. Li inonda di messaggi. Li invita a non mollare, a restare sul pezzo, a continuare gli allenamenti. Perché conterà non essere a terra quando ricominceranno le vere sudate. «Torneremo, presto o tardi ma torneremo» è l’urlo di battaglia firmato da Inzaghi, l’avviso a Juve e Inter, lo stimolo per non addormentarsi nell’attesa e non credere che tutto sia già finito. Gli altri sono scappati. La Lazio è qui, aspetta solo l’ok per tornare a Formello. Prima o poi, la palla tornerà a rotolare e il campionato, anche a porte chiuse, forse ripartirà. La squadra biancoceleste dovrà farsi trovare pronta, provando a ripristinare l’incanto, la stessa magìa che l’aveva condotta per 21 risultati utili consecutivi sino a risalire al secondo posto in classifica, braccando i bianconeri di Sarri. Un imperativo: tenere su il morale del gruppo. Sorridere, non cedere alla noia. E’ questo il periodo più complicato e forse la fine del tunnel, dopo Pasqua, comincerà a intravedersi.

Lazio, ecco i calciatori rimasti all'estero

L’ultimo allenamento collegiale a Formello risale a sabato 7 marzo. Sono passati 30 giorni esatti. Le altre squadre stavano continuando a giocare. La Lazio veniva da una settimana a ranghi ridotti e di riposo dopo il rinvio della trasferta di Bergamo dall’8 al 15 marzo. La banda Inzaghi era scesa in campo per l’ultima partita ufficiale sabato 29 febbraio allo stadio Olimpico (2-0 al Bologna di Mihajlovic) nel giorno del primato provvisorio. E’ passata un’eternità, trascorsa quasi interamente ad allenarsi in quarantena, senza un caso di positività e nessuna fuga all’estero. Fuori dai confini ci sono soltanto Lulic, Proto e Jordan Lukaku. Il capitano, fermo da inizio febbraio, era fuggito in Svizzera per l’operazione bis alla caviglia. Il portiere aveva raggiunto in permesso Bruxelles prima che il decreto governativo imponesse i divieti di circolazione, il fratello del centravanti interista è tornato a casa a curare il ginocchio bizzoso. Presto rientreranno. Tutti gli altri sono rimasti a Roma. Fremono in attesa di sgobbare di nuovo a Formello. Uno stop così lungo neppure in estate e queste certo non si possono considerare vacanze. Simone Inzaghi li sta tenendo uniti, incollati al sogno. Un altro segnale per capire come, nella storia della Lazio, non ci sia mai stato niente di facile e scontato.