Intervenire sugli stipendi di marzo e aprile con l’obiettivo di ridurre almeno del 10% lo stipendio stagionale: è la nuova idea intorno a cui i presidenti di Serie A cercano di far fronte comune per poi passare alla fase pratica. Senza perdere troppo tempo: l’assemblea di oggi è convocata in via d’urgenza. È evidente che serva accelerare i tempi: lo stipendio di marzo dovrebbe essere versato entro i primi dieci di aprile, lo stesso vale per aprile su maggio. Come riporta la Gazzetta dello Sport, ci sono società già indietro con i pagamenti e la situazione economica attuale a maggior ragione blocca tutto il resto: senza liquidità di cassa, cioè senza introiti da marketing e botteghino, è in certi casi impossibile far uscire denaro diretto ai conti correnti dei calciatori. E si sa con quali possibili conseguenze: senza giustificare i mancati pagamenti i giocatori potrebbero ricorrere alla messa in mora della società e alla richiesta dello svincolo gratuito. Serve per questo un’opposizione comune, che leghi tutti i club e ne rafforzi la posizione. Ed è quanto la Lega presenterà all’assemblea dei presidenti video-riuniti, dopo aver ricevuto e sintetizzato le rispettive proposte. Una parte di marzo andrà comunque pagata (fino al week-end dell’8 i giocatori sono stati impegnati) aprile in base a se e quando verranno riammessi gli allenamenti.

I club si sono organizzati per conto proprio dopo che il tavolo di trattativa con l’Aic, sindacato di categoria, è saltato. Posizioni inconciliabili: le società chiedevano una riduzione degli stipendi di quattro mensilità, i calciatori erano fermi a una. Ora le società cercano un’intesa tra loro, che metta al riparo da un pericolo comune. Tra la proposta fatta dalla Lega all’Aic e quella che verrà discussa oggi non c’è la distanza che a prima vista può sembrare: la riduzione di parte di marzo e aprile (e del conseguente 10% del totale) è solo l’obiettivo minimo, che nasce dalla speranza del ritorno in campo a maggio per i primi allenamenti. Altrimenti, senza ripresa, è ovvio che la riduzione vorrebbe estendersi ai mesi di inattività dei giocatori: maggio e giugno. Una facile operazione raddoppia il totale: se verranno coinvolti altri due mesi, l’intervento complessivo in busta paga riguarderà il 20%. Azione che i club metterebbero in atto in maniera coordinata ma di fronte a quale risposta dei tesserati? La loro disponibilità deve ancora essere verificata ma i club confidano nel buonsenso: l’esempio delle altre leghe, del resto, va nella stessa direzione.

Serie A, le ipotesi per la ripresa del Campionato


Il tema all’ordine del giorno è «Linee guida serie A» dato che la questione stipendi si intreccia sempre di più con la ripresa stessa delle competizioni. Su modalità e tempi di ripartenza c’è molta meno condivisione: il campo è occupato da una parte da chi è più scettico, dall’altra da chi è più battagliero. Il confine è soprattutto sulla data limite per concludere il campionato. Il presidente federale Gravina ha sempre ribadito la priorità di portarlo a termine, se le condizioni lo permetteranno, anche andando ben oltre il limite del 30 giugno. Pensiero ribadito ieri alla Domenica Sportiva: «Serie A fino a settembre-ottobre? È una ipotesi. Un modo per evitare di compromettere non solo la stagione 2019-2020 ma anche quella 2020-2021. Con la valanga di contenziosi ai quali saremmo sottoposti da tutti i soggetti che si potrebbero ritenere lesi nei loro diritti si correrebbe il rischio di un campionato in tribunale. Ripartire il 17 maggio? Altra ipotesi». L’idea di giocare in autunno l’ultima parte di questa stagione è decisamente radicale e comunque legata a un’analoga applicazione in tutta Europa. Si arrivasse a ottobre, seguirebbero poi due mesi di pausa. Prima della ripresa della stagione 2020-21 divisa tra l’andata nei primi mesi dell’anno prossimo e il ritorno nella seconda parte, intervallate dagli Europei. Stessa sorte per la stagione 2021-2022 con i mondiali in programma in inverno. Fino a un ritorno alla normalità. Ipotesi estrema.