L'aveva detto un profetico Marcello Lippi qualche giorno fa, accostandone la parabola a quella di un altro africano, d'origine, celebre per tonsura naturale e veroniche fra Torino e Madrid. Quello di ieri, davanti ai quarantamila spettatori scarsi del nuovissimo Stade Adrar, in Agadir (dove che sia estate o inverno vi consigliano un tuffo fin dal 1950), potrebbe esser stato l'ultimo match di Mohamed Aboutrika (a volte Abou Trika o Aboutreika), uscito acciaccato tra primo e secondo tempo per far spazio a Dominique Da Silva, classe '90 mauritaniano fra egiziani. Nei primi quarantacinque minuti della gara, gli ultimi di una brillante carriera (non dovesse giocare la finalina per il quinto posto) contro le affamate tigri del Guangzhou, s'è persino mangiato un gol, di testa, meno delicata dei piedi rivestiti d'adidas colorate, mancando così sia l'incrocio con Pep Guardiola il prossimo 17 dicembre sia il primato solitario nella speciale classifica dei migliori goleador al Mondiale per club, statistica che lo vede appaiato a Lionel Messi. Curioso poi che il Memento di questa settimana si ricongiunga a quello passato, quando il buon Elio raccontava Mandela, vicino agli Orlando Pirates battuti proprio dall'Al-Ahly di Aboutrika (a segno sia all'andata che al ritorno) nell'ultima doppia finale della Champions League africana.

 

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Il sorriso assassino dell'egiziano (Getty Images)

 

(NEMO) PROPHETA IN PATRIA - Perdonate la locuzione latina tratta dai Vangeli che stimola fantasia ed un ipotetico viaggio mistico fra devoti 22, numero che Aboutrika condivide, appunto, col rossonero Ricardo Kakà. Se il brasiliano segna per poi alzare braccia ed indici al cielo sfoggiando candide e ormai celebri t-shirt, l'egiziano s'inginocchia, faccia sull'erba come impone la salat, nelle orecchie il richiamo del muezzin, nel cuore le parole del fondatore e profeta dell'Islam, di cui porta l'inflazionato nome. Mohamed, faccia che penserete d'aver già visto nel telefilm di successo Homeland, ce l'ha fatta, Mohamed, 35 anni lo scorso novembre, è l'emblema dell'esser profeta in patria, più Al Jazeera di Sky Sport, lontano dai flash dei paparazzi europei, vicino alla gente del suo paese, pure troppo, come in quella drammatica notte del primo febbraio 2012 a Port Said, roba da far sembrare gli scontri tra tifosi in Italia litigi fra bambini anni '90 sul chi dovesse impersonare il Power Ranger rosso. 

 

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Aboutrika festeggia con Manuel José lo storico terzo posto al Mondiale per Club 2006 (Getty Images)

 

TOGETHER FOREVER - Lo slogan è la british-traduzione del motto della tifoseria organizzata dell'Al-Ahly, gli Ultras Ahlawy (sapientamente raccontati da Andrea Lucchetta qualche mese fa), gruppo politicamente attivo, decisivo nella rivolta che porterà l'11 febbraio 2011 alle dimissioni di quello che Ruby era sua nipote ed a cui Mohamed Aboutrika è molto vicino. Quel primo febbraio molti di loro se la sono vista brutta tra mazze, coltelli, calci, pugni e spade (!), ma possono ancora raccontarlo; altri, quelli che se la sono vista ancora più brutta, sono morti. E sono 72. Uno di questi aveva 14 anni ed Aboutrika l'avrà guardato negli occhi, immagino, mentre raggiungeva col suo corpo fra le braccia gli spogliatoi, dove il ragazzo sarebbe morto di lì a poco. Quella notte Mohamed annunciò il ritiro dall'attività agonistica, parlò di qualcosa più vicino alla guerra che allo sport e si schierò con gli amici UA-07, auto-sospesi dal tifo finché giustizia non fosse stata fatta contro un massacro legalizzato, più che tragica fatalità. Mohamed poi cambiò idea dichiarando di voler continuare a giocare per render onore ai martiri di Port Said, parzialmente vendicati dalla pioggia di condanne a morte di alcuni fra i carnefici.

