Ci sono posti in cui si vorrebbe sempre tornare. Anche se magari non sono più uguali a come li avevi lasciati. Ci sono posti che trasudano fascino a prescindere, anche se l’argenteria di famiglia non luccica più come una volta. Il Milan per molti è quel posto e la nostalgia può prenderti anche se hai solo 30 anni.

Sono queste le emozioni di Pato, in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, quando parla del suo Milan. Ecco le dichiarazioni dell'ex attaccante rossonero: 

Il controllo di Pato (Getty Images)

Passiamo al calcio giocato. Lei è stato due anni in Cina, nel Tianjin Tianhai, ma non è finita bene: per liberarsi ha dovuto comprarsi il suo cartellino.

«Il primo anno con Cannavaro è stato ottimo, poi il club è andato in confusione e il progetto si è arenato. Per il bene di tutti il contratto è stato risolto».

E al San Paolo come sta andando?

«Molto bene, stiamo tornando il San Paolo che tutti ammiravano. Sto giocando da prima punta, libero di muovermi. Ho scelto il numero 7».

Al Milan invece prosegue la maledizione della 9.

«Perché c’è sempre l’immagine di Inzaghi dentro l’area che segnava a ripetizione. Ma io credo sia ormai riduttivo pensare al centravanti in questi termini. Una prima punta nel calcio moderno fa tante altre cose, guardate Lukaku o Lewandowski. Io stesso parto al centro ma poi svario in fascia o sulla trequarti».

Boban è stato licenziato: non una gran ripartenza.

«Penso sia entrato con la testa di aiutare e ci ha sempre provato. Poi, se non gliel’hanno lasciato fare... Cose strane».

Anche Maldini è facile che lasci a fine stagione.

«La società deve lasciarlo lavorare, conosce la testa dei giocatori, sa cosa significa questo club ed è in grado di riportarlo in alto. Mi auguro possa avere una strada lunga in rossonero. La proprietà deve puntare su persone così e dargli la tranquillità di poter fare il loro lavoro. Ci ho giocato insieme e so cosa può dare al Milan. Da compagno mi ha dato consigli e aiutato, una volta ci siamo anche scontrati, lui è un personaggio molto schietto. Ci sentiamo regolarmente, l’ultima volta è stato due settimane fa».

Anche Ibra deve restare?

«Certo. Il club deve puntare su di lui, è troppo prezioso per i giovani ed è letale in area. È uno che tira il gruppo, ti fa dare il massimo. E poi è molto intelligente, si cura bene».

Ricordiamo che a volte la trattava ruvidamente...

«Mi chiedeva sempre la palla, spesso in modo brusco. Una volta col Napoli ho segnato dopo aver deciso di concludere l’azione da solo nonostante lui fosse piazzato bene. Mi sono detto: “se non faccio gol mi ammazza”. In generale direi che ci siamo capiti bene. Che tris facevamo con Robinho. E quanti gol».

Il suo rimpianto più grande in rossonero?

«Un infortunio piccolo alla fine è diventato una cosa grossissima. Ho perso fiducia, mi sono sentito un po’ solo perché mi han dato delle colpe che non avevo».

Fiducia è una parola chiave anche per Paquetà.

«Per giocare in un club come il Milan devi essere molto preparato con la testa. Devi avere persone dietro che ti curano e il club che ti sta vicino. Lucas deve solo concentrarsi sul campo, lasciando fuori le altre cose. È un grande talento e un bravo ragazzo».

Ci racconti Duarte.

«Ci ho giocato contro, è bravo. Ha bisogno di fiducia e sono certo che farà molto bene. L’esempio perfetto è Toloi».

Oltre a Maldini lei ha giocato con Gattuso: come lo vede da allenatore?

«Ora benissimo, ma prima francamente non ce lo avrei visto. In campo, lo sappiamo, era molto nervoso, chi poteva pensare che avrebbe potuto allenare? Mi ha stupito molto anche Inzaghi, pensavo avrebbe fatto cose al di fuori del calcio».

A proposito di ex compagni: si è parlato anche di Kakà come dirigente al Milan.

«Può fare bene da dirigente, è molto intelligente. E sarebbe un bel mix con Maldini. Mi propongo anche io, se serve... (ride, ndr)».

Tanta voglia di Milan?

«Mi piacerebbe tornare in Europa. Dai, faccio bene quest’anno, vinco la Libertadores e poi torno. Al Milan sarebbe davvero bello».