 

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Confederations Cup 2009, Aboutrika affronta Fabio Cannavaro (Getty Images)

 

FARAONE POLITICAMENTE SCOMODO - Cresciuto nel mito di bomber Bibo El Khatib, sconosciuto o quasi in Europa nonostante il corteggiamento di molti club nel corso degli anni, questo trequartista longilineo (185 cm), nato ad una manciata di granelli di sabbia dalle piramidi di Giza e capace di segnare 110 gol in 238 presenze con la maglia del club del secolo (203 in 406 se includiamo anche gli inizi al Tersana, quando rifiutò un super-ingaggio per protestare contro il basso stipendio di un compagno di squadra), ha fatto innamorare un intero continente. Con la maglia dell'Egitto conquista due coppe d'Africa nel 2006 (rigore decisivo in finale contro la Costa d'Avorio) e nel 2008, quando fece più notizia la maglietta "Sympathize with Gaza" mostrata contro il Sudan dei 4 gol utili ai faraoni per conquistare Accra e mettere in ginocchio il più quotato Camerun. L'Occidente pallonaro s'accorge dello Zidane d'Egitto tardi, ormai trentunenne, nella Confederations Cup 2009 quando a furia di dribbling e inserimenti fu decisivo nella storica vittoria contro gli azzurri di Lippi provocando fastidiosi mal di testa a Dani Alves e Lucio nel match terminato 4-3 per il Brasile. La gara coi verdeoro fa brillare gli occhi allo stimato poliglotta giornalista Gabriele Marcotti, che sulle colonne del Times lo definisce "il più forte giocatore di tutti i tempi a non aver mai giocato in Europa e Sudamerica". Dici poco.

 

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Preghiera dopo un gol (Getty Images)

 

COGITO, ERGO ABOUTRIKA - Campione rispettato, ammirato, laureato in Filosofia all'Università del Cairo ed applaudito da tutti, anche per le innumerevoli iniziative umanitarie (dalla costruzione di ospedali per bambini malati di cancro, alle campagne per la donazione di sangue, alla moschea edificata in Ghana), Mohamed è il Valderrama del deserto, il Totti delle piramidi, il Kakà dai rinvii più a minareto che a campanile, il Messi d'Egitto, anche se alzando la maglietta non troverete il marchio di una nota multinazionale californiana, ma una scritta pro-Palestina, forse, dove la gente l'adora ed i ragazzini fanno a gara per portare il suo numero 22 come il 10 a Napoli. Aboutrika, il calciatorie egiziano più forte di sempre, meno noto dei connazionali europei impegnati a tirar forbici a Ibrahimovic o staccare assegni irregolari con relative condanne, è il campione che si espone, che non s'accontenta di apparire negli spot della Pepsi od alle cerimonie di ritiro premi (anche quest'anno è tra i dieci candidati all'African Footballer of the year), è il leader mai banale strappato più volte al ritiro dal calcio giocato con l'unico rimpianto di non aver mai guidato la sua nazionale ad una fase finale di Coppa del Mondo, che all'Egitto manca dal 1990 e che forse avrebbe rimandato di qualche altro mese la volontà di passare più tempo con la moglie ed i tre pargoli, Ahmed, Seif e Roqaya. 

Il prossimo 18 dicembre è in programma a Marrakech l'incontro per il quinto posto della competizione che sostituisce da dieci anni la Coppa Intercontinentale, se la giocheranno Al-Ahly e Monterrey, sconfitto ai supplementari dal sorprendente Raja Casablanca; probabilmente Aboutrika non ci sarà, sempre che sia concesso far previsioni sulla presenza in campo di un Profeta...

 

Alan Bisio

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